Fumetti al cinema: non solo popcorn-movies

Ma a voi piacciono i film tratti dai fumetti?
In questi ultimi anni ne sono usciti veramente tanti e si può dire che ormai siano i film che rendono di più al botteghino. Se c’è un film che oggi attira i ragazzi ad andare al cinema è proprio il film tratto dal fumetto.
BatmanLa mia teoria tuttavia è che fumetto e cinema siano due realtà diverse, con una storia e delle tradizioni differenti. Non è assolutamente detto infatti che ciò che funziona per il fumetto si possa anche adattare al linguaggio cinematografico (strategie narrative, personaggi ecc…). C’è bisogno quindi (e questo vale anche per i film tratti dai romanzi) di uno sguardo differente, di un tocco personale che in alcuni casi abbia anche il coraggio di tradire e andare contro il fumetto stesso.

Questa introduzione potrebbe far pensare che io detesti questo nuovo “genere” cinematografico ma in realtà il mio giudizio è un altro. Penso infatti che una parte di questi lavori siano dei buoni prodotti da popcorn movies, forse i migliori popcorn movies di questi ultimi anni (Spider Man, Iron Man e il recente The Avengers), anche se un’altra parte, forse più numerosa, non sempre raggiunge gli stessi livelli (I fantastici quattro, Hulk, i sequel di Spider Man e Iron Man).
Ci sono poi dei film che detesto, probabilmente perchè pretendono di essere qualcosa di più che un buon prodotto d’intrattenimento e sto parlando di film come Watchman, Sin City, Trecento, The Spirit… Il difetto principale di questi film consiste forse proprio nell’essere troppo fedeli al fumetto, nel prendersi troppo sul serio, nella violenza efferata e cinica che pervade ogni immagine della pellicola (Sin City è l’esempio più eclatante) e in una messa in scena caratterizzata spesso da toni cupi e da un virtuosismo che nasconde solamente una grande superficialità.

In opposizione a queste pellicole che hanno fallito dalla prima all’ultima nel tentativo di elevare il genere “fumetto” a qualcosa di più del semplice (ma pur sempre divertente) popcorn movies, c’è la nuova saga epica di Batman, creata dal giovane e talentuoso regista britannico Christopher Nolan. Ammetto subito di avere un rapporto abbastanza controverso con questo regista, dal momento che non riesco ad apprezzare nessun altro suo lavoro all’infuori dei film ispirati all’uomo pipistrello e questo perchè mi piace immaginare che in Nolan esistano due diverse anime: quella del prestigiatore e quella dell’architetto. Quando il Nolan prestigiatore prevale e oscura l’altra metà assistiamo alla realizzazione di prodotti inutilmente virtuosistici, vuoti e in alcuni casi anche noiosi (per certi versi simili a quella serie di film citati in precedenza). Quando invece Nolan, proprio come fa un architetto, mette a servizio della storia e della narrazione le sue incredibili conoscenze tecniche per il raggiungimento di un obiettivo artistico e quindi non solo più estetico e fine a se stesso, ecco allora che il regista britannico rischia di essere uno dei migliori autori di oggi.

Il segreto del suo successo, il motivo per cui è riuscito là dove tutti gli altri hanno fallito si trova quindi nella sua incredibile capacità di creare e raccontare una storia: Nolan è innanzitutto un grande narratore, un narratore assolutamente cinematografico che sa raccontare attraverso il linguaggio delle immagini e del montaggio come pochi registi oggi sanno fare. Una scena complessa come potrebbe essere un inseguimento in macchina, una sparatoria in citta, una lotta corpo a corpo, Nolan riesce a renderla sullo schermo in modo chiaro e semplice (il che in realtà è molto complesso da realizzare).
La sua chiarezza unita alle incredibili doti narrative fanno sì che quando si assiste ad un film di Nolan lo spettatore resti rapito e portato dentro alla storia, guidato dalle abili mani del regista che sa come creare grande spettacolo e catarsi coniugando musica, effetti, immagini e intreccio narrativo.
Così quando Nolan riesce a realizzare il suo cinema migliore, come nel caso del secondo episodio di Batman (The dark knight), ecco che anche noi spettatori riscopriamo il gusto di essere spettatori, di lasciarci stupire, di sedere in una sala buia su una comoda poltroncina ed aspettare che la finestra dei sogni s’illumini ancora una volta.

