Riti ritriti
DRAWING RESTRAINT 9 (USA, 2005, 135’)
di Matthew Barney, con Björk e Matthew Barney, prodotto da Barbara Gladstone e Matthew Barney, musica composta da Björk
Rito e metamorfosi i due elementi principali di Drawing Restraint 9, l’ultima fatica filmica dell’artista statunitense Matthew Barney. In una pellicola di oltre due ore, quasi interamente senza dialoghi, i due protagonisti (Barney stesso e la cantante Bjork, sua compagna anche nella vita) vengono trasportati su una baleniera giapponese. Dopo un lungo e accuratissimo lavaggio-vestizione, dopo la cerimonia del tè, i due promessi sposi procedono in un truculento amplesso-mutilazione, decisiva tappa per la loro finale trasformazione in balene. Come in Cremaster (il precedente ciclo di film che prende il titolo dalla ghiandola che regola l’erezione dei genitali maschili), anche in Drawing Restraint, il rito rappresenta la necessaria propedeutica alla metamorfosi. L’io si dilata, si dissolve, si potenzia: l’umano si animalizza, nel tentativo di cogliere le misteriose leggi di natura. Il mondo viene percepito attraverso il corpo (Matthew Barney è un ex modello e un ex atleta) e la forza erotica che promana da esso. Tutto si compie nella più totale immanenza: tutto si trasforma sempre “in senso orizzontale”, mai “verticale”. Ma quest’archetipica realtà naturale scoperta e rappresentata rischia di andare a parare alla solita estetizzazione della solita innocenza primordiale; il dissolvimento della propria identità ostenta potenza, ma suggerisce sfiducia nella capacità dell’uomo di confrontarsi con quella trascendenza che, volente o nolente, lo plasma nel midollo … e infine poi c’è proprio bisogno di trasformarsi in balene per vivere liberi una storia d’amore?
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