Fare letteratura o costruire spilli per mosche

Se un romanziere annuncia di volerci «invadere». Cari scrittori d’oggi diteci cose autentiche
di Marina Corradi

Kabakov, mosche«Molta scrittura sembra fare tarantelle intorno alle questioni centrali del nostro vivere. Non mi interessa far evadere il lettore. Mi interessa invaderlo. E mi interessa una letteratura più simile al morso della vipera che ad un acquarello di fantasie». Roberto Saviano, diventato famoso con Gomorra, romanzo e insieme cronaca sulla camorra a Napoli, l’altra sera a Milano in un convegno letterario ha pronunciato un intervento che – in bocca a un ventinovenne il cui libro è un caso letterario – colpisce. E pare quasi un abbozzo di “manifesto”, una ventata d’aria nuova nella stanchezza di molta letteratura italiana contemporanea. Da lettori, ci è capitato spesso di entrare affamati in una libreria. Ma quante volte, leggendo un libro appena uscito e magari magnificato dalla critica, abbiamo chiuso l’ultima pagina con le malinconica sensazione di avere consumato una prosa piacevole, senza che, quanto a sostanza, nulla ci fosse rimasto addosso di importante. Tempo perso, in una elegante evasione. E che voglia di rifugiarsi nei classici, o nella letteratura della prima metà del Novecento – come avvertendo in quei romanzi “vecchi” una densità, uno spessore di autenticità che pare, certo con delle eccezioni, essersi perduto negli autori di oggi. Perciò le parole di questo scrittore quasi ragazzo ci hanno toccato.

Saviano dice di volere libri che «portano il lettore nel loro stesso territorio, permettono di essere carne nella carne», e «mettono sotto pelle al lettore che ciò che sta leggendo lo riguarda». Una scrittura come sotto la pressione di «un’emergenza», spinta dall’urgenza di dire agli altri ciò che hai visto, e incontrato. E cita come esempio assoluto di questa scrittura il Se questo è un uomo di Primo Levi. Che è proprio uno di quei libri dolorosi e taglienti che viene voglia di tornare a leggere, con riconoscenza e nostalgia, nella garbata inconsistenza dei romanzi freschi di stampa.

Ci siamo chiesti anche, in questa insoddisfazione di lettori, se la colpa di tante pagine vuote non è della storia. Se non è ovvio che gli anni di Auschwitz e della guerra abbiano generato pagine di parole potenti; mentre nella quiete di un Occidente benestante e impigrito anche gli scrittori si perdono in pagine superflue, o, per dirla come Saviano «in una letteratura come palestra per onanisti con poco talento per la vita». Eppure anche senza tragedie collettive la vita quotidiana conserva la sua intima drammaticità. La solitudine, il dolore, la domanda di senso sono sempre la parte non detta, ma essenziale di noi. Ha ragione il giovane scrittore napoletano: molta scrittura “fa tarantelle” intorno alle questioni centrali del nostro vivere. Pagine finemente costruite – per dire del niente. “Acquerelli“, quando un libro vero dovrebbe mordere, e inseguirti con le sue domande. Diteci cose autentiche, vorremmo dire a chi scrive. Può essere la camorra, o l’ebbrezza di un sabato sera, o un insegnante solo davanti alle facce di ragazzi cui non riesce a parlare. Da qualunque mondo, diteci cose vere. Se sono vere, ci riguardano. Che bello, che uno scrittore annunci di volerci “invadere“. Che diventi un manifesto, una parola d’ordine. Di “evadere”, non abbiamo bisogno: basta accendere la televisione, o coltivare la propria distrazione. Speriamo in un nuovo avvento di libri invasori.

(da Avvenire, sabato 5 maggio 2007)

È possibile leggere una parte dell’intervento di Saviano qui.

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  1. caino ha detto:

    sarebbe anche il momento, no?
    anche se come dissi a qualcuno, l’intero discorso di Saviano è un po’ tarantella, un po’ poco invasivo.
    fantastica la frase “costruire spilli per inculare le mosche”, solo che non è sua.

