Libertà!
“La colomba leggera, che nel suo libero volo fendendo l’aria la sente resistere, potrebbe pensare che volerebbe ancora meglio nello spazio vuoto.”

Nello scorso editoriale si è parlato d’aria e di come la sua assenza o abbondanza possano cambiare la direzione delle barche e non solo. Nella frase iniziale estratta da “Critica della ragion pura”, Kant afferma che proprio quello che potrebbe ostacolare il volo della colomba, il vento, in realtà ne è il supporto, la guida, la spinta.
Allo stesso modo ci sono nel mondo, fisico e morale, dei vincoli e delle leggi che potrebbero mostrarsi come degli impedimenti ma che si rivelano una solida base della realtà.
In questo percorso di ricerca dell’invisibile non poteva mancare una delle cose su cui tutti – filosofi, fisici, matematici, medici, politici, marinai, registi, poeti, scrittori – hanno ragionato e inseguito: la libertà.
La mia libertà finisce dove inizia la tua
Questa frase lascia già trapelare quanto il limite tra visibile ed invisibile della libertà sia labile. Essa, infatti, è confinata all’interno di uno spazio preciso definito non solo dall’individuo ma soprattutto dagli altri che lo circondano.
Quanto è libertà se dipende da qualcosa esterno a noi stessi?
Il primo concetto legato alla libertà è quello del movimento. Già dal principio leggiamo “il volo libero”.
Nella meccanica classica il numero dei gradi di libertà di un oggetto – punto materiale o corpo rigido – è il numero di variabili indipendenti che servono a descriverne la sua posizione. Immaginate battaglia navale: per mirare ad un punto si dichiarano due coordinate; quindi, un punto libero di muoversi nello spazio ha due gradi di libertà. Se invece dovessimo indicare un punto nello spazio dovremmo dare tre coordinate, quindi un punto nello spazio ha tre gradi di libertà. Le coordinate servono sia per l’individuazione della posizione, ma allo stesso tempo sono un limite oltre il quale non si può andare.
La fisica ragiona per modelli e un corpo umano nello spazio ha molti più gradi di libertà, ma non ne ha infiniti. Un’altra variabile che limita il movimento dell’uomo, ma allo stesso tempo lo garantisce, è la gravità. La forza di gravità sulla Luna è un sesto di quella sulla Terra. Per questo agli astronauti basta fare un piccolo salto e librarsi nell’aria per diversi secondi. Al contrario, su Giove faticheremmo a camminare visto che la gravità è quasi tre volte maggiore di quella sulla Terra.
Sono dunque le leggi naturali che vincolandoci ci permettono la libertà di movimento di cui disponiamo.
Cosa accade però se il corpo a causa di una malattia o di un incidente, non può più esercitare la sua libertà di movimento e, anzi, ne diventa un impedimento?
“Sei Daria. Sei D’aria. L’apostrofo ti trasforma in sostanza lieve e impalpabile. Nel tuo nome un destino che non ti fa creatura terrena, perché mai hai conosciuto la forza di gravità che ti chiama alla terra. Gravità, che ogni nato conosce non appena viene al mondo. Gravità che il danzatore trasforma in arte quando dalla terra spicca il volo e quando alla terra torna, per cadere e di nuovo rialzarsi. Tu non sai lo splendore quotidiano dello stare in piedi, la “piccola danza” che muove ognuno nell’apparente immobilità del corpo verticale. Né immagini il mistero del peso che si trasferisce da una gamba all’altra e origina il passo.”
Nell’incipit di “Come d’aria”, Ada D’Adamo racconta la disabilità della figlia il cui corpo non è libero di muoversi e anche il più piccolo passo non le è consentito. I genitori si trovano così a dover imparare a conoscere un nuovo corpo, a saperlo toccare, muovere e insieme loro stessi devono instaurare un nuovo equilibrio, costantemente precario, per sapersi spostare all’interno di quello spazio in cui le leggi della fisica seguono dinamiche e traiettorie diverse. La libertà di un corpo passa attraverso i gesti degli altri che lo guidano togliendolo dall’immobilità.
Proprio l’immobilità ha acceso il lavoro di un’artista diventata un’icona di libertà.

