Aprire

AprireStamattina, dopo una risveglio lento e quasi meditativo, ho lentamente aperto la porta del bagno. L’effetto dell’acqua sul viso e sul corpo è il primo contatto vero col mondo perchè la sua temperatura crea una differenza a pelle, sensibile. L’acqua, forse permette il mio primo vero contatto col mondo, che è contatto di differenze. Poi ho aperto la finestra. La luce era già nella mia stanza, la visione del mondo esterno l’avevo già avuta. Avevo già visto che era una bella giornata, ma aprire la finestra ti fa sentire l’aria. L’aria ti dà la certezza che quel che vedi al dià della tua finestra non è una scena finta, da Truman Show, ma è qualcosa di vero. Non tocca infatti solo la vista. L’aria ti tocca e entra nei polmoni. Senti perfino la differenza di temperatura tra te e il “fuori”, tra la stanza e l’esterno. Poi ho aperto il mio breviario, il mio libro di preghiera. Aprire un libro è un gesto strano. Il mio breviario è di 1900 pagine. È un mattoncino di carta india con i bordi di un verde elegante.

Il libro è uno strano oggetto: è qualcosa di compatto, chiuso in se stesso, ma che si può aprire senza che si rompa come un bicchiere o si sformi come il pane. E questo è molto strano. Il breviario è fatto di salmi e letture molto antiche. Sfogliandolo prima di arrivare alla pagina giusta è stato come attraversare millenni. Ho avuto la percezione di sfogliare un mondo, una storia. Migliaia di uomini vivono nel mio breviario. E questo mondo, per me credente, mi ha aperto a un linguaggio differente, il linguaggio con Dio, un linguaggio che rende presente ciò che altri avvertono invece assente.

Poi ho aperto la porta della mia camera. Facendo il solito percorso per andare a colazione ho visto che il mondo era dove lo avevo lasciato: i corridoi, le finestre, le scale. Ma oggi rispetto a ieri era mutato. Il sole aveva creato geometrie diverse rispetto a quelle di ieri sera, che erano formate da flebili luci elettriche. Così ogni giorno mi apro al mondo. E così incontro altri e per la prima volta posso aprire la mia bocca per salutare e dire ancora oggi: “buongiorno!” a chi incontro.

Molti credono che l’arte sia un dimorare presso se stessi, un gesto interiore che ci ricapitola e ci fa vivere in “una stanza tutta per noi” per cui l’artista è colui che si raccoglie e usa le parole per esprimere se stesso. Mi sono sempre chiesto se le cose stiano davvero così, cioè se l’arte sia un “gesto” interiore o se invece sia, diciamo così, “esteriore”, un modo di vivere. Le parole sono come i piedi che ci fanno entrare o come le mani che aprono con un gesto che è lo stesso di una stretta di mano. Sì, io credo invece che essere “artisti” significhi usare le parole, i colori, le note, come una mano che apre porte, finestre, libri…

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  1. RITA ha detto:

    Aprire implica un atto di volontà, che parte dalla mente per dirigere le mani e indurle a compiere il gesto, che dà concretezza ad un bisogno per lo più pratico. Ma aprire proviene anche da un afflato del cuore, che sospinge a costruire varchi, passaggi, sentieri dove richiamare e far accorrere gli altri, quelli che la quotidianità ci mette accanto o ci fa incontrare.Per tutto questo, teniamoci sempre bendisposti alle aperture, in qualsiasi moso si vogliano intendere.

  2. anonimo ha detto:

    Farsi prossimo
    Cancelliamo allora la linea divisoria tra i vicini e i lontani e diciamo che si debbono amare tutti, senza eccezione. È risposta nobile, certo; è risposta vera; ma non correrà il rischio di diventare risposta astratta? Che senso può avere amare i lontani che non vedo direttamente, che non disturbano le mie abitudini e non minacciano i miei beni? Sembra più difficile del previsto determinare il senso di quel comando: «Ama il tuo prossimo come te stesso».

    E allora Gesù ci racconta una parabola; è il suo metodo usuale per superare i punti morti della discussione. Ci parla, Gesù, di un uomo assalito dai briganti e lasciato lungo la strada “mezzo morto”; ci parla di persone religiose (un sacerdote, un levita) che passano, vedono il ferito e s’affrettano ad allontanarsi; ci parla, infine, di un altro viandante che prova compassione (e cioè sente la miseria del ferito come fosse sua), s’avvicina (il verbo va notato attentamente) e compie una serie di gesti premurosi che hanno lo scopo (e l’effetto) di salvare la vita del malcapitato. Il racconto termina con una domanda: «Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?» (Lc 10, 36). Abbiamo spostato l’interrogativo: non si tratta più di definire chi è il prossimo; si tratta di vedere come farsi prossimo di chi ha bisogno.

