La bellezza ferisce
“Allora dico: non ci immaginiamo cose tanto strane/ ma guardiamo quello che ci sta vicino/ lasciamoci ferire dalla sua bellezza/ e nella sua sapienza riposiamo il cuore”. Con questi ultimi versi inediti dell’ultima lirica si chiude l’antologia, intitolata semplicemente Poesie, che racchiude il meglio della produzione a partire dal 1987 di Claudio Damiani una delle voci più pulite e forti della poesia italiana e contemporanea. La raccolta, curata da Marco Lodoli, che ha scritto anche una precisa quanto vibrante prefazione, offre il meglio di un poeta unico e ad un tempo “classico” nel panorama italiano. Muoversi tra i versi di Damiani è qualcosa che trasmette l’impressione di stare dentro la poesia latina o la poesia cinese (che per lui sono molto simili): il nitore e al tempo stesso il senso della terra che trasuda da ogni sua lirica fanno della lettura delle sue liriche un’esperienza singolare, concreta, vera.
Come tutti i grandi poeti Damiani parla non di tutto, ma del tutto, e lo fa attraverso un mondo piccolo, circoscritto, limitandosi a guardare “quello che ci sta vicino”, accanto, attorno: “Vorrei semplicemente descrivere/ quello che vedo, non altro” è l’incipit di un’altra poesia inedita, “mi piace camminare/ e mi piace guardare/ voglio guardare questi alberi quieti/ e pazienti, dalle belle fronde/ che vivono silenziosamente e respirano l’aria/ accanto a me […] oppure anche loro dormono/ senza sdraiarsi, stando in piedi, dormono/ uno accanto all’altro,/ stando semplicemente accanto.” Il mondo piccolo racchiude quello grande, anche nel senso di “eroico” (parola oggi forse scandalosa) perché, egli lo sa, lo riconosce, che “Bambini, voi siete qui chiamati per compiere/ un atto eroico, che è la vita” e la sua aspirazione è quella di “Raccontarti storie/ di eroi antichi./ Tenerti per mano e camminare, camminare/ fino al mattino”.
In questa contemplazione dell’atto eroico che è la vita, Damiani è colpito, dalla bellezza dell’ordine. Ciò che commuove il suo sguardo è la capacità di resistenza della realtà, che tiene nei confronti del caos che sempre rinnova i suoi attacchi, come in una guerra senza requie. A fronte di questa battaglia, Damiani opta per cantare l’ordine, la pulizia: “so vedere come è pulita la ghiaia/ nonostante quello che è successo”, afferma mentre sta solo nel suo giardino e quando ri-canta il mito di Filemone e Bauci sottolinea che quella casa “non fu allagata dal diluvio” ed è una “casa semplice di contadini,/ bianca, ordinata,/ con dei gerani alle finestre”. Poeta dell’ordine ma non inteso come chiusura ermetica, soffocante, al contrario questo giardino che resiste alla foresta sta a dire che la realtà è un luogo accogliente, dove ogni cosa trova il suo posto e anche il cuore può “riposare”; niente asfissia quindi ma respiro profondo (specie sulla montagna, che insieme al giardino e alla casa è un “luogo damianiano”), pronti per un’esplosione di vitalità, niente angustia perché il ritrarsi, magari in silenzio, è una modo per essere pronti, come un’ascesi in vista di una vita piena, felice, ora invisibile, che però ci attende: “Amore, su te la vita passa/ e cammini come tra i fiori./ Il Signore ti tiene in braccio/ come un bambino addormentato/ E tu aspetti, tenendo pulita la casa,/ rendendoti pronta come per uscire”.
Claudio Damiani – Poesie – Fazi, 2010, pp.168, euro 15,00
Il libro verrà presentato lunedì 27 settembre alle ore 21 presso la sala del cinema Nuovo Sacher
(il presente articolo, in forma ridotta, è apparso sul Foglio il 18 settembre 2010)
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