The Tree of Life: come una battaglia

"The tree of life", posterIl giorno stesso dell’uscita in Italia del film The tree of life ho deciso di andare al cinema a vederlo. E’ un capolavoro? Non lo è? Come se fosse importante etichettarlo o meno come tale. Più importante è quello che dice allo spettatore che vi si paragona sinceramente, cosa che vale con qualsiasi forma d’arte, sia le arti visive, che quelle letterarie o musicali. Per questo siamo tutti dei “critici”.
Quello che posso dire è che si tratta di un film che cerca di andare al cuore della domanda del cuore dell’uomo (la ripetizione è voluta). Perchè c’è il dolore, cosa ci faccio io qui in questo mondo, che legame ha la mia breve ed effimera vita con la storia dell’universo, esiste un Dio?
La cosa che ho portato a casa da questa visione è l’idea, secondo me dominante nel film, per cui in qualche modo misterioso la tua piccola vita possiede un legame con tutta la storia che ti ha preceduto e tutta quella che verrà dopo di te. E questo salva ogni istante che vivi. Il tuo dolore e la tua vita non sono un cortocircuito della natura senza senso. Nel film sono presenti almeno due lunghissime sequenze in cui si susseguono immagini della nascita dell’universo, di fenomeni naturali magnificenti, sole, vento, ghiaccio, tornado, lo spazio, i dinosauri perfino (con il rischio di apparire un’esagerazione).

Queste sequenze sono accompagnate da eccezionali brani di musica classica, e da frasi della coscienza dei protagonisti che si interroga sulle grandi domande. Il dolore dei personaggi è messo in relazione con tutto: anzi vale di più la domanda di un uomo che tutta la storia del mondo e l’immensità degli spazi. Forse non ho capito nulla del film, ma questo è quello che mi è sembrato volesse dire il regista.
Anche al visionario finale ho dato una mia interpretazione, che non discuto per non rovinare la sorpresa a chi non ha ancora avuto modo di vederlo.

In ogni caso, si esce dalla sala sfiniti, come dopo aver combattuto una dura battaglia. E si ha bisogno di silenzio, dopo un film come questo. Scava dentro di te, ribalta questioni che vorresti fare a meno di affrontare, essendo più comodo ignorarle. E questo è proprio vero. Mi ha infatti colpito che, dopo l’uscita dalla sala, io e Miriam siamo stati catapultati nelle vie del centro di Monza (il cinema si trovava lì) tra negozi, vetrine luccicanti con annessa gente in ammirazione, bar, aperitivi, chiacchere e divertimenti… entrambi abbiamo provato il senso di qualcosa che stonava; non era possibile, vorrei anche dire non era ‘giusto’, continuare a fare finta di niente, come se niente fosse, dopo che certe cose ti sono state messe di fronte chiare e drammatiche come sono. Che cosa è la vita? Mi è apparso evidente come il mondo cerchi di censurare certe questioni, come sia più facile ed ‘appealing’ distrarsi fin che si può.

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  1. Alberto ha detto:

    Anche io ho visto il film. Anche io mi ritrovo in quello che hai detto. Ma la mia attenzione si è fermata sulla ‘paternità’ espressa dall’attore Brad Pitt. Una paternità che con tutti i suoi limiti è una paternità presente. Un paternità che incide sulla vita adulta del figlio (Sean Penn). Un figlio che si pone le domande che “per cui in qualche modo misterioso la tua piccola vita possiede un legame con tutta la storia che ti ha preceduto e tutta quella che verrà dopo di te. E questo salva ogni istante che vivi. Il tuo dolore e la tua vita non sono un cortocircuito della natura senza senso”.
    Non solo la ‘paternità’, ma anche che la vita è più forte della morte (vedi il velociraptor che sta per schiacciare il piccolo dinosauro, ma poi lo grazia…),, una vita che acquista senso se è ‘condita’ dalla com-passione.

  2. Roy Bean ha detto:

    GRAZIE

  3. leonardo dini ha detto:

    il paragone più diretto è Inception con di caprio,e Matrix che ne è l’opposto ma anche L’humanitè di Bruno Dumont che ne è pendant di segno opposto la logica del confronto qui oscilla fra Severino e Onfray fra Pascal e Rousseau fra umanesimo integrale alla Garin o alla Maritain,si è detto pieno di effetti barocchi,un film preparato per 10 anni,un regista alla Pontecorvo autore di soli due films,un affresco sull’universo,su Dio,sul Tutto,come se questo riuscisse coerente con la mente umana.certo una domanda filosofica in forma di film su un albero che ha le radici nel big bang e la cima in Paradiso,per chi crede,o nel multiverso per i laici,consiglio due libri:Il grande disegno di Steephen Hawking e Per una nuova laicità di A.Scola per capire per dare un senso a questo film e alla sua filosofia.L.Dini filosofo della scienza

  4. Andrea Monda ha detto:

    L’unico paragone possibile con il film di Malick è, secondo me, quello con il famoso film di Kubrick 2001 Odissea nello spazio.
    In tutti i due film si compie un viaggio vertiginoso tra le Origine e la Fine. In tutti i due film i dialoghi sono ridotti al minimo, la musica è protagonista insieme alla potenza straordinaria delle immagini. Però se 2001 finisce con la nascita di un bambino, l’Albero della vita inizia con la morte di un bambino. E tutto il film è sulla dura e meravigliosa vita di una famiglia profondamente religiosa. Da questo punto di vista il film di Malick sembra 2001 girato però non da Kubrick ma da John Ford. Capolavoro e nuovo grande capitolo della storia del cinema..

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