  3. Angela ha detto:

    Le nostre mani sono ciò che ci distinguono dagli animali (mi pare sia un pensiero di Giordano Bruno!): loro ci precedono nel nostro ‘inoltrarci’ nella realtà, in qualche modo cooperano a formarla o a modificarla. Sempre, a renderci partecipi, ad interagire con lei, protese, appunto, “ad aprire porte”. L’artista che si manifesta tale in qualche disciplina, ha per mani le sue specifiche virtù, intese come ‘abilità’ (arte deriva dal greco aretè che vuol dire, appunto, virtù; anche artigiano – colui che si differenzia da ‘non artigiano’ per una precisa attitudine – deriva da arte).

    Ma ciò che differenzia e individua l’artista, è quel senso di pienezza che LO ACCENDE della sua arte, l’esternazione delle sue virtù, LA LIBERTA’ di manifestarle e sentirsi, così, pienamente realizzato.

    Poche battute le mie, stimolate da un editoriale GRANDE, per tracciare quello che ritengo sia un sentiero: ognuno dovrebbe sentirsi – o procurarsi di esserlo – libero di attivare le sue abilità per essere artista del e nel suo vivere !

  4. Nira ha detto:

    “Aprire” può essere un aprire la finestra al mattino e riempirsi l’anima di azzurro e di brezza e volare con le rondini dimenticando la Vita. Ma un “aprire” diverso e ben più importante e profondo è il “darsi” agli altri, è dare al prossimo la possibilità di “entrare” nel tuo cuore più segreto. Peccato che sia così raro non ricevere un calcio sui denti!

  5. Paola Padula ha detto:

    Che bello, Antonio, questo tuo passo. E’ lirico, tanto. E’ personale. Una testimonianza vera, intima ed insieme larga della propria piccola grande parola dentro e nel mondo.

  6. leo ha detto:

    Fra la gente comune, quella che soffre, qualle sconosciuta al potere politico e culturale è finito l’ esistenzialismo soggettivo del ‘900 e della fede trascendente.

    Siamo di fronte ad un nuovo amaro Verismo, l’uomo nuovo promesso dal cristianesimo, oggi è una richiesta d’ incontro con Cristo in terra. Una richiesta trascendentale.Qui ora.

    Non un santino ma vivo e sofferente fra noi.
    Se non lo si incontra è la morte dell’anima non della psiche. E’ la morte di Dio, fra la gente comune e sconosciuta.Amara è la terra.

  7. lalla ha detto:

    Aprire:
    per me è iniziare con l’unire con fatica e sudore le pagine di questo libro… la Bibbia

    “Una pagina della Bibbia di Gutenberg trovata per caso sul retro di un vecchio breviario a Colmar.
    La scoperta è stata fatta da una assistente di conservazione della biblioteca municipale di Colmar che cercava per conto di una ricercatrice dei frammenti ebraici che avrebbero potuto trovarsi nelle rilegature.
    Si tratta di due pezzi di carta velina, utilizzati nel XVIesimo secolo da un rilegatore come contreplat sul rovescio della rilegatura di un vecchio breviario del XIIIesimo secolo, stampati con il carattere tipografico gotico specifico della bibbia di Gutenberg.
    Grazie a un facsimile della bibbia di Gutenberg la pagina ha potuto essere identificata. Si tratta di un estratto del libro del profeta Michea, stampato su due colonne.

    Capitare su questo “frammento di un tesoro dell’umanità” è stata “l’emozione della mia vita”, ha detto la scopritrice. Esistono ancora in tutto il mondo una cinquantina di queste bibbie realizzate a Magonza tra il 1452 e il 1455 sotto la responsabilità di Gutenberg, fra cui una decina su carta velina.
    La biblioteca si rivolgerà ad un esperto per distaccare questi frammenti e restaurare il breviario”
    1 giugno 2009

  8. anonima ha detto:

    “frammento di un tesoro dell’umanità” è stata “l’emozione della mia vita”, ha detto la scopritrice.

    Chi cerca trova!

  9. leo ha detto:

    “Aprire:
    per me è iniziare con l’unire con fatica e sudore le pagine di questo libro… la Bibbia”

    Per te, Lalla, “è fatica e sudore” aprire il libro?
    Pensa a quanta ne ha fatta Dio per scriverlo!

  10. Anonimo ha detto:

    “Dio è infinitamente buono”

  11. anonimo ha detto:

    con tutti?

