Fidanzata in coma

To E.

Nel ’98 usciva in Italia il romanzo dello scrittore canadese Douglas Coupland dal titolo Fidanzata in coma (Feltrinelli). Il titolo è ripreso da una canzone degli Smith: «Girlfrend in a coma I know, I know, it’s serious» e il testo è costellato da frasi tratte dai testi delle canzoni di Morrissey, il leader del gruppo. La copertina dell’edizione americana mostra il volto di donna evanescente e sfocato. La storia ha come protagonista un gruppo di ragazzi: Karen, Jared, Richard, Hamilton, Wendy, Pamela e Linus. Jared, una sorta di giovane dongiovanni, è colui che dà avvio al romanzo, ma in realtà nello sviluppo della trama è già morto durante una partita. La sua è come una voce dall’aldilà. La vita di questi ragazzi è semplice, spontanea, soprattutto senza fretta. Karen, improvvisamente, dopo alcune visioni inquietanti, cade in coma. Lascia i genitori, gli amici e soprattutto il suo ragazzo Richard in uno stato di apprensione che si arricchisce di ulteriori connotazioni quando si apprende che la ragazza è in cinta. Nascerà una bambina, Megan, senza che alla madre accada nulla di nuovo. Il tempo passa, la bambina cresce, il mondo cambia. I cinque amici rimasti passano dagli anni ’70 agli anni ’80 tra alcolismo, droghe, yuppismo per tornare sempre indietro, come in un terribile gioco dell’oca, senza concludere nulla: Pam e Ham si bucano, Wendy si butta anima e corpo nella routine quotidiana di lavoro massacrante, Linus vaga alla ricerca di un significato, Richard si limita ad ubriacarsi. Il racconto è in mano a quest’ultimo che descrive con cura le sue inquietudini e la sua situazione, i suoi pensieri e i suoi sentimenti nei confronti di una bambina che cresce e di una donna che cresce anche lei, ma è assente dal mondo della coscienza. Gli avvenimenti si susseguono come per inerzia e senza convinzione.

Dopo 6719 giorni, cioè nel 1997, Karen si sveglia miracolosamente: una vera e propria «epifania». Si guarda attorno, ma non riconosce più il «suo» mondo e soprattutto nota come nessuno abbia più tempo, tutto sia in preda a una accelerazione e a una efficienza intollerabile e vuota. Il pensiero corre subito al sottotitolo di Generazione X, il primo volume di Coupland: Storie per una cultura accelerata. Una generazione è passata, lei non ha vissuto il cambiamento e adesso osserva il presente con gli occhi del passato. Le utopie di quegli anni appaiono svanite: Karen si sente «lenta» e «antiquata» . L’unica dose di armonia e verità sembra essere data dalla tenerezza, dalla compassione e dalla gentilezza che Karen è in grado di suscitare, specialmente in Richard.

Ma dopo un po’, dopo tutta una sottile trama di presagi che sono spia dell’azione di «qualcosa d’altro» di trascendente, il mondo finisce: tutti gli uomini muoiono, colpiti da una sorta di epidemia che fa addormentare tutti. Si tratta dell’ «apocalisse di una società di plastica che ha fuso se stessa» . Avviene quasi in sordina, ma avviene e lascia uno spettacolo desolante, descrivendo il quale Coupland dimostra bene la propria capacità espressiva. Restano in vita solo Karen e i suoi amici. Soli. Senza sapere perché siano stati risparmiati e senza sapere fino a quando. Sarà Jared con le sue apparizioni che spiegherà cosa è accaduto e che prefigurerà una speranza tutta giocata sull’impegno si direbbe «missionario». Prima di ciò compirà nei confronti del gruppetto umano una serie di «miracoli» e di guarigioni. Il «Piano di Fuga», la speranza è questa: «Voi sarete diversi. Vi comporterete diversamente. Penserete in un altro modo. E gli altri si accorgeranno di come siete cambiati e alla fine arriveranno a vivere il mondo come voi gli mostrerete» . La strategia è quella del fare domande, del porre interrogativi su vite piatte e inutili: «Fate domande. Anzi, urlatele […] fuori dal Planet Hollywood, fuori dal palazzo della Borsa, fuori dalla boutique Gap» . Che cosa bisogna domandare? «Qualsiasi cosa vada contro i sistemi di pensiero vecchi e inutili» . Così Coupland parla di una spiritualità della ricerca senza cadere nel facile irenismo new age in cui cadono molti dei suoi coetanei in carriera. Non esplicita risposte, ma pone in questione i dogmi della tecnica, del lavoro e dell’efficienza .

