aperture n.2
di Antonio Spadaro - pubblicato il 31 Maggio 2006
Dall’immagine tesa vigilo l’istante con / imminenza di attesa – / e non aspetto nessuno: / nell’ombra accesa / spio il campanello / che impercettibile spande / un polline di suono – / e non aspetto nessuno: / fra quattro mura / stupefatte di spazio / più che un deserto / non aspetto nessuno: / ma deve venire; / verrà, se resisto, / a sbocciare non visto, / verrà d’improvviso, / quando meno l’avverto: / verrà quasi perdono / di quanto fa morire, / verrà a farmi certo / del suo e mio tesoro, / verrà come ristoro / delle mie e sue pene, / verrà, forse già viene / il suo bisbiglio.
(Clemente Rebora, da Canti anonimi)
Si scrostano parole secche, ascolti bucati
in alluminio di polvere e lacrime a matita.
Uovo dell’occhio scruta la vita chiusa.
il silenzio del muro, la speranza inattesa
di finestra che sbarra, come ansimo protetto.
Fuggo a piedi, strisciando carponi,
mani e piedi risuonano nell’atrio,
corro alla luce, muto, sordo, ma vigile,
verso lo splendore che sanandomi
brucerà il corpo, sanerà con urlo e fulmine,
il limite insuperabile, per sempre. Così,
lo sguardo medita e sogna, eppure,
sconcertato, il corpo indugia, teme.
hopperiano, non c’è che dire
Le prime due sono immagini di nudità, sconcerta il mutismo di cui sono pregne. Il loro esserci, così grigio, così impietoso e indecoroso, è una feritoia da cui sanguina la realtà che ha rinunciato a sognare (ogni uovo, tanto, raccoglie sempre lo stesso gene!). Gemmano la colpa e la gioia di non appartenervi eppure… anch’io come loro mi stingo.
Ha un esordio aspro il cum-patire, ma è suo quel bagno di luce che dopo mi ridipinge.
In ciascuna vedo la possibilità di poter andare “oltre”, quell’oltre che necessità, però, della giusta dose di immediata prima, riflessiva poi disponibilità.
Sembra quasi di poterci infilare dentro le dita. Un pò claustrofibico il secondo caso, ma anche in questo l’opportunità di concentrarsi su un particolare ben preciso… cosa mai ci sarà dietro quella finestra e per finire l’abbaglio, richiamo al di fuori di ciò che si è, insana e forse ingannevole proiezione di un inconscio moschettiere.
Ancora aspetto il commento ufficiale alle foto della performance dell’artista impossibilitato a scrivere perché zuppo di catene.
Fin dal primo momento ho avuto la tentazione di saltare dalle prime due foto alla terza.
Ti trovi di fronte ad una porta serrata che resiste laddove anche il muro intorno sta sbriciolandosi: qualcuno ha scritto un … piange il telefono … per dare l’idea dell’inutilità di ogni attesa di apertura.
Guardando da una specie di oblò l’impressione di chiusura è ancora maggiore: non è la porta ma la finestra, penso, della stessa casa, e il risultato è più opprimente.
Però se ti ostini ad aspettare, ecco che la porta si apre su un … diciamo androne che termina in un portone senza chiusure, aperto alla luce dilagante del sole e al verde di un giardino interno. Ho in mente il solito Montale e le sue … trombe d’oro della solarità… anche se non vedo i suoi limoni
Ma ho guardato le foto oppure quello che volevo vedere?