L’itinerario di Dave Matthews verso Dio

“Che cosa avviene quando sorge la fede?”. Lo scriveva il filosofo Romano Guardini nel suo saggio “La vita della fede” (Ed. Morcelliana, p. 11). L’autore, tra i più grandi pensatori europei del ventesimo secolo, s’interroga sulle originali manifestazioni di Dio ad ogni persona e le conseguenze spirituali che tale epifania provoca negli uomini. Secondo Guardini “un al di là” invade la vita di un uomo, che non conosce niente di Dio, compresso tra il desiderio di soddisfare le sue esigenze e realizzarsi nell’incontro con gli altri. Ad un certo punto, qualcosa o “Qualcuno” spezza la routine esistenziale, fatta di solitudine e di precarietà oltre che di corrispondenze. Non basta una famiglia, una compagna, una carta di credito, l’affermazione professionale e dei figli. Il suo mondo non è più limitato perché c’è qualcosa di sacro, di non conosciuto, che lo attrae misteriosamente. Cerca delle risposte ai tanti “perché”; “per qual fine vivo?”. Inizia una ricerca a partire da ciò che gli è più vicino; il mondo, “per cercare di cogliere quanto sta lontano ed è difficilmente accessibile”. La riflessione del teologo tedesco spiega il dinanismo religioso e le brusche fermate sulla via di Damasco di un artista tormentato e ispirato: Dave Matthews.
A Charlottesville, nello stato della Virginia, Dave Jon Matthews mette su una band e crea un sound che mescola il rock al folk, al funk e al jazz. Conquisterà in breve tempo gli Stati Uniti ed ora il Vecchio Continente, Italia compresa. Stefan Lessard al basso, Boyd Tinsley al violino e Carter Beauford alla batteria, stanno a Dave come la E Street Band a Bruce Springsteen. Le sessioni live della Dave Matthews Band sono tra le migliori cui si possa assistere, esse strutturano il DNA musicale della band. Il palco è il loro habitat naturale. Lo testimonia l’album d’esordio autoprodotto da DM, inciso quasi interamente dal vivo. Seguiranno altri ventidue albums live, contro gli otto realizzati in studio.
E’ il 1993, primo album “Remember Two Things”. Il set delle canzoni si chiude con “Christmas Song”, brano che rievoca i vangeli dell’infanzia del santo bambinello, eseguito in versione acustica con il fido compagno e tournista Tim Reynolds. (Il doppio cd acustico eseguito con Reynolds “Live at Luther College” è tra i migliori). Pare esserci l’accoglienza del Salvatore, oltre lo stupore per la sua nascita:

Lei era la sua ragazza; lui il suo fidanzato. Diventò sua moglie; lei lo prese in sposo. Una sorpresa lungo il cammino, un giorno, un giorno qualunque. Un piccolo, allegro, sano bimbetto. I Re Magi giunsero, in tre fecero loro strada. Per coprirlo d’amore. Mentre giaceva nel fieno. L’amore, l’amore è intorno a noi.

Ma in un passaggio, Dave perde di vista la natura divina dell’Incarnato:

Della sua infanzia si conosce poco. Era una preoccupazione per sua madre Maria. Sempre in giro da solo. Incontrò un’altra Maria, per una cifra ragionevole. Non molto rispettabile, com’era noto.

La presunta bestemmia non spegne sul nascere quel fuoco divino che brucia, in Dave, inestinguibile.
“Christmas song” ripercorre le tappe salienti della vita di Cristo: il legno della mangiatoia, dove riposa protetto dai genitori, presto si trasformerà in un luogo di solitudine e di morte: il crocifisso. Gesù al Padre dice:

“Oh papà, riesco a vedere come presto sarà tutto questo. Sono venuto per diffondere un po’ di luce su questo posto che si oscura. Invece temo di versare il sangue dei miei figli tutto intorno”.

Una meditazione sul sacrificio di Cristo assai vicino al libro “The Last Temptation” di Nikos Kazantzakis, più conosciuto nella trasposizione cinematografica di Martin Scorsese “L’ultima tentazione di Cristo”. Se blasfemo appare l’incontro con la Maddalena, l’appellativo “Oh papà” esalta il rapporto intimo tra Padre e Figlio, nonostante la paura di un sacrificio forse inutile, depotenziato dalla durezza di cuore degli uomini.

