Un mondo senza verde
Ogni volta che diamo voce ai bambini, ai ragazzi succede qualcosa di inaspettato, di straordinario.
Capiamo che cosa abbiamo perduto crescendo e diventando adulti e rimpiangiamo di non avere più quella immediatezza, quella semplicità, quella freschezza per guardarci intorno e descrivere il mondo così com’è.
L’associazione Cose di Roma ha avuto l’idea di mettere alla prova l’estro di giovani scrittori e ha chiesto loro di immaginare un mondo con una componente in meno: il verde. È nato così il concorso narrativo dal titolo “Un mondo senza verde” in cui sono stati coinvolti circa 300 ragazzi di alcune scuole medie romane, fra gli undici ed i tredici anni.
Fra aprile e maggio gli eleborati sono stati preparati, inviati, recepiti e vagliati: qualche giorno fa, il responso.
18 finalisti e 3 vincitori sebbene il materiale fosse tutto interessante, simpatico e originale (è stato un vero piacere partecipare ad una serata con questi ragazzi in qualità di membro della giuria!).
Ma come appare ai ragazzi il mondo senza verde?
Valerio scrive: “C’era una volta uno stregone che sbagliò una formula che doveva trasformare l’acqua in coca-cola (prospettiva affascinante). Qualcosa però andò storto e invece di comparire coca-cola, scomparve il verde”. Valerio ha appena finito di frequentare la I media. Forse farà lo scrittore un giorno. Per ora usa in maniera deliziosa la sua immaginazione. Gli basta un po’ di fantasia, un mago pasticcione in un’area deserta dell’Arabia ed ecco creato un guaio irrimediabile per l’umanità.
Come lui gli altri narratori (Alice, Stella, Alessandro, Carolina, Flaminia, Matteo, Cristiano…) hanno creato per un pubblico che neanche immaginavano tante storie in cui si mescolano stili narrativi, personaggi fantastici, idee brillanti e soluzioni geniali per far fronte ad una calamità quale la perdita di un colore che, all’unanimità, identificano con un simbolo di vita.
Nessuno di loro sa se vivere senza verde, se abitare un mondo senza verde sia possibile, ma i loro racconti, le loro poesie sono il miglior tentativo che io conosca. Un tentativo portato avanti con il solo ausilio di un’indagine fantastica e di armi innocue come carta, penna, PC di casa.
I ragazzi hanno vissuto questo momento, questa immersione nella fantasia come un’avventura e vi si sono abbandonati completamente: grazie a loro, chiudi gli occhi e riesci a vedere “… verdi vivaci, tristi, bottiglia, ramarro, limone acerbo, misteriosi, verdi erba e margherite, verdi chitarra elettrica, verdi smeraldo, verdi pittura, verdi occhio di gatto, verdi mancanza e dolore”.
Ed ecco che, allora, diventa possibile incontrare, nella cittadina araba di Khalin-Mel, lo stregone maldestro alle prese con i suoi bizzarri esperimenti da pietra filosofale; o magari scorgere da lontano la sagoma del signor Verde che è disperatamente innamorato della signorina Rosa e si rinchiude in una stanza buia nel timore di venire respinto; o imbattersi nel Castello succhia verde, luogo incantato che attira a sé tutto il verde della terra; o vedere con i propri occhi la terribile malattia della disclorofilla che va colpendo tutte le piante del mondo privandole del loro colore e anche della loro chioma; o vivere in prima persona l’intricata spy story di Bad Boy, alias Marcello Verdi, “uno scienziato scappato dall’Italia perché nessuno gli dava retta quando diceva di fermare la distruzione del verde dalle nostre città perché in quella maniera anche l’uomo sarebbe scomparso”; o meravigliarsi per la vicenda un po’ imbarazzante dell’arcobaleno che non riesce a stare in cielo perché con soli sei colori non ce la fa a sorreggere tutto il suo peso e cade giù; o chiacchierare con il folletto Edrev (geniale capovolgimento della parola verde), che aiuta una classe a ricolorare il mondo mescolando vernice gialla con vernice blu; o arrivare ad essere addirittura felici per il ritorno nei propri piatti di odiati spinaci, broccoli e cetrioli; seguire con apprensione la partita a scacchi contro lo stregone nero, partita che decide la vittoria di tutti i colori e il trionfo finale del verde che torna a vivificare campi e boschi; per non parlare di immagini tristi di peluche e magliette preferite tutte scolorate, tazze incolori, gelati al pistacchio senza attrattiva, rane nude e bandiere che scontentano molti cittadini…
Immaginare la scomparsa del verde ha significato per i ragazzi dare un senso, un posto, una forma al verde e renderlo, in verità, estremamente tangibile. È stata un’esplosione di idee in cui al verde è stato assegnato un ruolo ben preciso. Alcuni hanno abbinato alla scomparsa del verde il grave pericolo dell’ambiente messo a rischio dall’uomo, altri ne hanno fatto un simbolo, il simbolo dell’amore, lo hanno trasformato nel colore vivificante, da cui germoglia la vita; c’è stato chi ha scritto un racconto senza mai usare la parola verde ma ricorrendo solo ad un suo sinonimo che non è risultato poi così banale, la speranza.
Per molti la storia è iniziata la mattina al momento del risveglio nel proprio letto: qualcosa manca, qualcosa non va, qualcosa è strano, la vita di tutti i giorni ha perso un elemento prezioso che informa di sé la casa, il mondo fuori, la scuola e le strade. Per tanti l’incubo della perdita del verde si è risolto in un brutto sogno, una visione da cui svegliarsi con un senso di fiducia nelle possibilità delle persone e delle cose. L’anelito ambientalista unito a trame saccheggiate dal “Signore degli anelli”, dalle “Cronache di Narnia”, dai videogiochi e dai fumetti TV ha evidenziato una certa attenzione alla natura, termine molto poco usato in questi componimenti, ma presente ovunque. Il verde è risultato amico, un bene da difendere, da tenere accanto, da rispettare e da conoscere.
Tante storie sono state condotte da “io narranti” molto originali, moderni e sicuri di sé, pronti a mettersi alla prova nelle maniere più estreme: viaggi ai confini della terra, combattimenti feroci con creature mostruose, utilizzo di armi sofisticate in dotazione a corpi addestrati di polizie segrete, incontri con personaggi malvagi e pericolosi, coraggiose dichiarazioni d’amore a principesse (compagne di banco?), ricorso ad un linguaggio complesso ricco, vivace, articolato e fluido. Per raccontare che cosa? Che un colore, un simbolo, un ideale non muore mai, ma trionfa.
Eccoli qui i nostri ragazzi. Piccoli paladini della giustizia, difensori del bene e fantasiosi creatori di realtà parallele in cui continuano (per fortuna!) a vincere il bello e il buono. Nonostante tutto.
Nonostante le città siano sempre più povere di verde.
Nonostante loro siano degli scrittori in erba.
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