La creazione ha sempre a che fare col caos
[il seguente paragrafo è tratto da questo mio pezzo]
[…] Facciamo l’esempio di una intuizione «geniale» nella quale nulla sembra più al suo posto e che tuttavia non è puramente e vanamente caotica. La poetessa polacca Wisława Szymborska in una poesia della raccolta La fine e l’inizio immagina di vedere il cielo a partire da una finestra ideale che lei definisce senza davanzale, telaio, vetri. / Un’apertura e nulla più, / ma spalancata. E che cosa vede? Apparentemente un caos che capovolge il mondo: Il cielo mi avvolge ermeticamente / e mi solleva da sotto. E ancora: Friabili, fluenti, rocciose, / infuocate ed eteree, / distese di cielo, briciole di cielo, / folate e cataste di cielo. / Il cielo è onnipresente / perfino nel buio sotto la pelle.
Citando già solamente questi pochi versi comprendiamo come l’esperienza della Szymborska le permetta l’intuizione «geniale» della realtà del cielo inteso come una vera dimensione di vita. Il cielo non è più una «cosa» tra altre, una parte specifica e distinta del nostro mondo che sta lassù, in alto: il cielo diventa onnipresente, capace di trovarsi persino sotto la pelle. La poetessa dunque descrive un’esperienza per nulla chiara e assolutamente indistinta, che fa saltare la regola conoscitiva ordinaria per intuire che il «cielo» è non una cosa ma una dimensione di vita, cogliendo la ricchezza delle sue connotazioni.
Questa esperienza ha certo a che fare, dunque, col caos: nulla sembra più al suo posto. Occorre però stare attenti a non confondere la visione poetica della Szymborska con una descrizione confusa e vanamente caotica: essa, al contrario, potrebbe facilmente essere letta come una sorta di genesi del mondo, un’esperienza iniziale. È vero che la nostra percezione ordinaria delle cose è ribaltata, se leggiamo i suoi versi, ma è anche vero che sembra descrivere un nuovo inizio, una nuova visione. L’inizio è quel momento, forse impossibile da pensare, che ferma la confusione e fa partire un processo di ordinamento, di orientamento. È anche l’esperienza della Genesi che nel racconto biblico non è descritta come creatio ex nihilo, ma come un processo di distinzione lento, complesso ma deciso.
La persona geniale abita in quel momento creativo che è sempre a contatto con la confusione e il caos dell’indistinto, ma che si apre alla gloria della forma di un mondo nuovo, di un nuovo inizio1. Le idee geniali vivono al confine tra un caos indistinto e un nuovo ordine che si va formando, e il genio è colui che fa esperienza viva e reale della creazione, attualizzandola nella sua esperienza. Se poi il genio è un artista, valgono le parole di Romano Guardini: «in ogni opera d’arte sorge il “mondo”». Il caos lascia spazio a un cosmos. […]
sarebbe davvero il caso di insegnare ai ragazzi che l’ispirazione non piove romanticamente da qualche misterioso empireo poetico, ma è piuttosto “inalare la memoria di un atto mai compiuto”; che “l’invenzione, bisogna umilmente ammetterlo, non consiste nel creare a partire dal vuoto, ma dal caos”.
Silvia Albertazzi cita Jonathan Lethem sul n. 22 di Hamelin
secondo me tutto sta al suo posto, siamo noi che siamo difettosi, ma questo difetto può portare ugualmente a tante nuove creazioni!
laura