Bisogna saper scegliere il tempo

C’è un racconto breve di Buzzati, Appuntamento mancato, in cui il protagonista giunge sul luogo designato dopo dodici anni e chiede se qualcuno per caso abbia visto una ragazza ferma in attesa.

Ma tu c’eri quel giorno? Mi hai aspettato? E se mi hai aspettato, quanto? Io correvo per arrivare in tempo, ansimando, incespicando, mi potevano prendere per pazzo. Ma sarebbe occorso che volassi. Ero lontano, sbalzato via inopinatamente dalla vita, a una distanza spaventosa da te, che non sapevi.

Tra i passanti solo uno ricorda, incredibilmente, quella ragazza con un paltò blu e un cappellino a fiori, graziosa, graziosissima, che aveva atteso un’ora sotto la pioggia, prima di essere accompagnata a casa dal passante stesso e, col tempo, diventare sua moglie. L’occasione mancata dal protagonista rappresenta, al rovescio, la svolta esistenziale dell’altro. Se da un lato, quindi, il racconto mostra la tipica nostalgia buzzatiana per le possibilità smarrite, dall’altro finisce per esaltare, quasi inconsapevolmente, una qualità spesso sottovalutata, ossia il tempismo.

Tempismo significa, come da definizione del vocabolario, “saper agire nel momento più opportuno”. Parente stretto dell’opportunista (che tuttavia aggiunge la sfumatura negativa del profittatore), colui che sa agire con prontezza si contraddistingue nella letteratura e nella storia come un individuo degno di memoria. I resoconti di battaglie, soprattutto, rifulgono di esempi di generali vincenti perché in grado di far partire una determinata manovra militare esattamente nel giusto istante e in tal senso innumerevoli sono le scene di film in cui un comandante urla “non ancora” ai propri soldati per evitare di sferrare un attacco prematuro e, dunque, inefficace.

Perché talvolta essere in anticipo si può rivelare tanto sbagliato quanto giungere in ritardo. Come canta Guccini in Eskimo:

Bisogna saper scegliere il tempo
Non arrivarci per contrarietà.

Saper scegliere il tempo significa sia avere la capacità di cogliere il momento opportuno per agire, che riuscire ad interpretare il tempo e piegarsi ad esso, senza la pretesa di contrastarlo secondo la propria volontà. E ciò appare autentico tanto per il tempo comune della Storia quanto per quello privato dell’esistenza.

Nell’atto V, scena II del Re Lear, Edgar riprende con queste parole il padre Gloucester:

“What, in ill thoughts again? Men must endure their going hence even as their coming hither. Ripeness is all. Come on”.

“Cosa? Ancora pensieri cattivi? Gli uomini devono pazientare per la loro uscita dal mondo, proprio come per il loro ingresso. La prontezza è tutto. Andiamo”.

Ripeness is all” è una frase recuperata anche da Pavese, come epigrafe de La luna e i falò, e si può tradurre come la “prontezza (ma anche la maturità) è tutto”. Gli eroi shakespeariani vivono spesso con prontezza, nel “qui ed ora” delle grandi occasioni da cogliere al volo e volgere a proprio favore, siano esse il giorno di Crispino o la morte di Cesare. Per Pavese, invece, è più corretto riferirsi alla maturità, che tuttavia si sviluppa lungo due opposti versanti. Come annota il linguista Lino Pertile nell’articolo Maturità di Pavese:

La maturità appare come dea bifronte: meta, traguardo, conquista e d’altro lato termine ultimo, conclusione, fine; da un lato trionfale pienezza, dall’altro vuoto spaventoso, horror vacui.

Qui con maturità non si intende la capacità di cogliere la propria occasione, quanto piuttosto l’accettazione del tempo: il frutto cade quando è maturo e lo fa, con tempismo, solo nel momento giusto, né prima né dopo. Ma cade senza che vi sia una decisione. Allo stesso modo il veggente sa interpretare il tempo, ma all’interno di un codice già scritto di cui riconosce le tracce. È il tema, anch’esso tragico, del destino.

Per riprendere la citazione di Guccini, ciò che sembra mancare è l’aspetto più rilevante, ossia quello della scelta. Il tempismo non significa saper “scegliere il tempo”, ma saper scegliere in tempo. E soprattutto saper scegliere, nel qui ed ora della propria esistenza.

In tal senso, occorre ricordare le parole scritte qualche giorno fa da Papa Francesco:

Il primo consiglio che ci dà lo Spirito Santo è: “Abita il presente”. Non c’è tempo migliore per noi: adesso, lì dove siamo, è il momento unico e irripetibile per fare del bene, per fare della vita un dono. Abitiamo il presente!

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