Officina di gennaio – report
La navigazione inizia con i migliori auspici. Il vento soffia con forza da poppa, all’orizzonte non si vedono nubi che possano minacciarci e l’equipaggio è nutrito (circa settanta persone). La nave salpa poco dopo le 15.00.
Dopo aver visto una scena tratta da “The Truman Show” in cui sono sintetizzati quasi tutti gli aspetti propri della navigazione (libertà, orientamento, tempesta, paura, orizzonte), Gianluca ci catapulta nelle gelide acque dell’Antartide, raccontando due esperienze cronologicamente lontane tra loro. La prima è la sfotunata spedizione di Ernest Henry Shackelton, l’altra è l’incredibile salvataggio della velista francese Isabelle Autissier per mano di Giovanni Soldini, durante una regata in solitario nel 1999. Si tratta di un intervento completamente fuor di metafora che, forse proprio per questo, riesce a farci sentire il vento in faccia e il sale sulla pelle.
Intanto la nave ha abbandonato le calme acque del porto e si avventura in mare aperto. A indicarci la via questa volte è Rosa Elisa. Il suo contributo ci induce a ripercorrere la storia della navigazione attraverso la lente della letteratura. Facendo riferimento a numerosi brani (solo citati; uno su tutti, il Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez, dalle Operette morali di Leopardi) ci parla di una navigazione intesa, nel corso dei secoli, di volta in volta, come esplorazione, commercio, ricerca di una nuova e più felice esistenza.
Con Damiano, iniziamo ad addentrarci nelle acque della metafora. La navigazione diventa, infatti, sinonimo di ricerca del desiderio. A partire da questa interpretazione Damiano paragona il “treno dei desideri” (quello che “all’incontrario va” nella celebre canzone di Paolo Conte) alla nave dei desideri, più libera perché, come direbbe De Gregori, al contrario della locomotiva non “ha la strada segnata” da un binario. La ricerca del desiderio continua prima nei versi di Yeats (Sailing to Bisantium) e, in seguito, nella scena di Fitzcarraldo in cui una nave scala una montagna.
A questo punto del nostro viaggio, la nave è in procinto di doppiare il capo di metà Officina. Prima di cercare riparo e riposo in una baia, è la volta di Franco. Il suo intervento punta al cuore del senso stesso della navigazione, intrinsecamente legata, almeno nella letteratura ottocentesca, al viaggio e all’avventura. Tuttavia quella che ci racconta è la storia di una non avventura, ovvero di una vita di avventure puramente immaginarie. La vicenda è narrata in Will o’the Mill, di Stevenson, ed è assimilabile alla parabola esistenziale di Rip van Winkle o di Salgari, che scrisse per anni storie ambientate in luoghi esotici in cui non era mai stato. Sono delle navigazioni nella fantasia, storie scritte sulla sabbia, come quelle di Kseniya Simonova (la cui arte è possibile ammirare su you tube).
Dopo aver gettato l’ancora per una pausa di pochi minuti, riprendiamo a veleggiare ascoltando gli antichi canti usati dai marinai per infondersi coraggio e dimenticare la famiglia lasciata a casa. Michela riassume la funzione di queste musiche e ci ricorda il doloroso distacco dagli affetti familiari, e dalla terra, con una scena tratta da una trasposizione cinematografica di Moby Dick. Gianluca, invece, ci fa ammirare i canti tradizionali eseguendone dal vivo una versione, riarrangiata per chitarra.
Con l’intervento di Mario ci ritroviamo in piena tempesta. Si propone, infatti, di dimostrare come sia possibile rintracciare una navigazione in un quadro e decide di portare come esempio Las Meninas di Velàzquez. Siamo tutti leggermente interdetti, è il momento di maggiore discrepanza tra il senso letterale della navigazione e i significati metaforici che le si possono attribuire. Eppure, con la sua competenza (è professore di Storia dell’Arte presso un liceo romano) e simpatia, Mario riesce a essere perfettamente comprensibile e interessante, superando così le potenziali insidie rappresentate da un percorso che si preannunciava complesso.
Dall’orientamento in un quadro Andrea passa a quello in mare aperto. Si ritorna così a Truman Burbank, che utilizza come bussola la foto “ricostruita” della donna che ama. Un vero e proprio faro, che accomuna quasi tutti gli individui (dai marinai di Dalla e De Gregori) al “vecchierel canuto e bianco” di Petrarca (e Leopardi). La bussola della vita è quindi un volto, misterioso che sfugge ma attira a sé, se-duce (e noi ci lasciamo sedurre). Seguendo un volto si può trovare una meta.
Iniziamo a vedere terra. Ma, prima di poter far ritorno nel porto e sbarcare, è necessario passare attraverso il racconto del viaggio compiuto. Così come Odisseo sull’Isola dei Feaci, anche noi cerchiamo di rievocare tutto il percorso svolto. Si tratta del mio intervento che, pur sviluppando un ragionamento indipendente, riecheggia le suggestioni di tutti gli altri. A partire dalla scena vista all’inizio, in cui Truman squarcia l’orizzonte di cartapesta del suo mondo, affronto il tema del rischio costituito dal raggiungimento del, per definizione irraggiungibile, orizzonte, inteso non come il realizzarsi dei propri desideri, ma come il compiersi dell’unico desiderio prefissatosi. Ovvero la morte del desiderio e, quindi, dell’individuo. Contrapposto a questo rischio (ampiamente illustrato nella letteratura, basti citare la figura di Achab) c’é il pericolo di un’eterna navigazione, priva di approdo, simile a quella del film Up in the air. Dopo aver visto una scena tratta dalla pellicola del 1902 Il viaggio nella luna (una navigazione nello spazio, e quindi ancora più libera) e una da Fratello, dove sei?, affronto un’altra caratteristica dell’orizzonte, quella di nascondere la meta. Caratteristica evidente nelle esperienze speculari di Cristoforo Colombo e Marco Polo, autentici esempi di serendipità. Infine, una scherzosa distinzione tra due modi distinti di approcciare il mare e la vita; quello proprio dei velisti e quello dei marinai, cioè dei bombers.
Sbarchiamo alle 19.00, come nelle fiabe della nostra infanzia, stanchi ma contenti. La nave ci saluta mutamente e ci ricorda di essere sempre pronta a riportarci in mare aperto, verso nuove e straordinarie avventure.
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