La città paradossale

Quante città nella mia vita! Quante non città nella mia vita! Non sto menando il can per l’aia, anche perché trovandomi in città di aie non ce ne sono, a meno di considerare aia il luogo dove si starnazza. Sarebbe però una nobilitazione eccessiva per chi il suo tempo lo perde e lo deturpa svilendosi, paragonandolo alle splendide oche che, peraltro, salvarono il Campidoglio. Historia magistra vitae.
Ad onor del vero neppure il cane ho con me.
Ho però una capra proprio perché sono in città, capra dal manto marrone chiaro, caldo, con pennellate nere, capra che mi guida per oscuro percorso, dove mai sfocerà? Gli è che vivo in una città paradossale, dopo essere passata, transitata e aver gettato radici in città del tutto normali (o quasi). Costruzioni antiche e costruzioni moderne, piazze e logge, villette isolate da un bel giardino e serpentoni di case popolari. Tutta la storia dell’uomo e della civiltà che ti interpella e ti chiede: tu sei nato qui, che cosa stai facendo? Dove stai andando?
In città, tirata da una.. capra.

Sono nata qui, ma non sono nata qui.

Perché sono nata dall’utero di pietra da cui tutti siamo usciti. Io ebbi origine in quel feto che cresce in tutte le direzioni partendo dall’ombelico, proprio così Dio ha creato il mondo, partendo da un punto centrale.
Ombelico di chi rivolge a JHWH il cuore.
Io le vado incontro, ma è la città che mi viene incontro.
Vivo in un punto e non sono un nanopod.
Perché è il «misterioso punto d’incontro tra tempo e eternità, punto dello spazio e del tempo dove Dio si è reso presente nella storia» (M. Dubois).
Quella tangenza fra Dio e l’uomo, fra l’eterno e la storia.
Lo ripeto: è la città del paradosso.

L’aia che non c’è e con il cane che neppure c’è.
La capra sì. Mi tiene legata con filo d’oro…

Ti do il capo di un filo d’oro,
tu avvolgilo, fanne un gomitolo.
Ti guiderà.

Dove? Non te lo dico subito!!
Ma quasi.
alla porta del cielo
che s’apre nelle mura di Gerusalemme

Così canta W. Blake.
Questa mia città non è la “madrepatria”, è la sposa, mi dicono i saggi.
La capretta tira il filo, è gioco forza seguirla: sento canti, profumi di cibi invitanti, stoviglie di classe e bicchieri scintillanti, profumo di Shabbat.

Città ti chiamo con i tuoi antichi nomi:

Urushamem, come in terra d’Egitto?
Ur’alem, come a Tell Amarna?
Ursalimmu, se seguo la stele di Sennacherib?
Ir’alem come in Bereshit?
Sto andando ma non sto andando

Perché qui si sale.
Salgo non perché Jerushalaim sia santa ma per santificarla, per amare il prossimo perché è il mio me stesso. Mi trovo nel luogo dell’apertura che dona comunicazione, il passaggio verso l’altro in un gesto di accoglienza.
L’intera città di Gerusalemme è come una porta, la cui chiave è smarrita nel silenzio di Dio. Accendiamo tutte le luci, invochiamo tutti i santi, pur di ritrovare la chiave, ci esorta Heschel.
Ci vivo e non ci vivo perché qui perfino l’aria è nutriente, se lo dice S. Bellow.
L’aria, l’aria stessa, a Gerusalemme è nutriente per le idee. Lo dicono anche i Maestri. Sono disposta a crederlo. So che deve avere speciali proprietà:

Città del paradosso: città bacile d’oro pieno di scorpioni.
Città bellissima e città sofferente, così Il Talmud:

Dieci misure di bellezza scesero nel mondo; nove le prese Gerusalemme e una il mondo intero; non c’è una bellezza come quella di Gerusalemme.
Dieci parti di sofferenze sono nel mondo, nove a Gerusalemme e una in tutto il resto del mondo; dieci parti di eroismo, nove in Giudea e una in tutto il resto del mondo.

Il Santo dei santi del Tempio di Salomone.
Il Santo Sepolcro di Cristo e luogo della sua Resurrezione, della sua Anastasis.
Dopo il viaggio notturno, Muhammad qui, dalla roccia del sacrificio di Abramo iniziò la sua ascensione al cielo.
Tutti i popoli danzando a Gerusalemme insieme al popolo del Signore, canteranno attoniti, con gratitudine e gioia: Am Ysrael Chai. “Viva il popolo di Israele“.
Parola del Santo: «Io non entrerò nella Jerushalaim dell’alto finché non entrerò nella Jerushalaim del basso».
Montale affermava: «Solo un cieco e un sordo potrebbero negare che qui qualcosa è accaduto, qualcosa molto più importante della scoperta dell’America e della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo».
È accaduto in tempi lontani e continua ad accadere, tutto fiorisce e si raccoglie dentro le nude pietre di una tomba, per di più vuota, ma che si chiama Anastasis: il luogo del Risorto.
E noi siamo, per lo più, ciechi e sordi, ma danziamo, nel ricordo di Jerushalaim, nel desiderare la comunione orante con JHWH, perché solo la chi desidera non lascia cadere il ricordo della propria terra, della propria città.
La capra non tira più il filo d’oro, si è accosciata a terra e guarda: ormai ci siamo!
Marc Chagall accompagna ora i suoi due sposi nel volo librato e felice.

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