Il trailer del terzo e ultimo episodio di Batman (uscirà ad agosto)

Leggi i 9 commenti a questo articolo
  1. Paolo Pegoraro ha detto:

    Ciao Maurizio, sul passaggio da un mezzo all’altro (fumetto-cinema) i dubbi sono gli stessi che si presentano con un romanzo (= la sceneggiatura). Solo nel caso di opere tratte da Frank Miller (Sin City, 300) si è cercato di “ricreare” lo stile di disegno con la pellicola.

    Quindi la cosa migliore sarebbe sapere cosa ne pensa un autore di fumetti appassionato di supereroi. Detto fatto. Ecco la recensione “grafica” di Leo Ortolani a “The Avengers”:
    http://www.rat-man.com/site/IT/IT/news.ashx?IdCont=353

    Una recensione molto, MOLTO più articolata (e avveduta: due parole sulle majors) l’ha data nel suo forum personale, affrontando tutta la filata dei film usciti finora:
    http://www.rat-man.org/forum/viewtopic.php?p=33326#p33326

    L’unica cosa su cui non sono d’accordo con te è la pretesa di alcune pellicole di “prendersi troppo sul serio”. Perché, il Batman di Nolan si prende poco sul serio? Solo perché son comics non dovrebbero essere seri? Ma qua si va al largo…

  2. Pietro ha detto:

    Ho letto che il cinema è la decima musa! Mi accontento di poco… E i fumetti sono relegati nell’infanzia grazie al cielo molto lontana! Credo che l’intelligenza vada usata per cose più “umane”
    e necessarie allo sviluppo integrale della persona.
    Ho la sensazione che ci sia molto spreco. E si perde il Sì Sì, No No!!! Ma forse è giusto che i talenti uno li usi come meglio crede… Io ho bisogno del Cibo dei “forti”… Debbo crescere nella ricerca del Bene comune:” Della realtà mutevole e diversificata bisogna imparare a cogliere attimo per attimo la Sintesi”… Grazie
    per l’attenzione ai ” popcorn”!!!

  3. Maurizio Rampa ha detto:

    Grazie Paolo per tutte le osservazioni. Hai ragione a non essere d’accordo con me, rileggendo bene il testo mi sono reso conto anch’io dell’imprecisione e della superficialità di quella frase (“film che si prendono troppo sul serio”). In più hai colto perfettamente il punto di partenza, il problema che secondo me sta alla base di tanti insuccessi cinematografici e tante delusioni da parte del pubblico e da cui nasce anche la mia riflessione: come si può tradurre il fumetto al cinema?

    Nel mio scritto cercavo semplicemente di tacciare tre diversi approcci che mi sembrava di aver riconosciuto guardando alcuni di questi film:

    – l’approccio più commerciale dei popcorn movies che se da un lato può far dispiacere a molti fan del fumetto, riesce a mio avviso nella logica di realizzare un prodotto esclusivamente cinematografico, per quanto poi possa risultare debole sotto molti altri aspetti (e questo a causa della natura molto commerciale del progetto)

    – l’approccio stilistico di chi cerca di rimanere il più fedele possibile al fumetto ma che appunto rischia, pretendendo di elevare il fumetto a genere cinematografico, di realizzare solamente un appariscente gioco di stile, una sterile messa in scena delle “graphic novel” di Miller.
    Sidney Lumet ricorda a questo proposito che in un film lo stile è qualcosa di secondario e che può anche non esserci. Le pubblicità sono basate sullo stile, nei film si tratta di fare altro.

    – l’approccio più personale che a mio avviso ha raggiunto con un certo livello solamente il Batman di Nolan.

  4. Paolo Pegoraro ha detto:

    @ Maurizio: sì sì, mi sono “acceso” di colpo perché son temi con cui si ragiona insieme da un po’ con alcuni amici di BC e si pensava pure a un evento per approfondirli. Ma quando dici “nei fim si tratta di fare altro” intendi la priorità della sceneggiatura? La regia, in fondo, non è proprio una… questione di stile? : )

    @ Pietro: caro Pietro, mi guardo bene dal dire che tutto il cinema e tutto il fumetto sono arte, così come non lo sono tutte le tele imbrattate o tutte le tonnellate di romanzi editati. E mi guardo ancora più dal negare a priori che cinema e fumetto possano produrre grande arte. Tanto per non fare come quegli sdegnosi critici che negarono a Dante ogni statuto artistico perché non scriveva in latino né era una tragedia, e oltretutto piaceva tanto al volgo.

