Compagni segreti

Ho appena terminato Compagni segreti. Storie di viaggi, bombe e scrittori, l’ultimo libro di Eraldo Affinati, e il primo pensiero, dopo questa appassionante lettura, è andato ai ragazzi della scuola.

Non perché il sottoscritto abbia qualche particolare legame con il mondo dell’istruzione. Ma per il gusto d’avventura, meraviglia e profonda solidarietà umana che ho provato nel leggere questa raccolta di recensioni e di racconti (autobiografici) di viaggio dello scrittore romano nella sua prima opera pubblicata da Fandango (i romanzi, ahimè introvabili, sono pubblicati da Mondadori).

E cioè il gusto di certi libri di grande potenza della mia infanzia e prima adolescenza (penso, ad esempio, a L’isola del tesoro di R.L. Stevenson, La storia del terzo Reich di W.L. Shirer o a La verità perduta di Bruno Tacconi), un periodo in cui purtroppo la letteratura incontrata a scuola mi giungeva insipida, legnosa o addirittura ostile.

C’era una grande differenza tra i libri che trovavo a casa o che mi dava mio padre e le letture che dovevo affrontare per l’ora di italiano. E la differenza era data, il più delle volte, per la mancanza di passione o, al contrario, per la passione astratta, idealistica e per me, quindi, incomprensibile, con cui i professori di italiano mi davano da mangiare bocconi di versi e di prosa. La solita vecchia storia dell’insegnamento, niente di nuovo.

Ma, proprio per questo, credo che il libro di Affinati sia un libro importantissimo, anzi fondamentale. Un libro da leggere a scuola. Al posto di Calvino, per esempio. Perché sono pagine che fanno venire la passione per la letteratura, gli scrittori, i viaggi, i luoghi del mondo, la grande Storia e – lo dico senza il timore di essere retorico – per la vita: la propria vita, percepita come occasione irripetibile di indagine e sorpresa, ma anche la vita intera, dall’alfa all’omega, quella del cosmo misterioso nel quale passa il tempo di ognuno e di tutta l’umanità. Affinati in “Compagni segreti” ci racconta libri e scrittori che, negli anni, lo hanno accompagnato nella sua formazione umana e letteraria. Scrittori la cui parola lo scrittore di Piazza Vittorio, in molti casi, ha seguito fin nei luoghi della loro biografia (splendido il racconto della visita alla tomba di Ernest Hemingway a Ketchum nello stato americano dell’Idaho), come se solo tornando sui luoghi della Storia potesse comporre pienamente le immagini di tante avventure e calarsi, fino in fondo, nel misterioso intreccio di vita e letteratura che ha generato i grandi capolavori della letteratura mondiale che lo hanno formato.

Affinati ricostruisce trame, biografie, identikit di personaggi, contesti sociali e culturali, eventi drammatici della storia del ‘900, con l’entusiasmo e l’umiltà dell’autodidatta (lo scrittore nasce da una famiglia del proletariato romano, in una casa priva di libri) che crede soprattutto nella propria personale esperienza del mondo e della letteratura e che, a poco a poco, si crea la propria biblioteca, il proprio canone, il proprio cenacolo di “compagni segreti”. E i risultati sono strabilianti.

Da questo libro, infatti, emerge la conoscenza straordinaria della letteratura contemporanea di questo lettore e scrittore (e viaggiatore) eccezionale. Ma soprattutto quella rara capacità di creare un corto circuito virtuoso tra letteratura e vita, tale da sprigionare energie vitali e artistiche straordinarie (necessarie per intraprendere con entusiasmo e fiducia nuovi viaggi e nuove scoperte), visioni dell’esistenza (come orientarsi altrimenti?) e una conoscenza profonda dell’uomo e delle tensioni su cui si gioca il destino di ognuno e di tutti.

Energie contagiose, capaci di suscitare un grande desiderio di leggere libri e, insieme, di partire alla scoperta di se stessi, degli altri, del mondo. Di addentare la propria vita e l’esperienza della letteratura per gustarne tutto il succo. Ancora prima di imparare a capire, di imparare a concettualizzare, di fare proprie delle categorie attraverso cui filtrare l’esperienza e il mondo, di imparare a replicare sulle pagine di un “tema” il pensiero del professore, e nella peggiore delle ipotesi di diventare un intellettuale “disincarnato” dal lucido pensiero e i piedi freddi.

Ecco perché credo che questo libro, per esempio, andrebbe letto prima, molto prima, delle “Lezioni americane”. Ma vi posterò qualche frammento del testo nei prossimi giorni. Così, tanto per assaggiare.

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  1. saverio simonelli ha detto:

    Condivido e rilancio. Con un solo concetto. trovo straordinario e atratti ancora inspiegabile il modo in cui Eraldo ti avvince alla lettura. Spesso il suo periodare è come faticoso, certamente non scorrevole, denso caracollante. Mi viene in mente che proprio grazie a questa scrittura sa imprigionare le cose e i concetti in maniera unica. Come se al posto delle parole ci fosse della carta moschicida. E la realtà ci resta attaccata, come a brandelloni. Eraldo, un grande del nostro tempo.

    Saverio

  2. francesca ha detto:

    Al posto di CALVINO??

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