“Senza speranza e senza disperazione”     

Tess Gallagher, nella sua introduzione alla raccolta completa delle poesie di Raymond Carver, scrive: “Senza speranza e senza disperazione”: questo sommesso ma deciso slogan di Isak Dinesen ha sventolato come uno stendardo sopra gli ultimi dieci anni di vita di Raymond Carver.

La raccolta di poesie si intitola “Orientarsi con le stelle”. La citazione della scrittrice Karen Blixen e il nesso al bisogno di punti di riferimento, gli astri, per “andare ad oriente” non sono semplicemente un elegante gioco letterario ma una sorta di metafora che accomuna la vita con la poesia.

Orientarsi – lo si è visto attraverso i vari momenti che BC quest’anno ha dedicato al tema – significa, in senso proprio, volgere a oriente, disporre o disporsi in un determinato verso rispetto ai punti cardinali o ad altri punti di riferimento.

È notizia di questi giorni l’avvistamento nella Senna di un giovane esemplare maschio di orca marina. Questo tipo di mammiferi, noti per la loro straordinaria intelligenza, ama le acque fredde artiche e antartiche e trovarne uno nelle acque dolci di un fiume testimonia il fatto che l’animale o si è allontanato dal suo branco durante la caccia e si è smarrito o, ipotesi più probabile, potrebbe essere stato escluso dal suo gruppo che lo avrebbe spinto ad isolarsi forse a causa di una malattia che lo renderebbe debole.

In buona sostanza, l’orca si è perduta: ha lasciato – volente o nolente – i suoi punti di riferimento, la sua famiglia, le sue abitudini e vaga senza meta in acque sconosciute. Anche l’orca è senza speranza e senza disperazione.

Il disorientamento viene, spesso, da fuori: è esterno a noi, a volte quasi estraneo e si impossessa delle nostre facoltà mettendoci in uno stato di isolamento, di incapacità di agire, come se le cose che facciamo d’abitudine venissero “congelate”, bloccate. Altre volte, invece, il disorientamento nasce da dentro come atto volontario, come misura di difesa: l’orca che, per non rallentare il suo branco, si allontana.

Come il senso di protezione dell’altro spinge l’orca ad estraniarsi e perdere i contatti con il suo mondo, così il sentimento d’amore può essere “principio” di disorientamento: nasce all’esterno e si radica all’interno.

Lo ha detto bene il poeta elegiaco Archiloco, autore attivo nel VII secolo a.C., in alcuni dei pochi versi che ci sono giunti di lui. Il componimento non è intero, ma alcuni gli hanno attribuito il titolo di Smarrimento:

Tale voglia d’amore, abbarbicandosi
al di sotto del cuore, mi versò
fitta nebbia sugli occhi e, come un ladro,
strappò dal petto l’anima indifesa.

L’amore, nell’irruenza tipicamente archilochea, è in continuo movimento: getta nebbia sugli occhi, stringe il cuore e porta via l’anima. È la nebbia l’elemento centrale: diventa l’arma più pericolosa per l’innamorato che, a differenza dell’amore, si ritrova incapace di muoversi. Una descrizione potente e molto vicina a quel rapimento estatico, doloroso e pieno di incognite che fa dire a Dante nel suo sonetto stilnovista:

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio,
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ‘l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Nessuna immagine è più emblematica di una barca (un vasel) in balia delle onde di un mare tempestoso: per Dante il disorientamento è l’incantamento. L’amore imprigiona in una specie di sortilega magia che ha anche un’aura di fascino e di seduzione: tanto vigorosa da opporsi alla fortuna ma anche alla mala sorte.

Se guardiamo da vicino la parola disorientamento notiamo che basta quel piccolo prefisso a portarci da uno stato di sicurezza (senza disperazione) ad uno di sconforto (senza speranza). Dis rovescia completamente (come per moltissimi altri verbi e sostantivi) il significato buono e positivo del termine a cui si prefigge.

Eppure, lo scrive la Blixen, lo ricorda Tess Gallagher e lo testimonia Carver, è nel disorientamento che si riconoscono dei segnali. È in quello stato di disagio, malessere, malfunzionamento dei sensi che qualcosa spinge verso qualcos’altro. Quando una bandiera (uno stendardo) sventola alla ricerca della quiete.

Come nel sonno o nel sogno capita di vivere in un universo parallelo nel quale ci muoviamo come privi di appigli, senza certezze, senza poter fissare un traguardo, una meta.

Scrive Carver nella sua poesia Due mondi

Nell’aria greve
dell’aroma dei crochi
dell’odore sensuale dei crochi,
guardo un sole limone scomparire,
un mare blu
diventare nero oliva.
Vedo fulmini balzare dall’Asia mentre
nel sonno
il mio amore si agita, e sospira e poi
si riaddormenta,
parte di questo mondo eppure
parte dell’altro.

Come distinguere lo smarrimento della veglia da quello del sonno? Forse accettando l’esistenza di due mondi in contemporanea, di un bivio: fra l’orizzonte definito, la cartina, la mappa e un altrove immaginato, possibile, non del tutto reale.

Che, in fondo, significa riconoscere che nel viaggio (anche quello della vita) ci si può perdere e che è più interessante fare qualche deviazione dal sentiero tracciato e andare incontro all’imprevisto che non seguire una tabella di marcia che non lascia spazio a qualcosa di inatteso.

Magari si potrebbe incontrare la felicità. Sempre inaspettata. E fonte di disorientamento.

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