Roma non è stata costruita in un giorno
La struttura radiale della città di Roma e la raggiera delle tante possibili “vie di fuga” individuano percorsi di avvicinamento e paesaggi urbani sensibilmente diversi. La città non ha una sua skyline moderna, non ha alcun segno eminente percepibile da lontano ad occhio nudo. La stessa cupola di San Pietro è visibile soltanto all’interno della cerchia dei sette colli, oppure vagamente percepibile dalle lontane periferie. Anche la grande mole della macchina da scrivere ciclopica, ovvero del Vittoriano, è posta in uno dei punti più bassi della città, e risulta quindi visibile, soltanto parzialmente, esclusivamente da Piazza Esedra lungo via Nazionale o dal Corso. Dal Vittoriano c’è la miglior vista panoramica di Roma, proprio perché, si dice, non si vedrebbe il Vittoriano stesso.
La città monumentale, dominata dai tradizionali punti panoramici dei colli, sfugge invece alla visione di gran parte dei quartieri circostanti, a causa del denso tessuto edificato, che lascia poche vie di fuga allo sguardo. Risulta quindi impresa ardua il percepire il mosso andamento dei rilievi capitolini, in una città costruita nel corso dei secoli su una quantità innumerevole di strati.
Tutti i percorsi di ingresso a Roma consentono un inventario di più tipologie edilizie: una mescolanza di generi che sorprende il più delle volte con atipici accostamenti spontanei, ma talvolta irrita per il degrado e la noncuranza, tanto da indurre il più famoso scrittore di Girgenti ad appellarla, nei primi anni del secolo passato, con un eloquente “Acquasantiera e portacenere” in un capitolo de Il Fu Mattia Pascal. Lo stesso ossimoro della Roma di periferia, sporca ma sincera, ai margini della città borghese e politica, raccontata da Pier Paolo Pasolini. La Roma che continua a dimenarsi in età contemporanea tra l’avanguardia spaziale dell’Auditorium e l’inquietante megalite sovietico di Corviale.
Nell’insieme si tratta di paesaggi urbani disordinati ma consolidati, che coincidono prima con la quantità enorme di viaggiatori locali e pendolari che ne seguono la faticosa evoluzione, poi con la miriade di attività di massa che animano il centro della Città eterna, un tempo elitario, ormai aperto alle masse giovanili delle periferie, con grande scandalo di alcuni.
Questo flusso vitale trasforma inevitabilmente gli spazi della città, che diventano così più accessibili e meno personali e affettivi. Con questo scompaiono lentamente anche le storiche identità di quartiere, o meglio sono soppiantate o sovrapposte da una più generale identità cittadina. Contribuiscono a questi esiti il rinnovo degli abitanti, ma soprattutto l’aumento vertiginoso del potere d’acquisto delle abitazioni nei quartieri storici della città, un tempo per lo più popolari. Se si è fortunati, c’è ancora la possibilità di incontrare sul posto qualche autoctono resistente al passare degli anni e al richiamo del mercato edilizio.
Il risultato esteriore dei nuovi modi di vita urbani è quello di un interscambio più ricco, che favorisce la mobilità sociale in una società contemporanea che sta annullando il concetto classico di classe, a favore di una sempre più netta distinzione tra ricchi e poveri. La città è più aperta, più collegata, più sociale, ma una parte consistente del privato tende a chiudersi, ad isolarsi quasi di riflesso dal caos metropolitano. Negli ultimi anni, non a caso, tutte le porte di ingresso delle abitazioni sono state blindate, per non parlare del proliferare di centri residenziali recintati, quasi come si volessero creare delle isole felici, lontane dal chiasso e dalla delinquenza urbana.
A tal proposito, gran parte dei romani conserva, accanto alla diffidenza nei confronti di comunità poco assimilate, una tendenza a generalizzare il concetto di delinquente con quello di immigrato. Nonostante tutto, il carattere multietnico e multiculturale è un dato acquisito, consolidato peraltro da un particolare addensamento in alcuni quartieri. Proprio sul piano dei valori, della disponibilità, dell’educazione al rispetto e all’accoglienza, l’identità romana sembra ancora in evoluzione, specchio di una nazione che dopo un secolo e mezzo di storia ancora non riesce a trovare una propria leggittimità simbolica, politica e sociale.
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