Rilassiamoci!

In estate io penso di più. O, forse, mi sembra di pensare di più. Sarà a causa del maggiore tempo libero e del conseguente relax che d’estate si impone. È il momento dell’ozio creativo che già gli antichi conoscevano, l’otium contrapposto al negotium. L’attività abituale, quella che porta alla produzione, al commercio, finalizzata ad uno scopo, s’interrompe e si creano le condizioni perchè la creatività possa emergere. La mente non più compressa verso gli obiettivi del fare e produrre che ci assillano quotidianamente può finalmente dilatarsi, distendersi e quindi diventare accogliente, “capace” di ricevere tutti i pensieri che, come si suol dire, affiorano. Tempo libero, mente libera, sgombra dalla contorsione funzionale per cui tutto diventa strumentale a uno scopo. Solo in questo tempo, che spesso mette addosso un po’ di inquietudine, si può veramente “pensare”.

Ho in mente l’immagine dell’uomo che affiora a galla nel mare e si lascia cullare dall’acqua: si dice che fa “il morto”, ma non è che in realtà è più vivo lui del nuotatore che sa sempre dove vuole arrivare e solca il mare compiaciuto del suo sforzo e gesto atletico?

Si potrebbero benissimo bollare questi come “pensieri oziosi di un ozioso” omaggiando così un grande scrittore un po’ bistrattato come Jerome K.Jerome ma voglio rivendicare la mia tendenza all’ozio nel lungo periodo di vacanza che la scuola mi consente tra luglio e agosto. Dal 2000 insegno a scuola e praticamente da allora ogni anno ho passato questo periodo a “lavorare” dando seguito a quei pensieri che sono diventati spesso dei libri, saggi di varia natura, che non avrei potuto scrivere durante i nove mesi di attività scolastica (e non ho mai scritto nei lunghi anni di lavoro in banca che hanno preceduto il passaggio alla scuola). E’ proprio l’inattività a diventare propizia all’azione, feconda e generativa.

La parola che sto cercando è questa qua, una parola importante per BombaCarta e la sua storia: apertura. D’estate ci si apre per davvero cioè ci si apre non a “qualcosa” di specifico ma ci si apre e basta, fiduciosi che qualcosa av-verrà. Questa apertura libera e atematica è un segno qualificante di ogni essere umano. L’ho compreso proprio in questi pigri giorni in cui sto scrivendo un saggio su un tema che mi è stato proposto da un editore: come parlare di Dio oggi alle giovani generazioni? Spaventato dalla mole dell’argomento ho ripiegato su un taglio biografico e il saggio è diventato un testo quasi narrativo in cui racconto la mia esperienza di insegnante di religione. Mentre scrivevo mi rendevo conto che questa esperienza era ed è strettamente collegata con quella di BombaCarta e non solo perchè le due avventure sono partite in parallelo lo stesso anno, nel 2000, ma per tanti altri aspetti che le intrecciano indissolubilmente. Documentandomi e quindi studiando per scrivere qualcosa di sensato su un tema così imponente mi sono imbattuto nel saggio Pane e spirito del filosofo Silvano Petrosino e in particolare in queste tre rapide immagini che trovo ricche di significato: «Il cerchio, immagine perfetta dell’inarrestabile e monotona lotta per la sopravvivenza che inchioda e ordina tutto ciò che vive, non è pertanto un simbolo adeguato allo specifico modo d’essere dell’uomo. Quest’ultimo non è più un cerchio, egli è l’andante, il sempre aperto, è essenzialmente homo viator», «L’uomo non è chiuso (all’interno del mondo dei propri bisogni) ma aperto (da un desiderio che non è bisogno)» e infine «L’esistente esiste, il vivente vive, l’uomo abita; ma quest’ultimo abita proprio perchè è egli stesso abitato, perchè la stessa esperienza umana non può mai prescindere dal fatto che il soggetto, l’abitante, è a sua volta abitato da ciò che lo investe, dall’inquietudine di una eccedenza/alterità che egli in nessun modo è in grado di numerare, ordinare e porre sotto controllo».

Io sono costituzionalmente “aperto”, e d’estate direi di più, come se fossi un ambiente finalmente idoneo a ricevere delle visite. Vengo visitato e anche se non c’è nessuno che mi viene a trovare, “mi trovo visitato”, come se una forza facesse irruzione dall’esterno e dall’interno di me stesso. Mi trovo aperto ma a cosa sono aperto? Il filosofo milanese accenna la risposta per via negativa: una eccedenza/alterità che io non posso “numerare, ordinare e porre sotto controllo”.
Ho ritrovato in queste rapide annotazioni tanta verità, la verità dell’esperienza vissuta nella scuola e all’interno di tutti questi anni di BombaCarta e di questa verità vorrei continuare a discutere nella prossima stagione che si aprirà a settembre, una volta che termineranno i pigri giorni del mio fecondo e pensoso ozio estivo.

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