Per il gruppo di amici la vita non sarà facile: «Voi sarete esiliati per l’eternità, fino alla fine dei vostri giorni vagherete per stazioni ferroviarie umide e fredde a sussurrare all’orecchio dei bambini idee strane riguardo l’esistere» . Karen si rende conto (anzi si ricorda di qualcosa già percepita durante il suo precedente stato di coma) di essere lei stessa l’incarnazione del «Piano di Fuga», senza il quale non si va da nessuna parte. Per questo dovrà tornare in coma; dovrà salire la vetta di una montagna (forse la stessa montagna in cui è caduta in coma la prima volta ) e, quando sarà arrivata in cima, il mondo ritornerà ad esistere. E così accade. Ed ecco la convinzione di Richard, le ultime parole del libro: «Noi diventeremo adulti e ditruggeremo un sistema stanco e ormai finito. Noi ci faremo strada strisciando, con i denti e le unghie, fino a raggiungere un mondo nuovo e radicale. Noi trasformeremo menti e anime di pietra e plastica in lino e oro. Questo credo. Questo so».

Con questo bel libro Coupland traduce bene le parole che aveva scritto in La vita dopo Dio e le attribuisce ad una generazione intera: «Ho perso la capacità di ritrovare le sensazioni della mia gioventù, molto più pure, per dedicarmi anima e corpo a una grettezza e una meschinità con cui mi illudevo di “arrivare in cima”. Che ridere». Continuava Coupland in un testo che appare indispensabile per compendere Fidanzata in coma: «A volte mi addormento con il desiderio di fondermi all’universo nebbioso dei sogni e non tornare mai più nel mondo reale. A volte ripenso alla mia vita e rimango stupito nel pensare a quanto pochi siano stati i miei gesti compassionevoli. A volte penso che dev’esserci per forza un’altra strada da poter imboccare, una strada che allontani da quel tipo di persona che sono diventato contro la mia volontà o per inerzia». Il «piano di fuga» è inciso in queste parole:  «Il mio segreto è che ho bisogno di Dio, che sono stufo marcio e non ce la faccio più ad andare avanti da solo. Ho bisogno di Dio per aiutarmi a donare, perché sembro diventato incapace di generosità; per aiutarmi ad essere gentile, perché sembro ormai incapace di gentilezza; per aiutarmi ad amare, perché sembro avere oltrepassato lo stadio in cui si è capaci di amare». Nella visione apocalittica restituitaci da Fidanzata in coma cogliamo nella figura di Karen una tensione di salvezza che non può essere ignorata. Cogliamo inoltre tutto il sapore di una volontà di radicale rinnovamento delle ragioni e dei modi dell’esistere alla luce di espressioni, immagini e toni che servono da monito per chi crede che basti far parte di una Generazione X (il famosissimo titolo di un altro libro di Coupland) qualunque per essere veramente esseri umani.

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  1. Maurizio ha detto:

    la canzone è spettacolare…

  2. Rosa Elisa Giangoia ha detto:

    Non so se questa narrata nel romanzo sia una vicenda vera, ma vorrei dire che oggi assistiamo ad un’amplificazione enorme, attraverso i media e anche i testi, di situazioni che condivise nella realtà sono forse diverse e più semplici. Io lo dico perché nei miei ormai lontani anni del liceo mi sono trovata ad assistere all’ esperienza di un mio compagno di scuola, precipitato con la macchina dai tornanti di Courmayeur e rimasto poi in coma per molti mesi, durante i quali si andava a parlargli, ma soprattutto gli era vicino con affetto, amore e dedizione immensi la sua mamma che l’ha riportato alla vita una seconda volta e che ha poi scritto su quest’esperienza un romanzo (Minnie Alzona, “Coma vigile”, Rizzoli). La dedizione e la fiducia sono state ricompensate dal risveglio e dal ritorno alla vita, piena e soddisfacente (due lauree, il matrimonio con la fidanzata che era con lui al momento dell’incidente, cattedra all’università, figlie e nipoti). Io ancora oggi, essendo stata vicina a queste persone, sono sicura che l’artefice di tutto è stata la mamma (una donna forte e generosa), con il suo grande amore, perché nell’esistenza l’amore è la cosa davvero importante.

  3. Roberto "Fox" ha detto:

    Rosa Elisa

    L’amore di una mamma, le preghiere, gli stimoli sonori e tattili che riceve una persona in coma fanno molto bene a chi li fa.

    Purtroppo (o per fortuna) il risveglio e’ un processo molto democratico e poco teleigenico.

    Dipende dal tipo di lesione piu’ che dalle qualita’ morali, spirituali e canore dei cari.

    Non e’ mai un risveglio miracoloso, inspiegabile e improvviso ma sempre naturale, prevedibile e graduale.

