Un edificio da leggere in memoria della Shoah

Nella Giornata della Memoria della Shoah può far bene un giro virtuale al Museo Ebraico di Berlino, accompagnati dalle note del Mercurio di Gustav Holst. Il messaggero alato del musicista inglese de I pianeti ci porta la notizia che l’architettura moderna, anche nell’espressione lontana da ogni canone classico di un decostruzionista come Daniel Libeskind, può essere arte ovvero esperienza in grado di emozionare e trasformare nel profondo. Nato dall’idea di continuare il racconto incompiuto della liberazione degli ebrei nel Mosé e Aronne di Arnold Shoenberg, il progetto del museo ebraico è stato immaginato dall’architetto di origine polacca “come una sorta di testo destinato a essere letto”: una struttura a zig zag e piena di tagli che fa pensare ad corpo rannicchiato e ferito, una forma per nulla tranquillizzante ma intensamente narrativa che contiene anche un corridoio senza uscita e uno spazio (la Torre dell’Olocausto) così scuro che non si vede a un palmo. Non c’è memoria senza racconto, immedesimazione, commozione. Provate, dunque, a visitare, anche solo con gli occhi, questa stella di Davide spezzata nel cuore di Berlino: una grande rivincita sull’architettura razionalista e funzionalista che tanto piaceva alle dittature totalitarie del ‘900 e che oggi ci lascia senza alcuna emozione quando passiamo davanti al complesso museale dell’Ara Pacis a Roma progettato dall’architetto Richard Meier.

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