  12. lalla ha detto:

    Volevo solo aggiungere che:
    si, ho studiato alcuni testi dalla Bibbia, ma quando ero all’università.
    Ho avuto l’onore di avere tra le mani alcune bibbie rare in greco e latino, del ‘500.
    Ma per il resto, nel parlare di Dio, ad esempio, mi rimetto a voi, che siete sicuramente più bravi di me.

  13. leo ha detto:

    Dio si fa conoscere ai semplici, non hai sapienti!
    Altrimenti Cristo non avrebbe parlato per parabole!

  14. magdala ha detto:

    “…si, ho studiato alcuni testi dalla Bibbia, ma quando ero all’università”.

    DAVANTI A DIO NON C’E’ BISOGNO DI FALSE MODESTIE!

    sAL 14,1-4b.5
    I puri di cure abiteranno
    nella casa del Signore.

    Signore, chi abiterà nella tua tebda?
    Chi dimmorà sul tuo santo monte?
    Colui che cammina senza colpa,
    agiste con giustizia,
    e parla lealmente.

  15. manu ha detto:

    Dante era un aristocratico per origine e per educazione, eppure…” scrisse in volgare”.

    De Vulgari Eloquentia (1304): scritto in latino, destinato ai dotti, soprattutto agli ecclesiastici, senza fini divulgativi. Lo scopo è quello di definire una lingua volgare che possa conseguire un’alta dignità letteraria, elevandosi al di sopra delle molte parlate regionali e sottraendosi all’egemonia del latino.

    Per Dante il volgare avrebbe dovuto essere, oltre che “illustre”, anche “cardinale” (come un cardine attorno al quale devono ruotare le minori parlate locali), “aulico” (degno d’essere ascoltato in una aula o corte regale), “curiale” (adatto all’uso di un’assemblea legislativa).

    Nella Commedia Dante usa il fiorentino.
    Dante è il primo e più grande dei poeti dealettali, venne sentito come tale dai maggiori scrittori vernacolari.

  16. gius ha detto:

    “l’uomo nuovo promesso dal cristianesimo, oggi è una richiesta d’ incontro con Cristo in terra”.

    «il motivo per cui la gente non crede più o crede senza credere (riduce ilcredere a una partecipazione formale, ritualistica, a dei gesti, oppure a un moralismo) è perché non vive la propria umanità [manca l’umano],non è impegnata con la propria umanità, con la propria sensibilità, con la propria coscienza, e quindi con la propria umanità».

    «Cioè, l’impegno nel cammino umano è condizione perché abbiamo a essere all’erta quando Cristo ci offre il suo incontro».

    Quando manca l’impegno della nostra umanità, il risultato è questo:
    abbiamo una fede che non è più religiosità. Abbiamo una fede che non risponde più come dovrebbe al sentimento religioso; abbiamo una fede cioè non consapevole,una fede non più intelligente di sé.
    (Giussani, Vivendo nella carne)

  17. Leo ha detto:

    Excuse me!
    Sono disgrafico non me ne accorgo subito degli errori!
    “Dio si fa conoscere ai semplici, non hai sapienti”!

    Correzione
    “non ai sapienti!

    E’ utile sapere che:
    “Ai” preposizione articolata composta da a + i] si usa davanti ai vocaboli che iniziano per consonante, che non sia s impura, gn. ps, x, z

  18. leonardo ha detto:

    «il motivo per cui la gente non crede più o crede senza credere (riduce ilcredere a una partecipazione formale, ritualistica, a dei gesti”

    “abbiamo una fede che non è più religiosità”

    (Leonardo da Vinci Codice Atlantico a 370)

    «Parleranno li omini alli omini che non sentiranno; aran gli occhi aperti e non vedranno; parleranno a quelli e non fie lor risposto; chiederan grazie a chi arà orecchi e non ode; faran lume a chi è orbo».

  19. Anna Maria ha detto:

    E quando non puoi aprirti, perché a nessuno interessa quello che fai?

  20. Manu ha detto:

    Ti sbagli, se sei credente, a Dio interessa sempre quello che fai, perchè Lui/Lei ( oggi si dice anche che Dio è pade e madre) passa attraverso di te:
    per l’amore che hai per te stessa, per il rispetto che porti alle sue
    creature, per le cose che ha creato.

    Noi non sappiamo quale sia il suo interesse per noi, e a volte ci sentiamo abbandonati.
    Come ti capisco!

    Se ci mettiamo in ascolto però ce lo fa capire e poi ci riempie di Grazie.

    A me per esempio interessa quello che fai e chi sei.Ciao

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