Saggi pensatori e scrittori storcono il naso sulle commistioni tra rock e cristianesimo. A dir loro, il rock è incapace di comunicare il Vangelo e di filtrare i contenuti biblici nella musica. Il rock può essere definito “religioso” solo se “incoraggia la sottomissione a Dio”, promuovendo una giusta e ortodossa visione di Cristo. A riguardo, ho già espresso un parere in un post pubblicato su BombaCarta.com nel mese di marzo. La musica contemporanea non sarà mai sottomessa ai dogmatismi cristiani. Preferisce amplificare i dubbi e gli affanni di chi – come Dave Matthews – è attratto da Cristo, dopo essersi accalcato insieme ad altri intorno a Lui, “senza però poterlo raggiungere” come alcune scene descritte nei vangeli (Luca 11,29 – Mc 5,21).
DM non esegue né rock né manifesta alcuna appartenenza religiosa. La sua discografia non si può catalogare in un solo genere, come il peregrinare verso Dio non è collocabile in nessun movimento cristiano o ecclesiale. “Preferisco farlo in privato e da solo”, così rifiutò l’invito ad una preghiera collettiva di un gruppo di fans, in uno studio tv prima della registrazione di un’esibizione. Un gesto poco elegante ma consono alla sua natura inquieta e schiva.
Il maestro Guardini insegna che “fede” vuol dire “esistenza cristiana”, cioè superamento della vita precedente che passa attraverso lotte, cadute e rivelazioni. La Pentecoste condurrà i discepoli a credere nel Signore, lo stesso si è mostrato nell’Eucarestia al termine della sua predicazione terrena. Tutto ciò dopo tre lunghi anni d’insegnamento apostolico. La manifestazione di Dio è lenta, inesorabile e prudente, così come il cammino di un musicista verso Dio. Nelle canzoni di Dave Matthews, e non solo quelle riferite a Cristo, si passa dal fascino sinistro della morte alla passione per i vivi, collocando nel mezzo la tensione verso un Altro che si rivela e non si possiede. Disco dopo disco, recupera l’immagine di Dio che egli è, come un figlio bisognoso d’essere salvato da se stesso, dai suoi errori, stanco di vagare nel deserto della disperazione.

Guidando in mezzo al deserto, incontrai un uomo che mi disse del suo folle piano. Egli stava camminando da venti giorni e doveva camminare per altri venti. Gli dissi “Che ne dici di bere o mangiare qualcosa?”. E lui “No, la fede è tutto quello di cui ho bisogno”. Allora salvami, salvami. Salvami Signor viandante. Se puoi…

Le parole sono tratte dal brano “Save me” (album “Some Devil”), mentre il “Se puoi…” ricorda un’espressione di Giobbe, nei Libri Poetici della Bibbia (Gb 33,5). Gesù è nel deserto della prova, quaranta giorni e altrettante notti per mostrare al mondo che “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (vangelo di Matteo 4,4). Dave Matthews intuisce che esiste un modo per vivere libero e felice nel mondo: seguire Cristo.
Nel nuovo “Big Whiskey and the GrooGrux King”, canta l’ennesimo tentativo di capirci qualcosa della vita. Da sempre, DM pone le stesse domande. La risposta è in Dio perché tutto il creato sussiste in Lui, come recita l’inno cristologico di san Paolo apostolo (Colossesi 1, 3.12-20). Una verità che confonde – simboleggata dal vino che ubriaca – e rifiutata ostinatamente da DM: “Sono cresciuto da scimmia a uomo. Poi ho schiacciato 15 milioni con un cenno della mano. Sono cresciuto ubriaco di acqua trasformata in vino. Finché ero schiavo e padrone nello stesso dannato momento” (canzone “What I am”).
La resistenza alla Rivelazione nel processo spirituale di Dave Matthews non si è mai placata. In ogni album inizia un quaresimale, un cammino che dovrebbe condurlo alla fede, ad abbracciare quella vita nuova che solo Dio può dargli. In “Save me” (Salvami) dichiara che la fede è un dono che solo Dio può concedere, consapevole d’aver voltato le spalle a Lui. La distanza è troppa per essere colmata in un istante. Non ha fede a sufficienza per credere che Dio possa ristabilire, e da subito, un rapporto con lui. La storia si ripete ciclicamente in ogni sua pubblicazione. A un passo dalla conoscenza del Creatore, si volta indietro, dubbioso e scontento. Cosa lo trattiene dall’abbracciare la novità, che è Cristo, non è stato ancora svelato nelle sue canzoni.

