You said something!

PJ Harvey

PJ Harvey

You said something è una canzone di PJ Harvey tratta da “Stories from the City, Stories from the Sea” (un grande disco) e vuole essere un augurio per le Officine di BombaCarta di quest’anno, che tutti possano vivere la sorpresa di sentire una parola importante, una parola che non si dimentica. Nella storia raccontata in questa canzone non sappiamo di che parola si tratti, ma avvertiamo che è una parola nuova, inaspettata, tanto potente da incidersi indelebilmente nella memoria (ovvero nel cuore).

Di seguito trovate il testo in inglese e una mia traduzione, ma ecco anche il filmato della canzone cantata dal vivo e una versione acustica senza immagini (se preferite ascoltare senza farvi influenzare dallo sguardo e dal look di Polly).

I protagonisti sono su un tetto di Brooklin e l’orizzonte è vasto, la vista ampia. I tetti dei palazzi in città sono come le cime dei colli, se si sale su un tetto, anche inconsciamente, è perché si vuole vedere lontano, ci si vuole specchiare nel cielo, interrogarlo e lasciarsi interrogare. Da quel tetto di Brooklin si vedono le luci, i ponti e i grattacieli di Manhattan, un’immagine che sembra contenere, per la sua magnificenza e la sua formicolante dinamicità (flashing lights), una domanda.

Nella seconda strofa i due focalizzano l’attenzione sui propri luoghi, evocano immagini del proprio quartiere (terra d’origine) e la domanda si fa esplicita: cosa ci ha portato qui, fino a questo punto della nostra vita? Mi piace il successivo “I held my breath” che forse esprime il timore di azzardare una simile domanda oppure l’attesa trepidante di una risposta o il terrore istantaneo che la vita finisca proprio in virtù di questa domanda ovvero la sensazione di essere sull’orlo di un baratro, quello del Nulla e che non vi sia alcuna risposta (al contrario, mi viene in mente un’intervista di Mario Rigoni Stern in cui racconta di un combattimento in Russia nel quale era certo di morire e istintivamente tratteneva il respiro come per trattenere la vita).

Nella terza strofa i due sono arrivati a Manhattan, nel cuore di New York, di nuovo su un tetto, vi sono arrivati cantando, innocenti (lei sente che non sta facendo nulla di male) e, forse per questo motivo, pronti per ricevere una parola importante.

Sul tetto di un palazzo a Brooklyn On a rooftop in Brooklyn
All’una del mattino One in the morning
Guardiamo le luci che si muovono Watching the lights flash
A Manhattan In Manhattan
Vedo cinque ponti I see five bridges
L’Empire State Building The empire state building
E tu hai detto una cosa And you said something
Che non ho mai dimenticato That I’ve never forgotten

Ci appoggiamo al parapetto We lean against railings
Parlando dei colori Describing the colours
E degli odori delle nostre parti And the smells of our homelands
Come due innamorati Acting like lovers
Come siamo arrivati fin qui? How did we get here?
A vivere questa vita? To this point of living?
Io ho trattenuto il respiro I held my breath
E tu hai detto una cosa And you said something

E non faccio nulla di sbagliato And I am doing nothing wrong
Se faccio un giro in macchina con te Riding in your car
La tua radio accesa Your radio playing
Cantiamo finché non arriviamo We sing up
all’ottavo piano to the eighth floor
Su un tetto di Manhattan A rooftop, in Manhattan
Era l’una di notte One in the morning
Quando hai detto una cosa When you said something
Che non ho mai più dimenticato That I’ve never forgotten
Quando hai detto una cosa When you said something
Che era veramente importante That was really important

È interessante notare che in questo pezzo (lo si vede nel filmato) PJ Harvey che di solito suona la chitarra elettrica, invece tra una strofa e l’altra suona una minuscola tastiera che fa pensare a quegli aggeggi che si usavano un tempo per mandare messaggi in codice o una macchina per stenografare. Sembra infatti che il significato misterioso di questa parola misteriosa che tanto sorprende la voce narrante sia nel suono sottile di questa tastiera.

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  1. ddt ha detto:

    Ti amo, PJ.
    Mo che t’ho visto le gambe, di più.

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