    Mamma : risveglio comatoso = Medico omeopata sta :
    cura tumore

    P.S. Coma-vigile e’ un ossimoro dato che ‘Coma’ vuol dire ‘mancanza di vigilanza’

  4. Antonio ha detto:

    La grandezza della letteratura, come ho detto e scritto una infinità di volte, consiste nel fatto che ci apre alla nostra vita dandoci chiavi di lettura, aprendoci mondi che non vediamo. A me quel bel libro di Coupland è piaciuto per questo. E ieri mi sono ricordato di questa riflessione che, in maniera un po’ più ampia, avevao fatto ormai 10 anni fa. E mi sono accorto di quanto fosse valida anche per me oggi per capire quel che accade.

    La letteratura è “Abitare nella possibilità” (da qui il titolo del mio libro) perchè buca il razionalismo del probabile per far vedere le cose in maniera che, sebbene addirittura fantastica, ci abilita a vivere e a capire il nostro mondo.

    Rosa Elisa nel suo commento sta solo riconducendo l’uomo alla sua umanità più radicale. Quella che, ad esempio a cui ripugna in ogni caso l’idea che una persona umana muoia da sola e come una prugna secca, circondata dall’unico conforto che il suo protocollo di disidratazione è stato portato a termine correttamente. E questo, davvero, al di là di ogni retorica della vita e della morte.

    Rosa Elisa sta dicendo che dedizione e amorevolezza sono richieste sempre da un essere umano, qualunque stato egli viva di consapevolezza, qualunque lesione viva nel suo corpo. E sta parlando di un mondo dai confini labili. La fiducia che Roberto mostra nelle equazioni che pone mi hanno fatto venire in mente alcuni casi che forse è meglio vedere direttamente:

    http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/06_Giugno/02/Polacco_coma.shtml (o, se preferite la BBC: http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/6715313.stm)

    http://www.guardian.co.uk/world/2000/jan/05/julianborger1

    http://www.cnn.com/2003/US/South/07/07/mute.no.more/index.html

    In ogni caso la letteratura vive proprio di questo, non di probabilità, ma di possibilità. E Coupland mi ha colpito anche per questo.

  5. laura ha detto:

    Io trovo molto surreale il fatto che il racconto vada a finire bene, infatti per il 99 per cento dei casi il paziente muore. E mi chiedo, e se invece si fosse parlato di un caso tipo, come quello di Eluana Englaro, ad esempio, il lettore avrebbe capito fino all’ultimo? Avrebbe seguito la trama? Io non sono atea ma credo che l’animo umano sia portato ineluttabilmente a cercare la vita, non la morte: ma dopo di cui c’è ancora qualcosa…!

  6. Roberto "Fox" ha detto:

    Antonio: premesso che anche a me “ripugna l’idea che una persona umana muoia da sola e come una prugna secca, circondata dall’unico conforto che il suo protocollo di disidratazione è stato portato a termine correttamente” mi permetto di auspicare da parte tua una maggiore ragionevolezza su queste questioni. Citare il Corriere, la BBC, la CNN, the Guardian per supportare delle bufale alle quali e’ facile che un giornalista creda non ti fa onore.

    Chi di link ferisce di link perisce
    http://www.clicmedicina.it/pagine%20n%2028/no-coma.htm

    http://www.brainmindlife.org/afasiacomamedia.htm

    da quest’ultimo
    —–
    La notizia è falsa o, meglio, erronea.

    Informandosi presso la dottoressa Joanna Hensel, direttrice dell’ospedale di Dzialdowo dove è stato curato e seguito il paziente, si è appreso che Grzebski, dopo la fase traumatica acuta, ossia fin dal 1990, era in grado di partecipare alla vita familiare pur con limitazioni motorie ed un difetto delle facoltà di comunicazione verbale riguardante sia il versante recettivo che quello produttivo e diagnosticabile come afasia globale (si veda anche la voce “Afasia” nella rubrica “Alfabeta”).

    (…)

    Come sia stato possibile scambiare per un coma un’afasia in evoluzione positiva, è difficile dirlo, anche perché le imperscrutabili vie dell’ignoranza e della mistificazione si perdono spesso le une nelle altre senza soluzione di continuità.
    —–

    Mi chiedo come dopo anni ci siano persone che ancora ci cascano come polli in apparente buona fede.

    La corteccia cerebrale di Eluana era devastata. Chi invece si risveglia dopo qualche anno esce da uno stato detto di “minima vigilanza”. Mi dicono che e’ relativamente facile capire se una Risonanza Magnetica appartiene al cervello di una persona in stato vegetativo che si potrebbe risvegliare o di uno che non puo’. I medici e i genitori di Eluana sapevano quello che i giornali non sanno.

