Perchè la pelle diventa blu e l’uso del ketchup (sull’editoriale)
Sai Antonio? Il tuo editoriale fa venire i brividi. Ancora ora. Dopo un paio di giorni.
Però… però: senti che scrivi. Scrivi che il grigio è grigio e il rosa è rosa, e ok, come no?, e che “la mano rosa, per prendere quella cosa grigia, deve adeguarsi alla sua forma”. Non c’è che dire. Ma la mano si “adegua” non è che si fonde, che si confonde. Si conforma, sì, prende la forma che gli serve (è fatta apposta! come nelle scimmie) per agguantare quella cosa, la caffettiera. La mano si adatta, certo, ma non puoi dire che perda la sua forma… se mai la modifica, momentaneamente, secondo necessità, per un po’, quel tanto. Insomma, non ho capito perchè per difendere i colori attacchi la forma.
E poi dici: “Persino due corpi nudi che si avvicinano restano di un rosa o di un nero o di un altro colore diverso”. Sei sicuro? Per esempio: anche negli animali funziona così? Quelli che diventano verdi perchè stanno su una foglia verde, o beige perchè sono sulla sabbia o marroni nel fango… non è la stessa cosa della forma della mano, non si confondono anche loro nel colore?
“E, se non basta il colore, la differenza è data anche dall’ombra dell’uno sull’altro che produce contrasto.”, dici. Nell’esempio che hai fatto, quello dei corpi, mi sa che non è vero. Non ci sono ombre, non ci sono contrasti. O se ci sono, chi li sta a guardare? “Le forme si adeguano, i colori no.” Mi sa che forse in natura (tutta, non solo umana dell’uomo) non è così. Ma non ne so proprio niente, a scienze avevo appena la sufficienza. Però, da buona vietcong, provo un’innata tenerezza per i camaleonti. I colori si adeguano, eccome, magari per difesa, paura, ma si adeguano.
“I colori squillano e proclamano al mondo la loro individualità, la loro intangibilità.”. Uao, immagine evidentissima. Ma una volta, tamto tempo fa, ho conosciuto un ragazzo che si chiamava francisco, che mi sa che era francisc-ao, brasiliano di padre e giappo di madre (o il contrario) e tutta l’individualità di quei genitori è andata a farsi fottere in quel ragazzino meraviglioso che avevo sotto gli occhi io, di un colore squillante ma tutto suo, piuttosto indecifrabile, frutto dell’uno e dell’altro, ti dirò – palesemente frutto del’uno e dell’altro, anomalo, indefinibile, unico. Ma, comunque, un mix. E’ come se i colori dei genitori abbiano abbassato le difese…
Però ti capisco. I Boondocks li stai leggendo o no? Quello che dici e’ come quello che pensa huey freeman, che non sopporta jasmine perchè è mulatta e vive e pensa da mulatta (ossia, contraddittoriamente), mentre lui è un nero che non sopporta i programmi tv per neri e neanche quelli per bianchi. In pratica è mulatto dentro ma non lo sa! (mia soggettiva ed estemporanea interpretazione).
“Se plasmo l’argilla rossa con le mie mani rosa, essa si modella secondo il volere delle mie mani ma non stinge, non si schiarisce.” Hai mai provato a impastare una torta? Le mani ti diventano bianche, e blu se scrivi con una biro vecchia, e verdi se tocchi l’erba, e gialle se fumi (bleah… ma anche se tocchi certe margherite), rosse se mangi un hamburgher col ketchup o se ti sporchi di sangue e di mille colori se giochi col Pongo.
Che magari loro (farina, biro, pongo, ketchup, margherita) non si schiariscano, ok, è fico, ma tu ti tingi eccomi. Ti sporchi, ti sporcano.
Pure pilato poi s’è dovuto lavare le mani, dopo! Non era solo simbolico il fatto, no?
E poi: Ti sei mai fatto un livido? Perchè la pelle diventa blu?
Però poi, tutto il resto che hai scritto, fino allo splash di happiness… lì m’hai fatto venire la pelle d’oca. E non importa se le premesse non mi convincevano tanto, perchè quando vai al sodo ci vai… ci vai. Al sodo.
Uhm… Antonio, rassicurami… non si tratta di criptoapologia antirelativismo, vero? Odio il melting blob, ma mi spaventa pure chi tiene separate tutte le pietanze nel piatto. La continuità tra un colore e l’altro, ovvero l’arcobaleno… la rifrazione dell’unica luce bianca… bianca sfumatura infinita…
Un grande grazie te lo dico subito, carissima Michela, perché mi hai fatto capire come si legge, con attenzione che è rispetto per l’altro, e mettendo in gioco tutto quello che si ha e si è, ricordi, conoscenze, riflessioni, convinzioni …
Un grandissiomo grazie te lo dico subito, quindi, indipendentemente dal fatto che condivida tutto, o solo in parte, il tuo intervento sull’editoriale di Antonio.
Ti dico grazie e mi vado a rileggere l’Editoriale.
Ciao.
Tita