“A sei anni ebbi la poliomielite. A partire da allora ricordo tutto molto chiaramente. Passai nove mesi a letto. Tutto cominciò con un dolore terribile alla gamba destra, dalla coscia in giù. Mi lavavano la gamba in una bacinella con acqua di noce e panni caldi. La gamba rimase molto magra.”
Frida Kahlo passò molto tempo a letto, prima da bambina quando fu affetta da poliomielite, e poi dopo l’incidente. Fu in quei periodi di convalescenza che iniziò a dipingere per cercare di alleviare il dolore fisico e affrontare i cambiamenti che stava subendo il suo corpo. La pittura diventò il suo modo di esplorare, di conoscere sé stessa, di affrontare il mondo. La sua libertà viene affidata all’arte in grado di eludere ogni dimensione, stravolgere i confini e attraversare i limiti che la natura può imporci. Ne “La Columna Rota” – “la colonna spezzata”- esprime sia la sofferenza fisica ma anche psicologica che sta subendo poiché vive uno stato di solitudine ed isolamento.
I suoi autoritratti, che raccontano il suo vissuto personale, si fondono ben presto con la politica, i temi della società, e le sue opere acquistano un forte potere artistico e simbolico. Diventa una figura cardine per il movimento femminista e dei diritti delle donne grazie ai temi delle sue opere in grado di abbattere barriere culturali e sociali.
La libertà non si ferma quindi ad un solo corpo ma si estende nelle battaglie di intere collettività che rivendicano voce, diritti e dignità.
“La donna nasce libera e ha uguali diritti dell’uomo” scrive Olympe De Gouges nel testo giuridico “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” nel 1791. Rappresenta un’imitazione critica della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 con diritti validi solo per gli uomini. De Gouges vuole rivendicare il diritto di voto, l’uguaglianza giuridica e legale delle donne rispetto agli uomini.
“Articolo 4: La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto ciò che appartiene ad altri; così l’unico limite all’esercizio dei diritti naturali della donna, la perpetua tirannia dell’uomo cioè, va riformato dalle leggi della natura e della ragione.”
Chi si trova in una posizione di potere o di maggioranza spesso dimentica che la libertà deve essere uno spazio da condividere anche con le minoranze, non sovrapporla o annientarla. Ancora una volta quindi si rendono necessarie leggi, morali e giuridiche, che delimitino uno spazio sicuro affinché tutti possano godere della loro libertà legittima. Non basta però solo scriverle: occorre anche il coraggio di farle vivere e rispettare.
Nel momento in cui si parla di leggi si richiama anche il concetto di controllo e con esso quello di autorità.
Ad innescare negli anni Settanta il movimento di liberazione omosessuale furono i moti di Stonewall del 1969 quando nello Stonewall Inn, un bar gay non autorizzato a Manhattan, fece irruzione la polizia che si scontrò con i frequentatori del locale per diversi giorni. Fu un momento di svolta: per la prima volta, la comunità omosessuale si oppose apertamente alle discriminazioni e rivendicò con forza il proprio diritto a esistere e a vivere liberamente la propria identità sessuale.

In memoria dei moti di Stonewall, nel 1989 Keith Haring, da sempre attivista gay oltre che artista, disegna un logo per l’Heritage of Pride, organizzazione no profit che si occupa del pride di New York.
“Non penso che l’arte sia propaganda; dovrebbe invece essere qualcosa che libera l’anima, favorisce l’immaginazione ed incoraggia la gente ad andare avanti”.
La libertà, dunque, trova sempre il suo modo di manifestarsi, di sottrarsi da catene, visibili o invisibili, e di creare nuovi sentieri sui quali potersi salvare e rifugiare. Essa non è risultato dell’assenza di limiti, ma anzi nasce dalla relazione viva con essi, che sia fisica o morale.
Al tempo stesso potrebbe essere illusoria, nascosta sotto una ragnatela sottile di inganni ed apparenze dalle quali non è facile divincolarsi. Nella Storia molte sono state le rivolte e le lotte per garantire le libertà, ma nel mondo se ne viene ancora privati.
Per concludere, una poesia di Emily Dickinson che lascia una nota di speranza nella ricerca della propria libertà, ovunque essa sia:
“Mai Prigioniero sarai –
Ove la Libertà –
Abiti – in Te.”