Non c’è bisogno che tu mi dimostri qualcosa. Dammi solo la fede, rendimi credente. Dai, salvami. Salvami Signor viandante. Se non ti dispiace. Oppure mi sono allontanato troppo per essere riportato sulla retta via.

Intervistato nel 2004 dal magazine Rolling Stone, riguardo l’esistenza di Dio, dichiarò: “Chi diavolo sono io perché Dio sprechi un suo momento per prestare attenzione a me?”. “La domanda che si ripete, irritante, è ‘Perché?’. Se c’è un Dio che ha la mano su tutto, perché un potere superiore, a cui realmente importa, dovrebbe permettere che il mondo sia un posto cosi terribilmente orribile? Questa è la mia rabbia nei confronti della maggior parte delle religioni organizzate attuali, che queste idee fondamentaliste includano ‘un grande piano superiore’. […] Un universo cosi privo di immaginazione, cosi noioso, finisce per tranquillizzarci e ci impedisce di farci domande. Dio ha un piano. Dio è un uccello incapace di volare nella direzione della propria estinzione” (tradotto e pubblicato da “Con-Fusion”, la community italiana della Dave Matthews Band).
Prima o poi, Dio realizzerà il suo piano in DM, mentre lui rimane steso nelle mani del Signore (non prende l’iniziativa con Dio, un grave errore nel cammino di fede). Nell’ultimo album, lo confessa implicitamente in “Lying in the hands of God”. La battaglia si consumerà tra una spinta verso il cielo e una repentina caduta. Sono questi i paletti dentro cui si muove la sua ricerca spirituale, fissati su un terreno già battuto negli anni ’80 da gruppi come gli XTC e i Depeche Mode.
“Caro Dio… Non voglio credere nel paradiso e nell’inferno. Nei santi, nei peccatori, nemmeno nel diavolo. Nei cancelli di perla, nelle corone di spine… (Dear God, XTC)
Il mondo ha cancellato l’impronta del suo Creatore, e al mondo DM rimane legato. In “Mother Father” (album Everyday), DM confida nelle sole capacità umane di salvarsi dal pericolo della morte. L’universo è desolato, il cielo è vuoto. Tanto vale cavarsela da soli, tanto la nave prima o poi affonderà e dall’alto nessuno verrà a salvarci.

Madre Padre per favore spiegatemi. Come e’ divenuto cosi’ il mondo. Pur benedetto in tutto cio’ che vediamo. Una dimora cosi’ triste, triste per te e per me. Vieni fuori e salvati. Stiamo imbarcando acqua. Pero’ sai. Abbiamo la liberta’. Non c’e’ nessun Dio li’ sopra. Nessun Inferno sotto. E’ qui con noi. Dipende da noi rimanere a galla…

“Per favore… spiegatemi”. E’ il grido dei discepoli nell’episodio della tempesta sedata, descritto nel libro di Marco (4, 35-41): “Maestro, non t’importa che moriamo?”. Nella scena evangelica, la sopravvivenza dipende esclusivamente dall’onnipotenza di Cristo. Calmo riposa a poppa su di un cuscino, mentre la barca dei discepoli sta per affondare. E Gesù, svegliato dai natanti, rimprovera i suoi: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”. No, DM la fede non l’ha raggiunta. Di fronte a Cristo, DM non si piega, non rinuncia alla sua opinione, pur sapendo che la fede è ascoltare, accogliere e seguire Cristo che parla per mezzo della Chiesa.
DM s’interroga sull’ipotesi della morte di Dio, in “Time Bomb” (album “Big Whiskey and the GrooGrux King”): cosa accadrebbe agli uomini se Dio venisse ucciso dai marziani e la terra devastata e condannata a morte? Senza Dio che mondo sarebbe? Quale la reazione degli uomini?

Nessuno ci crederà. Era un uomo così normale. Scuotono le teste e si chiedono perché. Se i marziani cadessero dal cielo. Cosa accadebbre a Dio? Metteremmo giù l’arma. O la punteremmo al cielo”

https://www.youtube.com/watch?v=3gg8EQXV0e0

In “Funny the way it is” (album “Big Whiskey and the GrooGrux King”) i progressi sociali e tecnologici del mondo, la possibilità di raggiungere chiunque e molto rapidamente, non dispensano nessuno dalla solitudine. Un mondo dove gli uomini viaggiano su un doppio binario, la vita e la morte, senza alcuna logica. Sospesi, con la testa all’ingiù verso il vuoto: In piedi su un ponte. Guardi l’acqua che passa sotto. Deve essere stato molto più duro. Quando non c’era un ponte ma solo acqua. Ora il mondo è piccolo. In confronto a com’era. Con montagne e oceani. Inverni e fiumi e stelle.
Curiosa la citazione d’una canzone dei War, “Why can’t we be friends?” (Perché non possiamo essere amici?). Un espediente per mettere in contrasto l’indifferenza spensierata del mondo con il dolore dei poveri che si consuma a pochi isolati più in là, sconosciuto a chi si bea della sua fortuna:

