…che mondi possa aprirti
Esistono storie grandi e storie piccole.
Parliamo qui di storie narrate in racconti, romanzi o anche poesie.
Qual è la differenza tra storie grandi e storie piccole? Cose le distingue? In che senso una storia è grande e una è piccola? Non si tratta di una differenza di valore nel senso che una storia più è grande più vale. No.
Proviamo a capire cosa le distingue.
Per “grande” si può intendere una storia che deve rappresentare una totalità capace di dar conto insieme sia di uno sfondo universale, ampio (il conflitto tra bene e male o anche un confronto tra due potenze,…), sia degli avvenimenti degli individui o, se vogliamo, dell’eroe che su questo sfondo “epico” si staglia. La storia piccola invece può essere quella che vive in uno spazio più ordinario, normale, dando vita a quella che qualcuno definisce l'”epica del quotidiano”.
Abbiamo detto ciò che le distingue. Ma cosa unisce una storia piccola e una storia grande, ma entrambe di grande valore?
A mio parere l’esatto contrario di ciò che scriveva Montale nel suo celebre verso
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti.
Le storie possiedono in se stesse la formula capace di aprire un mondo. Raccontare una storia che significa «spremere» la realtà, cogliendone la sostanza (in senso letterale: ciò che sta sotto, a suo fondamento), ma anche assistere alla sua espansione, alla sua «dichiarazione», per usare ancora un termine di Montale.
Se una storia non dichiara un mondo e non lo spalanca davanti al suo lettore – non importa se in modo realista, o surrealista – non fa compiere al lettore una vera esperienza, non fa conoscere nulla: è vuoto e noia. Anche Montale ha visto un «croco», un bel fiore giallo: coglie la sua grazia, ma l’esplosione fallisce, resta il silenzio, la grazia rimane sorda. Rimane la polvere:
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Un racconto che non apre mondi può ridursi solo a polvere (e cioè a tre cose: a ideologia, a sentimentalismo o a «esperimento» linguistico. Polvere, appunto).
Le storie hanno un altro destino.
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