    La letteratura vive di possibilita’ ma un cattolico responsabile ed attento al bene comune non si puo’ attaccare a possibilita’ improbabili e alla speranza dell’improbabile ‘miracolo’ in grando di esorcizzare l’umana paura della morte. La speranza cristiana “è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità” pare invece che per molti porporati non sia cosi’.

    Roberto “Fox”

    Fare catechismo ad un Gesuita… mi tocca (sorriso)

  7. Rosa Elisa Giangoia ha detto:

    Io portavo la testimonianza di una vicenda di quasi cinquant’anni fa, quando le possibilità diagnostiche di oggi non si potevano neanche immaginare. Noi allora abbiamo pregato e sperato e il nostro amico oggi è ancora con noi.

  8. Antonio Spadaro ha detto:

    Roberto, credo che tu abbia compreso che stiamo facendo due discorsi diversi. Tu mi dai del “gesuita”, che dovresti sapere è sinonimo di uno che, se pure svicola, lo fa per prendere meglio la mira sul punto… E lo fai perchè mi “accusi” di non fare il tuo discorso.

    Ok, assumo che tu escludi ciò che mi chiedi. Mi chiedo se tutti i medici sono daccordo con te. Cercherò di capire se davvero è così, anche se non è questo che mi preme di più.

    Non è certo su una remotisima (seppure reale) possibilità di ripresa della coscienza che si fonda la mia riflessione!! Spero che tu non mi ritenga così stupido…

    Semmai la mia domanda è: una persona in stato detto “vegetativo” è automaticamente un vegetale o resta un essere umano fino alla fine? E’ questa la domanda di orizzonte che a me preme davvero.

    Ragiona un po’ su cosa è accaduto su questo blog: io ho postato un commento a un libro di 10 anni fa, un romanzo. Questo romanzo mi è venuto in mente il giorno dei funerali di una donna in stato detto “vegetativo” che è morta rinsecchita come una prugna e sola come un cane. E il contrasto tra le due storie mi ha fatto pensare. A te ha fatto scandalizzare.

    Ma in quel commento in realtà c’entro più io che Eluana, mai citata. Non ho volutamente scritto nulla su una vicenda complessa da decifrare e delicata sulla quale è meglio stendere un velo di pietà, a questo punto. E questo tu non l’hai capito, tutto teso a salvaguardare la plausibilità di un protocollo di disidratazione più che all’orizzonte di senso nel quale per me quel protocollo si è ficcato e che il romanzo di Coupland mi ha suggerito.

    Tu difendi la realtà di ciò che incontrovertibilmente è accaduto, io cerco di interrogarmi, grazie a una storia, su cosa significa per me ciò che è accaduto.

  9. Roberto "Fox" ha detto:

    Antonio

    ho scritto

    >La speranza cristiana “è la virtù teologale per
    >la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita
    >eterna come nostra felicità” pare invece che per
    >molti porporati non sia cosi’.
    >
    >Roberto “Fox”
    >
    >Fare catechismo ad un Gesuita… mi tocca (sorriso)

    Tu hai risposto:

    >Tu mi dai del “gesuita”, che dovresti sapere è
    >sinonimo di uno che, se pure svicola, lo fa per
    >prendere meglio la mira sul punto…

    Io non ti ho dato del “gesuita”. Tu, da 2007, sei un gesuita “full optional” (quindi anche “perinde ac cadaver”) al quale ho spiegato cos’e’ la speranza usando il catechismo della chiesa cattolica giacche’ pare di notare una non ortodossa paura della morte.

    Mi pare questo un fatto verificabile e falsificabile.

    Inoltre io non accuso te di non fare il mio discorso relativo alle possibilita’ di recupero di una vita “piena e soddisfacente” (brutta espressione, molto soggettiva) dopo qualche anno di stato vegetativo. Semplicemente ti invito ad essere piu’ responsabile e meno “ac cadaver” su fatti facilmente verificabili.

    Ti spiego perche’ le bufale giornalistiche su temi cosi’ delicati sono molto pericolose attraverso un esempio ipotetico ma plausibile.

    Anna ha un figlio di nome Andrea, in stato vegetativo da pochi mesi. Anche Paolo, il figlio di Francesca, e’in rianimazione. 4 settimane dopo Paolo inizia a svegliarsi; Andrea invece no. Di chi e’ il merito? Delle preghiere, della dedizione, della fiducia/speanza o della gravita’ delle lesioni? Non e’ incivile far pensare ad Anna che se avesse fatto sentire al figlio la musica giusta, la preghiera e la carezza piu’ profonda avrebbe potuto aiutarlo a riprendere una vita “piena e soddisfacente” ossia ricca di successi sociali (laurea, famiglia, figli..)?

