Oltre la cornice

Cornici. Perimetri. Bordi. Contorni. Confini. Che siano fisici o ideali, queste cose sono un elemento imprescindibile della creatività umana in qualunque campo (artistico e non).  Sono il riconoscimento della nostra finitezza: non possiamo estendere il nostro operato a TUTTO, quindi dobbiamo darci dei limiti.

Fin qui tutto ok, ma a questo punto entra un’altra idea, nel nostro discorso: la scelta. Mettere qualcosa nella cornice vuole NON mettercene altre. Se ti mostro una cosa, automaticamente ti sto nascondendo tutto il resto. E dal momento che esiste questa scelta radicale (ovvero alla radice dell’atto creativo stesso) quella non è e non può essere la realtà, non importa quanto somigliante, ma “solo” e sempre una sua rappresentazione.

Direi che c’è già abbastanza per nobilitare a sufficienza il ruolo della cornice, ma attenzione che il bello deve ancora venire.

Se l’opera in questione ha un qualche valore, mi interpella e non mi lascia indifferente. Sono chiamato a reagire, a trarne delle conclusioni mie o in qualche modo a proseguirla (nel tempo, nello spazio, in nuove geometrie astratte, nelle implicazioni morali, fate voi). La cornice, in quanto limite dell’opera stessa nella sua qualità di produzione dell’autore, in quanto luogo in cui l’opera finisce, è anche dove inizia la mia attività come spettatore non-passivo.

È il luogo del dialogo.

(l’immagine è il quadro “La condizione umana II”, dipinto da René Magritte nel 1935)

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