Preposizioni – “DA”
Come indicato dal vocabolario della lingua italiana, la preposizione da “serve principalmente a determinare il punto di partenza, il luogo da cui ha inizio o origine un’azione, un movimento” (moto da luogo, provenienza, origine, separazione). Al lettore viene poi rammentato di come introduca anche altri complementi, come il moto a luogo, l’agente e la causa efficiente, il mezzo, la causa, il tempo, la qualità, il fine.
Effettivamente, anche senza interrogare il vocabolario, la preposizione da rimanda subito alla propria origine, tra giocattoli d’infanzia, angoli della casa natia e foto color seppia di antenati baffuti. Da indica provenienza. Tuttavia, la provenienza, almeno nell’universo giovanile, costituisce un argomento scomodo, che quasi si vorrebbe dimenticare. Perché, in un’età in cui si anela al volo, l’ultimo desiderio è proprio quello di scoprirsi dolorosamente trattenuti da robuste radici. Eppure è esattamente quello che avviene a ogni persona. Ciò che talvolta si tende a dimenticare è che le radici che ci impediscono il volo sono le stesse che ci salvano dalla caduta.
Una questione ancora più complessa riguarda il significato di queste radici. Cosa dicono di noi? E noi siamo perfettamente coincidenti con esse? Forse, in realtà, è solo un problema di definizioni. Bisogna, cioè, mettersi d’accordo circa il significato della provenienza. Si potrebbe sostenere che l’origine si esaurisca con la nascita. Il vocabolario torna ancora una volta in nostro soccorso dicendoci che l’origine è “il primo principio, la prima apparizione di qualche cosa”. Ma poi aggiunge: “ (è) il modo con cui essa si è formata”.
Poiché gli esseri umani non sono merci, il nostro percorso di formazione non si esaurisce nei contorni di una targhetta made in Italy. Forse, allora, la provenienza, nel caso dell’esistenza umana, non è un punto, quanto una linea. Forse le nostre origini non sono delimitate dalla nostra nascita, ma, quasi paradossalmente, proseguono per tutta la vita, così come le radici di un albero fluiscono naturalmente nel tronco. Ecco allora che la provenienza diventa un percorso, composto da incontri, input che ogni giorno riceviamo da parte di agenti esterni (da come complemento d’agente, appunto) e che noi rielaboriamo.
Con questo processo di rielaborazione noi passiamo dal da all’a, da ciò che siamo stati e siamo a ciò che saremo. La domanda con cui intrattenerci nei giorni che ci separano dall’officina di gennaio, allora, è la seguente: è possibile un a senza un da?
“Da”- “a”: mi immagino questo percorso in chiave “figurale”: come un viaggio da ciò che si è in potenza a ciò che si è in atto, da ciò che in origine ci prefigura a ciò che nel finale ci realizza nella nostra pienezza, amplificando ciò che eravamo in nuce. “Da”- “a”: sono punti complementari di un cammino da compiere.
Rimanere ancorati al “da” comporterebbe vivere in modo “retroattivo”, rinunciare al completamento di sé, ruotare in senso centripeto attorno a quel sé stessi, che a volte significa origini, altre volte ossessioni e fantasmi del passato. Guardare solo all”a” invece comporterebbe vivere in modo “finalistico”, far muovere sé stessi in senso centrifugo, annebbiare il proprio sguardo nella ricerca di un obbiettivo da raggiungere, che a volte risulta sbagliato o fuorviante rispetto alla verità e all’immagine che di esso si è costruito.
Grazie degli spunti di riflessione:-)
TEOREMA DI GIACOMINO
ovvero: DA dove viene l’uomo?
IPOTESI
(DA = Punti di vista) => Radici
TESI
Amore mio,
cos’è l’uomo? Da dove viene?
Racchiuso nelle mie braccia, ti chiamo uomo.
Il battito del cuore, il movimento nei bronchi, il taglio degli occhi, il tuo inimitabile sorriso seminascosto dal ciuccio.
Tutto qui?
“Papà”, sussurri. Basta questo, a me, per chiamarti uomo.
Tutto qui?
Capolavoro di cellule. Fenotipo biondo, mutazione ereditaria a uno dei reni. Altezza e peso nella media. Carattere tremendamente forte. Sei ciò che è scolpito nel tuo DNA? Solo ciò che è codificato da carbonio e azoto?
Sei tu anche nella foto sul calendario, nella linguaccia del desktop e nella scenetta alla telecamera. Sequenze di bit, cristalli colorati, aggregati di pigmenti. Pure lì ti chiamo uomo.
Tutto qui?
No.
DIMOSTRAZIONE
Il calore di Maggio scaldava già il grembo di Chiara.
“Nonna, sarò di nuovo padre!”
“Brau fieu, che bel regal che ta ma fet. Te vedaret, al nasarà un bel fiurin al dì dal nonu”.
“Ma no, nonna. Non sappiamo ancora il sesso. Poi il termine è a metà Febbraio. E il nonno è nato a sant’Antonio. Arriverà per il nostro anniversario.”
“Te vedaret. Al nasarà a sant’Antoni. Cent’ann dopu ul to nonu..”
Novembre.
“Signur, tri dì. Maras, met a post i me rob e murì.”
Il Signore ascoltò mia nonna. E dopo una vita fedele, le concesse tre giorni. Uno per ammalarsi, uno per mettere a posto “le sue cose” e uno per morire.
17 Gennaio 2010
Domenica mattina. Chiara si alza di scatto e corre in bagno.
Torna a letto.
“Gabri, mi si sono rotte le acque.”
“ Ma va, ti sbagli. Manca più di un mese. E fino ad ora non hai avuto nemmeno un dolorino.”
“Saprò bene io cosa è successo, no?”
In questi casi (e solo in questi), non è vero che la logica inizia dove le donne finiscono.
Giacomo arrivò alle 23.30 di due anni fa. Inaspettato. Cent’anni dopo il suo bisnonno Antonio, a mezz’ora dalla fine della festa del suo omonimo protettore.
DA dove viene l’uomo?
(tanti auguri amore mio!)
Da un film dei Taviani?
Non esiste un A senza un DA. Ma vi è un problema connesso che mi ha tormentato per un po’ : quanto l’A sia determinato dal DA: quanto siamo liberi di scoprire il mondo e determinarci se il nostro pensiero viene stretto entro certe maglie con l’educazione che abbiamo ricevuto nell’infanzia soprattutto dal punto di vista etico-religioso.
Una risposta che mi ha pacificato l’ho trovata leggendo il filosofo Giulio Preti che trova la libertà dell’individuo nelle contraddizioni, nelle lacune, nelle falle che vi sono in ogni sistema.