    Non sono discorsi di un moralista ma di chi in anni ha conosciuto solo Anne mentre sui giornali si parla solo di Francesche; di uno che sa quanta sofferenza nascosta c’e’ nelle terapie intensive/rianimazioni e quanto le favole allontanano dalla dura realta’.

    Riguardo la mia affermazione: “e’ relativamente facile capire se una Risonanza Magnetica appartiene al cervello di una persona in stato vegetativo che si potrebbe risvegliare o di uno che non puo’.”

    Verificala pure ma non col tuo medico-dentista o con un giornalista della CNN. Un neurologo in grado di motivare la risposta grazie ad un paio di articoli pubblicati da una rivista di neurologia con Impact Factor alto basterebbe.

    Mi chiedi se “una persona in stato detto “vegetativo” è automaticamente un vegetale o resta un essere umano fino alla fine?

    “Numquam nega raro adfirma distingue frequenter” direbbe un gesuita. Io non lo sono ma credo anch’io che e’ necessario distinguere. Lo stato vegetativo (detto anche impropriamente coma-vigile o morte corticale) si presenta in vari modi. Per farla semplice i neuroni morti della corteccia (ovvero la parte “umana” del cervello) possono essere una percetuale che varia dallo 0% (cervello con corteccia sana) al 100% (morte corticale)

    Alla tua domanda rispondo, gesuiticamente, con 5 domande.

    1) Una persona il cui cuore non batte e’ viva? Se e’ viva e’ un essere umano?

    2) Una persona il cui elettroencefalogramma e’ piatto da 48 ore e’ viva? Se e’ viva e’ un essere umano?

    3) Una persona la cui corteccia cerebrale e’ all’n% morta (*) e’ viva? Se e’ viva e’ un essere umano?

    4) Una persona in stato vegetativo da 5 anni e n% di corteccia morta e’ viva? Se e’ viva e’ un essere umano?

    5) Una persona in stato di coscienza minimale da almeno 5 anni e’ viva? Se e’ viva e’ un essere umano?

    Su questo blog e’ accaduto che in seguito alla recensione di un romanzo in cui e’ descritto il risveglio dopo 6719 giorni di una persona (il riferimento a Eluana era chiaro, tu stesso l’hai ammesso) hai indotto Rosa Anna a parlare di un cosa completamente diversa (50 anni fa le rianimazioni, in Italia, manco esistevano) e dire “La dedizione e la fiducia sono state ricompensate dal risveglio e dal ritorno alla vita, piena e soddisfacente”.

    Io non sono scandalizzato ma stupito e basito dal fatto che tu stesso sembri incapace di discernere fra bufale/leggende urbane e realta’.

    Tu sei libero di usare qualsiasi storia per interrogarti, ma quando in base alle storie che tu segnali, la gente parla e ragiona sei anche responsabile di quello che scrivi.

    In estrema sintesi la storia attraverso la quale ti interroghi e’ plausibile o per quello che ora sappiamo e vediamo e’ pura fantasia?

    Roberto “Fox”

    P.S. Il tuo interrogarti su cio’ che e’ accaduto sarebbe stato diverso se Beppino fosse stato a Udine? Se l’applicazione della sentenza fosse avvenuta in modo piu’ discreto? Oppure hai ricevuto ordini dall’alto per cui devi credere obbedire e combattere

    (*) determinabile attraverso esami quali PET e NMR funzionale.

    Le mie risposte sono:

    1) no
    2) no
    3) dipende da n%
    4) si, dipende da n%
    5) si, sempre

  10. Antonio ha detto:

    Mi sembra proprio chiaro che stiamo facendo due discorsi diversi… sebbene entrambi interessanti.

    In ogni caso il tuo tono da “ordini dall’alto” e il vagheggiamento di simili fantasmi rendono ormai la discussione inutile. Chi scredita colui col quale si discute (ormai sport nazionale, vedo) non vuole il dialogo, ma solo aver ragione.

    Se vuoi, leggiti il libro di Coupland. Non è un capolavoro, ma ne vale la pena.

  11. Roberto "Fox" ha detto:

    Forse, anzi sicuramente, sono sembrato saccente e testardo. Di cio’ mi spiace molto anche perche’ constare che annoiarti e irritarti e’ stato il risultato del mio intervento capisco di aver perso tempo.

    Quello che mi preme dire, e sai che lo dico con il cuore e con il sangue, e’ che su queste cose non si puo’ essere leggeri e superficiali.

    Lungi da me l’idea di screditarti. Ho letto molte cose scritte da te e su te, presenti in rete e sono consapevole della tua rara apertura, ragionevolezza e autoironia per cui mi sono permesso di dire cose urticanti.

    Fine dei complimenti… mai fatti tanti e cosi’ pubblici.