La sera arriva. E noi siamo in giro. Sul gradino davanti. E una macchina passa. Quando i finestrini si abbassavano. Stava suonando quella canzone dei War “Why can’t we be friends?”. Qualcuno sta gridando e piangendo. Nell’appartamento sopra.

Nel brano “Funny the way it is” risiede la novità del pensiero religioso di Dave: il tentativo di acchiappare Dio, nonostante voli “nella direzione della propria estinzione”. C’è un pò di luce, finalmente, nel desiderio d’essere guardato da qualcuno lassù: Un jet attraversa il cielo. Così lontano dalla mia portata. C’è qualcuno lassù che mi guarda quaggiù. Un ragazzino insegue l’uccellino. Così vicino ma ogni volta non lo acchiappa. Ma non può smettere di tentare.
Già nel brano “You Never Know” (album “Busted Stuff”) si poneva la stessa domanda: Disteso sul tetto a contare le stelle che riempiono il cielo. Mi chiedo se Qualcuno in paradiso mi sta guardando quaggiù, non lo saprò mai. C’è così tanto spazio per credere.

La band è orfana di Leroi Moore, sassofonista e membro del gruppo, arrangiatore a co-autore di alcuni brani di Dave Matthews. Scomparso il 19 agosto dello scorso anno a causa di un incidente nella sua fattoria in Virginia. Nei giorni che seguirono il suo funerale, il tributo di Dave e della band a Leroi Moore fu straziante. Nello Staples Center, stadio arena di Los Angeles, il dolore era palpabile. La voce di Matthews tremula, mentre eseguiva uno dei brani preferiti di Leroi, “Bartender” (album Busted Stuff), dolente viatico musicale:

Oh se me ne andassi, prima di diventare anziano. Oh fratello mio, ti prego di non dimenticarmi. Se me ne andassi. Barista, per favore, riempi un bicchiere per me. Col vino che desti a Gesù, che lo liberò dopo tre giorni sottoterra. Se morissi prima della mia ora, oh dolce sorella mia. Ti prego di non rimpiangermi, se morissi.

I testi di Dave Matthews evidenziano un continuo riferimento alla morte. Il brano “Gravedigger” (album “Some Devil”) è il più rappresentativo a riguardo: cita quattro persone morte (Cyrus Jones, Muriel Stonewall, Mikey Carson e Mr Vertigo), uccide 4 persone in tre soli versi (cf. intervista “The Devil and Dave Matthews” – Rolling Stone, gennaio 2004), e tenta di ammazzare anche Dio in “Dreamed I Killed God”, per fortuna solo in sogno: “Dormendo ho ucciso Dio, e mi sono svegliato. Mi sta implorando, ti prego, ti prego, ti prego. No, non farlo…”. E’ la punta massima di disperazione mai raggiunta da Dave: Oh, io sopravviverò, nessuno ci può salvare. Parlare con me stesso, parlare con la mia anima. Ti voglio seguire.

Le tematiche si ripetono: la morte di Dio in “Dreamed I Killed God” e “Time Bomb”, la morte come soluzione finale in “Gravedigger” e “Bartender”, il bisogno di rifugiarsi all’ombra dell’Onnipotente in “Funny the way it is” e “You Never Know”. Visioni differenti di un’esperienza spirituale inquietante. C’è un brano che bene tratteggia l’affanno religioso di Dave Matthews, “Grey Street” (album “Busted Stuff”). Il testo parla dell’anima – la sua – in continua ricerca di Dio, impersonificata in una donna sola e impaurita. Continua a cercare quel Dio che non si stanca di pregare, pur rimanendo sordo alle sue suppliche. La speranza di fuggire ugualmente da una vita grigia e solitaria è più forte di ogni sciagura.

C’è un tale vuoto dentro di lei. E farebbe di tutto per riempirlo. Ma tutti i colori si mescolano insieme – sino a diventare grigio. E questo le spezza il cuore. Come vorrebbe che fosse diverso! Prega Dio quasi tutte le notti. Ed anche se giurerebbe che lui non ascolti. C’è ancora in lei la speranza che possa ascoltarla. Dice “Io prego, ma le mie preghiere cadono in orecchie sorde. Dovrei forse riuscirci da sola a scappare da questo posto?”

