Creazione e libertà

Agenzia Michele Rizzi & Associati, 1981

Probabilmente Leonardo da Vinci non avrebbe mai immaginato che l’enigmatico volto della sua sospirata Gioconda sarebbe comparso, con po’ di fantasia (e di photoshop) nelle pubblicità di svariati prodotti.

Le cose fatte a mano -siano opere d’arte, libri o canzoni- quando escono dal laboratorio creativo dell’artista ed entrano a contatto con il mondo assumono inevitabilmente una vita propria e indipendente, svincolata dal controllo e dalla volontà di colui che le aveva realizzate. Possono essere interpretate e fruite in modo imprevisto, lontano o indesiderato rispetto alle intenzioni o al pensiero del creatore, come nel caso della Gioconda. (Per non pensare a cosa sarebbe successo se gli amici di Virgilio avessero acconsentito alla sua richiesta di bruciare l’Eneide!).

Ma a volte l’oggetto può prendere vita per davvero e trasformarsi in un essere animato. Narra Ovidio, nel decimo libro delle Metamorfosi, che lo scultore Pigmalione avesse realizzato una statua femminile così bella che se ne innamorò. Pregò la dea Venere di avere una moglie simile alla fanciulla d’avorio e la dea, impietosita, lo esaudì, e trasformò la statua in una donna.

È quello che è successo anche, e con ben più gravi conseguenze, in Frankenstein di Mary Shelley. Il “mostro” spaventoso, creato dalle mani del dottor Victor, Frankenstein si macchia di numerosi ed efferati omicidi.

 “Tu sei il mio creatore, e sia, ma il padrone sono io. Tu mi obbedirai!”, dichiara il mostro a Frankenstein, il quale gli risponde: “Ti sbagli, è passata l’ora dell’indecisione e anche quella del tuo potere…

Philippe Meirieu, nel libro Frankenstein educatore, commenta:

Non si può dire meglio l’impasse assoluta alla quale porta il progetto di “fare” l’altro: non si può spiegare meglio la violenza che si impossessa ineluttabilmente di quelli che confondono l’educazione con l’onnipotenza, che non sopportano che l’altro sfugga e che vogliono controllare la sua “fabbricazione”.

La triste e macabra vicenda di Frankenstein e del suo mostro pone degli interrogativi sul rapporto tra creatore e creatura. L’oggetto creato è davvero “proprietà” di chi lo fabbrica? Fino a che punto il creatore può “plasmare”? Può il creatore privare la creatura della sua libertà?

Nel libro Il Profeta, Kahlil Gibran scrive:

I figli non sono i vostri figli. (…) Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché vivano con voi non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri. Poiché essi hanno i loro pensieri.  (…) Potete sforzarvi di essere simili a loro ma non cercate di rendere essi simili a voi. (…) Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive sono scagliate.

Nella Genesi, “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. Dopo aver creato l’uomo, “il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”.

Dio ordina all’uomo di non cibarsi del frutto dell’albero che infonde conoscenza, ma non gli toglie la possibilità di poter scegliere.

C’è libertà nel creare e nello stare al mondo come esseri creati.

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