    Ti prego di rileggere con questa consapevolezza il mio precedente post e di rispondere alle domande piu’ interessanti.

    I nostri argomenti come le nostre esperienze di vita sono perpendicolari ma proprio per questo si incrociano e si incontrano.

    Ahime’ so di essere poco tollerante verso chi alimenta speranze riguardo risvegli improbabili dopo 2000, 4000, 6719

    ‘notte

  12. Antonio ha detto:

    Roberto, grazie per le tue parole. Non sei sembrato nè saccente nè testardo. Hai “semplicemente” deto che io non dico quel che penso, ma quello che “altri” vogliono che io dica. Ti assicuro che questo è decisamente… molto peggio… Comunque so della tua reale stima e questo mi basta.

    Sappi che ho letto con estrema consapevolezza il tuo post. La cosa più “peculiare” che trovo è la tua riflessione sul fatto che il mio commento al romanzo di Coupland abbia potuto indurre Rosa Elisa alla sua riflessione. Ehi! Sarebbe come se nel 1856 i suoi contemporanei avessero accusato Jules Verne di aver fatto loro credere col romanzo “De la Terre à la Lune” che l’uomo sarebbe davvero un giorno andato sulla Luna…

    Posto ciò (che poi è la cosa più importante che mi premeva dire), sappi che io non sono un medico e le opzioni scientifiche, come sai meglio di me, non sono sempre state univoche sul tema (soprattutto in ordine all’espianto degli organi). Se tu chiedi come io la penso eccoti soddisfatto: per me è importante confrontare i dati offerti dalla scienza con una visione uni­taria della persona che rispetti la sua dignità. Per me è ok il criterio neurologico di accer­tamento della morte, cioè la cessazione *totale ed irre­versibile* di ogni attività encefalica.

    Ma mi raccomando! Non accusare più Verne di follia se immagina un viaggio dell’uomo sulla Luna, nè Dante se fa credere ai suoi poveri lettori che esiste un Paradiso! Mi raccomando!

  13. Gianni De Martino ha detto:

    No, no, un momento Roberto. Non confondiamo i fatti con le storie. Inchiodati come vegetali sul letto di morte… siamo soli? O chi ci sta accanto ci porta conforto ?
    “Perché avete paura? In fondo sono io che muoio!” È così che una giovane infermiera, che stava morendo per un tumore, si rivolse alle sue colleghe. Come dire : « aspettate! Voglio semplicemente sapere se ci sarà qualcuno a tenermi la mano quando ne avrò bisogno. Se noi potessimo solo essere sinceri, ammettere le nostre paure, toccarci l’un l’altro. Dopo tutto, la vostra professionalità ne verrebbe davvero minacciata? Allora non sarebbe forse tanto duro morire all’ospedale… perché uno avrebbe degli amici”.
    ( Lettera citata da E. Kübler-Ross in La morte, dernière étape de la croissance).

    Storie. Non confondiamo le acque. Non era neanche un capolavoro. Era solo una storia forse capace, chissà, di aprire su un’altra scena : una scena possibilmente più tenera, compassionevole e gentile di quella ordinaria schifezza verificatasi in questi giorni – al seguito del protocollo terminale applicato, « in un quadro di legalità giuridica », da una banda di sinistri volontari ad Eluana Englaro.

    Vorrei osservare che quello che colpisce nel discorso del signor Roberto « Fox » è il tono sornione e maldicente con cui enfatizza razionalità orizzontale e inalbera i fatti (« fatti », come si dice nel gergo dei drogati) per darli in testa ad Antonio che racconta una storia per immaginare spazi più liberi e consapevoli, non limitati dal protocollo di routine.
    « Ordini dall’alto ? ». Lo si direbbe, il « Fox », un classico esempio di spirito supponente… « con Impact Factor alto ».

    Antonio, al quale va interamente la mia solidarietà e gratitudine, sa difendersi molto bene da solo, con sobrietà ed equilibrio. Ma vorrei aggiungere che Amore, Angoscia e Sublime restano dei misteri sulla terra della follia e della fede. E che la luce, se non l’ “ordine”, viene davvero dall’alto.
    In nome della fedeltà alla vita, più fedele di quanto noi, ciechi illuminati, non lo siamo a noi stessi, non si può che parlare follemente – allo stesso modo in cui si fa poesia, si fa musica, o si raccontano storie che aprano, chissà, a spazi di non-morte.
    Insomma, ancora una volta, inchiodati come vegetali sul letto di morte… siamo soli? O chi ci sta accanto ci porta conforto… ancorché tardi ad amare e a morire ?