    G.K. Chesterton ha correttamente notato che la Grande Arte riesce a essere al tempo stesso pure molto popolare: Dante veniva recitato a memoria anche da un fabbro analfabeta, Shakespeare apprezzato dalla Regina e dal popolino. Oggi quali forme di comunicazione estetica sono davvero globalmente popolari? Musica, cinema, fumetto. Bombacarta è «esercizio e riflessione sull’esperienza artistica», quindi non possiamo esimerci dal riflettere su di essi. Non è mai questione di “arti maggiori e minori”, stabilite a priori, perché si possono leggere vanamente i Grandi e saggiamente i piccoli. L’intelligenza è sempre intima penetrazione della forma.

  5. Valerio De Felice ha detto:

    @ maurizio: grazie per l’attenta analisi del rapporto tra cinema e fumetto. condivido molte delle opinioni che emrgono dal tuo articolo, anche se mi trovo in disaccordo su due punti.

    watchman mi sembra tutto fuorché superficiale. basti pensare, in via meramente esemplificativa, a come le dinamiche quotidiane/umane si mischino con le dinamiche straordinarie/superumane (all’epoca in cui alan moore scrisse il fumetto fu una vera novità, poi ampiamente ripresa dalla marvel) o al dilemma circa il male minore che caratterizza il finale del film.

    secondo me un film può anche essere solo un esercizio di stile, laddove sia proprio la forma che, nel gioco dei rimandi evocativi, diventi a tutti gli effetti sostanza.

    @ pietro: che alcuni fumetti siano arte mi sembra un fatto talmente evidente che non vale la pena di discuterne. più proficuo, forse, sarebbe leggerli.

    inoltre, lavorando spesso con i bambini sono continuamente stupito di come nell’infanzia ci sia, talvolta, molta più saggezza che nell’età più adulta. per quel che mi riguarda, spero di conservare dentro di me la capacità, tutta fanciullesca, di poter sempre sorprendermi e scoprire, dietro alle desolanti montagne dei miei preconcetti, valli inesplorate e meravigliose.

  6. Maurizio Rampa ha detto:

    @Paolo: sollevi una questione interessantissima quando dici che la regia, in fondo, è una questione di stile. Ci ho un po’ riflettuto in questi giorni e penso che tu abbia ragione.
    Il mio parere però è che si debba anche distinguere tra due forme di stile diverse:
    -uno stile che mira esclusivamente all’estetica (ed è questa forma che a mio avviso critica molto Sidney Lumet)
    -uno stile più ragionato, che riesce a dare una maggiore profondità all’immagine mettendosi a servizio non solo dell’estetica ma anche del racconto.
    In questo senso mi sembra si possa dire che la regia sia una questione di stile.

    @Valerio: watchman continua a non convincermi (proverò a rivederlo) ma penso di aver capito cosa intendi nel secondo punto e sono d’accordo.
    Ciò che non mi convince di certi film forse è proprio il fatto che la forma non si concretizzi in sostanza e questo probabilmente accade perchè in alcuni film si preferisce utilizzare un linguaggio troppo legato al fumetto e poco cinematografico.
    Questo non lo dico perchè credo che nel fumetto non esista la sostanza, ma perchè il fumetto e il cinema, per quanto possano apparire simili, sono due arti diverse che parlano lingue diverse (e da qui la necessità di una traduzione).

  7. Paolo Pegoraro ha detto:

    beh, lo stile non è mai esercizio di stile! ; )
    hai centrato la differenza: «mettersi a servizio»

  8. Marcella ha detto:

    Watchman, Sin City, Trecento, The Spirit… (tutti tratti dai fumetti di Frank Miller)non si può leggere!
    The Spirt è di Will Eisner, Watchmen di Alan Moore and Ian Gibson
    corregete, vi prego

  9. Elvis Pavan ha detto:

    I film tratti dai fumetti sono inevitabilmente portati al fallimento; preferisco quelli che accettano di percorrere con diabolico entusiasmo la strada della loro dissoluzione, accentuando i propri tratti ridicoli e farseschi come avviene nelle pellicole dell’ “Uomo Ragno” degli Anni ’80 o certe produzioni italiane ruspanti degli anni ’60.

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