Warner/DC e Disney/Marvel hanno fatto lo stesso film (ovvero: i cattivi/cattivi non sono più di moda).
Antefatto. 18 marzo 2015. Sono in macchina con mio figlio (4 anni). L’autoradio dà la notizia della bomba al Museo di Tunisi. Lui sa che domenica voglio portarlo da Explora, il museo dei bambini.
– Papà, io non voglio andarci al museo tutto rotto dove esplodono le bombe
– E neppure io. Ma il nostro non sarà così…
– Però volevo vederla l’esplosione. Da lontano.
– Ormai c’è stata, è tardi.
– Allora voglio vedere il buco. Il buco grandissimo.
– No, è in un posto lontano.
Silenzio. Posso sentire gli ingranaggi del cervello di Matteo che macinano l’idea della bomba.
– Papà, ma perché dei signori hanno messo una bomba?
– Perché dei cattivi volevano fare tanta bua alle persone che visitavano il museo.
– E perché i cattivi volevano fare tanta bua.
– Perché sono cattivi. Come la regina Himika, l’imperatore delle tenebre e il dottor Inferno.
– E perché sono cattivi?
– Perché sì.
– No! E no!
Matteo non concepisce la cattiveria assoluta fuori di cartoni animati. Fine antefatto.
In queste settimane i due colossi cine-fumettistici mondiali – Warner/DC e Disney/Marvel – porteranno nelle sale cinematografiche, rispettivamente, Batman v Superman: Dawn of Justice (diretto da Zack Snyder, liberamente tratto da Batman: Il cavaliere oscuro colpisce ancora, fumetto di Frank Miller ) e Capitan America: Civil War (diretto da Anthony e Joe Russo, adattamento del crossover a fumetti Civil War di Mark Millar).
I due film hanno, fondamentalmente, lo stesso identico plot. In poche parole: i principali eroi dei rispettivi universi, uno contro l’altro. Batman contro Superman. Capitan America contro Iron Man. Molto simile è anche il diverbio che scatena la contesa: un modo diverso di intendere la responsabilità implicita nel possesso di super-poteri.
Dopo lo scontro titanico tra Superman e il generale Zod, Metropolis è stata rasa al suolo. Per Bruce Wayne, l’esistenza di un essere con i poteri di Superman rappresenta un pericolo per la società, pericolo che va controllato e inquadrato all’interno di un sistema di governo democraticamente eletto.
Per Iron Man, idem. Il gruppo di supereroi di cui lui e Capitan America, fanno parte – gli Avengers – è coinvolto in un incidente che provoca gravi danni collaterali e spinge la politica americana a chiedere la creazione di un organo di governo a cui ricondurre gli esseri dotati di super poteri. Iron man sposa l’iniziativa, Capitan America vi si oppone.
Invece di reiterare il concetto di una Hollywood a corto di idee e impegnata a grattare il fondo di tutti i barili possibili, voglio dare alla coincidenza una lettera positiva. Le due major si stanno liberando dell’ingombro che l’olocausto ha lasciato nel nostro immaginario e hanno, finalmente, compreso quello che mio figlio Matteo ha già chiaro e che l’Iliade aveva dimostrato 3000 anni fa: i cattivi puri non esistono. (E, se esistono, sono poco interessanti.)
Esistono uomini diversi, diversamente piegati dalla necessità e costretti su fronti avversi, senza che alcuno possa esibire patenti di superiorità morale. La diversità di costrizioni che pesano su ciascuno può dare, talvolta, l’illusione che vi siano specie di maggior o minore nobiltà. Ma di illusione si tratta. Dentro ogni uomo , e dentro ogni personaggio cha abbia l’ambizione di “prender vita”, il bene e il male sono presenti e mescolati in un intrico indissolubile, ed è proprio questa ambiguità che ci rendi vivi e interessanti, perché capaci di involuzioni, evoluzioni, sterzate, stupore, mutamenti. Come scrive A. Solzenicyn, reduce dei gulag, nel suo Arcipelago Gulag, “la linea che separa il bene dal male attraversa il cuore di ognuno”.
Non a caso, i recenti tentativi da parte della Warner/DC e della Disney/Marvel di creare cattivi convincenti, sono falliti: Ultron, l’Idra, i Chitauri, il generale Zod, gli elfi oscuri, Bone, sono tutti personaggi privi di una propria dinamica emotiva/motivazionale, messi in scena solo perché funzionali a delle belle scazzottate contro i buoni. Le uniche eccezioni (il Joker, interpretato da Heath Andrew Ledger del secondo film del ciclo di Batman diretto da Christopher Nolan, e Loki, interpretato da Thomas William Hiddleston nel primo film degli Avengers) seguono la derivata seconda della follia, che non è adesione al male, ma una mancanza di adattamento che il soggetto esibisce nei confronti della società in cui si trova.
Ciao Mau, a me viene sempre in mente quel verso grandioso di Milosz:
«L’utilità della poesia sta nel ricordarci
quanto sia difficile restare la stessa persona,
perché la nostra casa è aperta, la porta senza chiave,
e ospiti invisibili entrano ed escono»
E questo vale per i “cattivi” non meno che per i “buoni”. In fondo la più grande saga cinematografica di sempre ruota tutto intorno al fatto che il cuore del cattivo non sia poi così monolitico e nero, che forse persino nel lato oscuro si può infiltrare un raggio d’ombra. Star Wars è Dart Fener.