    In ogni caso, per interrogarsi sulla vita , sulla morte e la complessità dell’umano, o di quello che oggi ne resta, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno sono i quiz. Specialmente se usati, nel loro insopportabile connubio di supponenza, di provocazione e di mediocrità, per mettere a tacere, insieme al supposto « bieco gesuita » ( Joyce ? ) , le molte storie possibili, o anche impossibili.

    P.S. Non ti voglio mortificare, Roberto, capisco la tua “poca tolleranza verso chi alimenta speranze riguardo risvegli improbabili dopo 2000, 4000, 6719”, ma questo non era certamente il caso di Antonio.
    Quanto alla speranza in generale, è vero, sembra quell’erbaccia che cresce ai bordi dei cimiteri e dei tanti campi di sterminio del Pianeta in bilico, d’altra parte forse se chiamiamo “erbaccia” la speranza, è forse perché, come per certe erbe o “vegetali” in coma, non ne conosciamo tutte le virtù. :-)

  14. Roberto "Fox" ha detto:

    Antonio:

    Non hai capito il motivo della mia reazione se paragoni

    risveglio romanzato (18 anni): risveglio figlio Minnie Alzona (molti mesi) a Jules Verne : Apollo 11

    Se un romanzo di Asimov narra che fra 2000 anni l’uomo colonizzera’ la Via Lattea non mi cambia nulla dato che io non baso su questa speranza/sogno la mia vita, ma se insinui che possa essere plausibile e reale la favola del “risveglio e del ritorno alla vita, piena e soddisfacente (espressione offensiva per molti ‘survivors’)” dopo 6719 giorni di stato vegetativo
    io mi incavolo nuovamente. giacche’ hai detto una cosa palesemente falsa.

    Solo mons Fisichella confonde distrattamente 19 mesi con 19 anni riguardo a risvegli.

    Fammi il nome di un neurologo (non di un prete o di un antropologo) che ritiene possibile e documentabile un risveglio da stato vegetativo dopo i 10 anni.

    Su queste cose non si scherza e non si ingannano le persone. Ne’ in buona ne’ in cattiva fede. Ricominciare daccapo con alcuni milioni di neuroni e assoni in meno e’ assai difficile… figuriamoci se questi sono decine di miliardi (si stima che siano 100 miliardi i neuroni di un cervello sano).

    Antonio… inizialmente ero solo un po’ seccato per la risposta ‘da libro cuore’ di Rosa Elisa. La rabbia, forse eccessiva ma vera e’ nata quando tu hai tirato fuori la bufala del polacco in coma.

    Hai scritto: “Mi chiedo se tutti i medici sono daccordo con te. Cercherò di capire se davvero è così…” fallo per non continuare ad illudere.

    Ultima cosa… da 40 anni il criterio neurologico di accer­tamento della morte, cioè la cessazione *totale ed irre­versibile* di ogni attività encefalica ma prima non era cosi’… dillo anche ai tuoi amici dell’osservatore romano ed a Lucetta Scaraffia in particolare che vorrebe rivedere questo criterio.

    Ma forse non e’ bene dirlo giacche’ tutta la Chiesa, dal Papa in giu’, crede a favole sui risvegli… strano!

    Chi ha detto che Eluana non era viva? La domanda e’ quanti dei 10-100.000.000.000 neuroni bastano perche’ si abbia anche la vita umana oltre che qulla biologica.

    ‘notte

    Roberto

  15. Antonio ha detto:

    ecco, siamo arrivati al punto che 1 neurone in più o in meno (chi infatti può dire esattamente quanti?) determina il fatto che io sia o no un essere umano. Questa è davvero una bella notizia :-( Ecco che accade quando la fede nella scienza diventa cieca e manca un orizzonte antropologico.

    Preferisco a questo punto credere alle favole. Mi sembrano più “vere”… La risposta “da libro cuore” di Rosa Elisa, come tu la definisci, salva la mia umanità. E questo è quel che mi importa adesso.

  16. Roberto "Fox" ha detto:

    Io sono ostinatamente laico ma profondamente e sinceramente religioso. Diversamente da te pero’ sento la fede nella scienza piu’ lungimirante e credibile.

    Libero di non pensarla come me e di preferire le favole che salvano la tua umanità ma ricorda che quella medicina, quel PC, quella terapia sono figlie della fede nella scienza.

  17. Antonio ha detto:

    no, di più, molto, molto di più: non basta dire che la medicina è figlia della scienza. Occorre (a mio avviso) agggiungere che la tecnologia e la scienza sono espressione e “prova” della spiritualità dell’uomo. E’ da questa scissione (che mi sembra di cogliere velatamente nelle tue righe, ma fose sbaglio… almeno lo spero) che nasce il problema.