Se in “Mother Father” afferma che l’uomo deve far fronte ai problemi senza l’aiuto del Cielo, in “Grey Street” l’artista capisce che l’uomo non può bastare a se stesso: ha bisogno della Provvidenza di Dio.

“L’amore mi ha dato il benvenuto: tuttavia, la mia anima esitava, colpevole di polvere e peccato”. Stavolta i versi non sono di Dave Matthews ma di George Herbert, poeta gallese, incluse nell’opera “Love”. Il poema di Herbert spiega, in sintesi, il nuovo corso di DM, non esente da ripensamenti e dietro front. In “Grey Street” c’è un primo indizio del ritrovamento di Dio, mentre in “Eh Hee” c’è un atto di fede nel Dio “che ha molti nomi”. Il brano viene eseguito per la prima volta dal vivo, con il titolo “Ayhee” nel 2006. Un anno più tardi appare nel doppio album acustico “Live at Radio City”. Le parole del testo sono chiare: l’inganno degli uomini e la verità della fede si scontrano in un duello all’ultimo sangue.

Lode a Dio che ha molti nomi, ma satana ne ha molti di più. Con l’amore che mia madre mi ha donato, voglio scaraventare il diavolo a terra. Voglio mettere satana in ginocchio. Stai in guardia di fronte alle persone che tenteranno di convincerti che loro hanno la risposta, qualunque sia la domanda. Sii cauto con questi che credono in un mondo grazioso e splendente, perché è proprio una folle cazzata. E tu lo sai.

Il cammino di fede di Dave Matthews può essere paragonato a un legame di parentela con la Trinità: Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito. Guardini afferma che esistono tre categorie di credenti, ognuna si rapporta con una Persona divina. C’è chi comincia a credere nel Padre: DM in “Christmas song” chiama Dio “papà”. La fede per lui vuol dire essere sotto la protezione di Dio Padre (“Funny the way it is”). Un’altra tipologia di credenti scopre il volto di Dio in Cristo: in “Save me” DM incontra Cristo, quello annunciato dalla Sacra Scrittura. Un terzo tipo è colpito dalle opere dello Spirito, come scrive lo stesso Romano Guardini. Ma ciò non riguarda Dave Matthews. Egli è assai lontano dai santi, rimane sordo alla voce della Chiesa, di tutte le chiese cristiane. In “Little Red Bird” (album “Big Whiskey and the GrooGrux King – Bonus Disc”) sente la potenza del divino, ma non ha nessuna garanzia dell’eterno.
Quel “Se” nel brano rimette tutto in discussione: Se ci fosse un posto nascosto tra le stelle che riflette le grazie del paradiso. Se Dio avesse una faccia onesta, un’espressione preoccupata starebbe guardando il genere umano.
Faticherà “a legarsi al Signore con un vincolo di fedeltà perenne”. Lo scriveva il teologo, ma lo canterà Dave per molto tempo ancora.

Nobody’s laughing now,
Gods grace lost and the devil is proud,
But I’ve been walking for a thousand miles,
One last time I could see you smile…
(American Baby, album “Stand Up”)

Leggi i 6 commenti a questo articolo
  1. Elena Angotti ha detto:

    L’itinerario verso Dio lo si può incominciare con l’osservare una rigorosa concentrazione delle necessità fisiologiche e delle funzioni fondamentali:fame,dolore,fatica.Il corpo è in grado di compiere imprese e l’anima può comunicare con Dio.La gratificazione è tale da generare uno stato d’estasi,identificato come segno del favore divino.Credo che il bisogno di Dio sia legato all’attenzione verso l’identità dell’autonomia e della tensione dell’animo umano alla perfezione.

  2. Gian Luca Figus ha detto:

    Ciao Max, bel post e bellissima la versione di Bartender nello Staples Center..e non posso non procurarmi Romano Guardini. Un abbraccio gl

  3. Max Granieri ha detto:

    Ciao Gian! Grazie per il commento e buona lettura con Guardini! E grazie a Elena, per il suo contributo nella riflessione. Buone ferie a tutti gli amici di BC! :-)

  4. Corsina ha detto:

    Complimenti, l’ho pubblicato su Con-Fusion

  5. chiara ha detto:

    un’analisi originale e una riflessione sentita

    grazie davvero!

    chiara

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