  2. ATTILA ha detto:

    Mi presento. Sono “Attila Re degli Unici”, è da tempo che vi frequento, amo la letteratura e in queste pagine mi trovo bene. Sono felice di conoscere tanta gente del passato ed adoro il colore e “sono rimasto intrappolato”.
    Di mosche e cicale parlarono anche altri 2 miei amici (Nietzsche e Oriana Fallaci), è vero, la vera letteratura fa rumore. Io probabilmente sono invadente, ma ho tante cose da dire..ed ho scelto voi. Mi siete simpatici e siete “più evoluti” sia tecnologicamente che contenutisticamente rispetto ad altri. Ho da poco concorso per le campagne elettorali, solo tutto mi sembra un circolo chiuso, persino per scrivere una tesi è necessario inserire note ed “essere così scientifici”. Sono diventati tutti scientifici, il mondo è governato dalla “Scienza”, però io protesto a gran Voce con tutti gli UNICI, perchè io non conosco la SCIENZA ma conosco l’ ANIMA. La società ha bisogno più dell’ anima che della scienza. Viviamo in un mondo che sta diventando arido, scambismo continuo nei rapporti, droga, egoismo, e mancanza di socializzazione..
    tutto questo genera egoismo ma soprattutto incomprensione.
    Dobbiamo essere: riservati, eleganti, colti, umili e poi questo ci rende infelici. Io credo nella spontaneità, nello stile sportivo, nella cultura che arricchisce sul serio, nell’arcobaleno e nei rapporti personali. Ho ascoltato gli editoriali più che leggerli (così mi piace).
    Resto con voi anche se mi hanno fatto di nuovo male (non posso più scrivere poesie incolonnate, posso solo scrivere a serpentone, colpa di Domenico!). Ma non stavamo su Bombacarta, il paese libero dove si esprimeva la propria essenza? E io che ci posso fare se sono nato incolonnato! Io mi sento un pò mutilato, però gioco fuori casa (come sempre) e ci sto pure alle regole. Ma fatemi lamentare, perchè io ci credevo che stavo in un paese libero dove la carta volava incontro alla scrittura e come all’università ero privato di ogni “forma di razzismo”. Che colpa ne ho se sono avvelenato, io ci credo in questo fato. E lo so che voi siete scientifici e che odiate l’oroscopo (per esempio).. e io so anche che non è realista. Però è divertente, io coloro e creo dimensioni, che non prendo troppo sul serio. Io credo nella scrittura e credo nelle arti, io sono Attila, ma prima ero buono :)
    M.

  3. ATTILA ha detto:

    Ma se in fin dei conti il Pensiero Scientifico non è che una regola universale con cui nuovi pensatori entrano dialetticamente in gioco creando nuovi Teoremi e il genio orchestra sempre nuovi macroproblemi. Io mi chiedo, perchè devo scrivere per forza a serpentone. E perchè Domenico non si è neanche accorto che le mie poesie erano inerenti al contributo. Forse Domenico non le aveva lette (forse le aveva solo viste e si è disturbato per la diversità). Ma che ci posso fare se sono Nero? Io chiedo libertà. Giustizia. Ridatemi il progetto iniziale di Bombacarta, prima che diventasse una casta! Io sono Nero, però la sera sul mio letto prego. E che c’entra? C’entra, invece. Io rivoglio l’utopia, rivoglio l’Anima. Perchè la Nasa utilizzò la “visione” fantastica di Disney per risolvere taluni macroproblemi? Io voglio una porta aperta, io voglio tutta la Fantasia del mondo. Io voglio il ritorno alla natura, voglio la “percezione”. Io protesto con tutti gli UNICI. E sono NERO (altro che CALIMERO).M.

  4. saverio simonelli ha detto:

    io sapevo che quella sorte non toccava alle mosche ma ai passerotti. ma l’espressione la usavo facendomi la doccia dopo il calcetto non riferendomi alla scrittura. Sembrerò demodèe, ma trovo il titolo assolutamente fuori posto in un blog come il nostro.

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