    N.B. Per questo dico che per me New York è la città più spirituale del mondo. E passaggiare per le sue strade per me è come stare nella foresta annessa a un monastero…

  18. Roberto "Fox" ha detto:

    >E’ da questa scissione (che mi sembra di cogliere
    >velatamente nelle tue righe, ma fose sbaglio…
    >almeno lo spero) che nasce il problema.

    Bingo! Sei proprio un fine psicologo… mi fermo qua perche’ stiamo andando parosamente fuori tema.

  19. silvana ha detto:

    Liberati dal dubbio che il messaggio cristiano possa essersi diffuso per implicazioni di carattere sociale/emotivo, focalizzare l’attenzione su quell’ ”evento straordinario”, sulla cui veridicità tutto tiene o cade, non è da “libro cuore” ma l’apertura alla “possibilità” che la scienza tenta di negare in nome della ragione. Per dirla con Pascal, “il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”. Laddove le ragioni del cuore non sono certo da relegarsi tra gli espedienti consolatori. Il messaggio cristiano non fonda la sua predicazione sull’evento miracoloso, va pur detto però, e senza imbarazzo, che la sua diffusione è il risultato di testimonianze oculari di un evento “incredibile”.
    Alcuni medici, in quel di Calanda (Spagna) furono testimoni di un evento che valica ogni confine della razionalità: protagonista un giovane, un certo Miguel Juan Pellicer al quale qualche anno prima era stato amputato un arto inferiore. Tale arto, oggetto di sepoltura, in una notte di marzo del 1640, si ritrovò restituito al legittimo proprietario.
    Giustificati nell’ abbracciare il dubbio, ignorarlo totalmente, non indagare sufficientemente è l’atteggiamento di una ragione irragionevole.

  20. Roberto "Fox" ha detto:

    Cara Silvana, non voglio fare la parte del freddo razionalista, dell’incredulo, del diffidente, del positivista, di quello che vuol ridurre ad esperienza sensibile il messaggio delle verità evangeliche.

    Il mio parroco dice che io sono cattolico pur sapendo che io non credo minimamente ai miracoli “rumorosi”. Alle gambe che ricrescono, ai sangui che si sciolgono, alle madonnine che piangono, ai risvegli e alle guarigioni inspiegabili proprio non credo. Non perché sono prevenuto… anzi da ragazzo ci credevo. Purtroppo pero’ la vita mi ha fatto crescere.

    Nel credo che ripeto la domenica a messa non si parla di queste cose. I miracoli a cui credo sono quelli che vede padre Antonio passeggiando per New York o tutti noi respirando. Non ti conosco ma permettimi un consiglio: non basare la fede su dei fatti. E’ una fede povera quella che necessita di segni e prodigi. I miracoli “rumorosi” non esistono. I miracoli veri sono “silenti”.

    Vero padre Antonio?

    P.S. I santi gesuiti hanno fatto miracoli? Ricordo a Manresa in Spagna un capitello in onore di una gallina rianimata dal giovane Ignazio… ma mi pare pochino rispetto ai colleghi!

  21. silvana ha detto:

    Signore, non ti prego per la mia salute né per la mia malattia, né per la vita o la morte, ma invece che tu voglia disporre della mia salute e della mia morte per la tua gloria e per la mia salvezza. Tu solo sai ciò di cui ho bisogno. Tu solo sei il Signore. agisci secondo la tua volontà.

    Blaise Pascal

  22. Roberto "Fox" ha detto:

    Silvana, visto che stai cercando di dire (pare) che l’uomo non deve preferire la morte alla vita ma deve lasciare questa decisione a Dio (e non ad altri uomini che si ritengono interpreti infallibili della volontà divina), permettimi di citare una frase simile a quella del grande Pascal che e’ alla base della spiritualita’ Ignaziana.

    “L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e così raggiungere la salvezza; le altre realtà di questo mondo sono create per l’uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato. Da questo segue che l’uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutano per il suo fine, e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo. Perciò è necessario renderci indifferenti verso tutte le realtà create (in tutto quello che è lasciato alla scelta del nostro libero arbitrio e non gli è proibito), in modo che non desideriamo da parte nostra la salute piuttosto che la malattia, la ricchezza piuttosto che la povertà, l’onore piuttosto che il disonore, una vita lunga piuttosto che una vita breve, e così per tutto il resto, desiderando e scegliendo soltanto quello che ci può condurre meglio al fine per cui siamo creati.”

    Sant’Ignazio di Loyola – Principio e fondamento

    Tornando a bomba(carta) sulla nostra ragazza che si risveglia (in una favola) dopo 6719 giorni ed al dichiarato riferimento ad Eluana mi preme osservare che Pascal e Ignazio furono dei grandi e dissero cose che non tutti possono e vogliono condividere. Invece il Parlamento/Chiesa stanno per imporre/proporre a tutti i cittadini questi alti modelli.