Quale miracoloso seme avrà inghiottito?

Ecco due poesie di Wendell Berry

L’uomo nato per coltivare (The man born to farming)

Il piantatore di alberi, il giardiniere, l’uomo nato per coltivare,
le cui mani si protendono sotto terra e germogliano,
per cui la terra è una droga divina. Entra nella morte
ogni anno e ne ritorna esultante. Ha visto la luce posarsi
sul cumulo di sterco e rialzarsi nel frumento.
Il suo pensiero passa come una talpa lungo la cima dei filari.
Quale miracoloso seme avrà inghiottito
perché il discorso ininterrotto del suo amore gli sgorghi dalla bocca
come una vite che s’aggrappa alla luce del sole
e come acqua che discende nel buio?

Conoscere il buio (To know the dark)

Andare al buio con la luce è conoscere la luce.
Conoscere il buio è andare al buio. Vai ad occhi chiusi
e scopri che anche il buio sboccia e canta,
ed è percorso da oscuri piedi e oscure ali.

Leggi i 3 commenti a questo articolo
  1. Luisa ha detto:

    Sono molto belle grazie!!

    Non è facile conoscere persone che fanno quel tipo di mestiere , a me è capitato, infatti mi è sembrato di vedere qualcuno mentre la leggevo.

    Però la poesia si riferisce ad altro.Sì, secondo me, anche a chi non pianta boschi o cura giardini, però non mi vengono le parole e io mi gusto la musica della poesia!!

    Luisa

  2. Emanuela Scicchitano ha detto:

    Le poesie riportate mi hanno entrambe colpita per l’apparente semplicità che le impregna e che sublima un “discorso ininterrotto” d’amore che lega l’io alla realtà.
    Nella prima lirica questo discorso è ciclico come il ritmo delle stagioni e comporta la naturale accettazione del legame con la terra e con le sue contraddizioni, evocate da una serie di immagini ossimoriche: la morte e l’esultanza, lo sterco e il frumento, il sole e il buio. Fra di esse il contadino passeggia come una talpa fra le viti, che accetta il buio dell’inconoscibile ma non si rassegna alla perdita dell’altitudine.
    Sono immagini simili a quelle che ritornano anche nella seconda poesia, densa come un epigramma antico in cui la sfida che il poeta pone al lettore è quella di accettare il rischio che la vita comporta: che ci siano zone di buio da attraversare nel buoi, senza il supporto della luce, di certezze pre- acquisite, ma con la prospettiva che esse possano essere conquistate in itinere. Il buio che “sboccia e canta” mi suggerisce l’idea che anche negli anfratti della vita ci sia un barlume di sacro, di vero che si può scoprire solo attraversandolo e scommettendo sulla sua esistenza.

  3. Luisa ha detto:

    INTERPRETAZIONE LIBERA DELLA POESIA
    (spero di essere in regola con la policy…)

    La prima poesia riconduce tutto ad un centro ,

    il luogo in cui un seme annidandosi nella persona, si nutre del buio umido della terra, dal quale si sviluppa un discorso amoroso , luminoso, che tende al cielo.

    Ora quel piccolo seme non sa ancora che aspetto avrà, se susciterà parole di ammirazione o sdegno, non sa ancora nulla finchè non morirà a se stesso e lascerà che altri lo vedano quando lui non si vedrà più!!

    Non si riconoscerà
    e non sarà la terra la sua casa nè il cielo la sua terra

    sarà un tutt’uno che altri vedranno ma lui non non si vedrà!!

    Allora qualcuno lo vedrà e lo riconoscerà!!

    e coglierà i suoi doni che saranno frutti o fiori!!

    L’uomo che sperimenta il ciclo naturale e l’accompagna, là dove lo si può toccare e sentire, vive dentro di sè il tramutarsi delle cose e le benedice, non sono opera delle sue mani ma, egli l’accompagna e le vive con la goccia di sudore che scivola dalla fronte e la pelle ruvida riarsa dal sole,
    dalla finestra quando piove !!

    Con le scarpe sporche di fango
    ritrova i luoghi in cui la prima volta ha amato sente il profumo che la pioggia gli ha lasciato e gli pizzica il naso!!

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