Ancora Connessioni

Rielaborando alcuni suoi interventi sul tema pubblicati sulla rivista “La Civiltà Cattolica”, in Connessioni (Bologna, Pardes, 2006) Antonio Spadaro riflette sulle sterminate opportunità che Internet offre all’elaborazione del sapere. L’angolo visuale dal quale si pone non è quello dell’acritico lodatore di “magnifiche sorti e progressive” che dovrebbero immancabilmente mutare il nostro modo di esprimerci e di comunicare (per più di una delle applicazioni informatiche esaminate sono palesi le riserve), né quello di un neofita stregato del dato tecnico in se stesso. La sua prospettiva mira invece a decrittare, in uno strumento tecnico dallo sviluppo ancora in parte inesplorato, nuove possibilità di genesi, di radicamento e di condivisione della conoscenza.

Si tratta dunque di un’esplorazione (che non rinuncia mai a porre questioni e ad esprimere valutazioni) della capacità del web di formare cultura e della sua attitudine a trasmetterla, confrontando la Rete con tutto ciò che fino ad una generazione fa era di esclusiva pertinenza della carta stampata: editoria, biblioteche, enciclopedie, riviste. Considerata da alcuni come una minaccia all’impero del libro, da altri come occasione irripetibile che comporterebbe un’effettiva crescita nella libertà di manifestazione del pensiero, l’editoria digitale potrebbe comunque rappresentare una svolta epocale nel modo, consolidato da cinquecento anni, di comunicazione del sapere. La dematerializzazione del testo dal suo contenitore autorizza la previsione di una sua facile diffusione anche in assenza dei mediatori istituzionalizzati, dagli editori alle librerie alle biblioteche (così Pirella, in “Manuale dell’antilibro”), mentre d’altro canto non è azzardato pensare (come fa Schiffrin, in “Editoria senza editori”) ad un progressivo immiserimento del lavoro editoriale come progetto culturale. Già adesso, peraltro, le edizioni “on demand” accorciano le distanze tra autore e lettore, consentendo, in primo luogo, di adeguare la stampa dei libri alle richieste pervenute, con riduzione di costi ed eliminazione dei depositi e dei rischi di rese, e facilitando, inoltre, l’aggiornamento progressivo dei testi di studio o di ricerca. E’ del resto di questi giorni l’esperimento di editoria digitale condotto da “Vibrisselibri”, neonata casa editrice esclusivamente virtuale, che ha in programma di pubblicare opere letterarie on line, con eventuale stampa “on demand” di alcuni esemplari a circolazione mirata, principalmente indirizzata a critica ed editori, al fine di promuoverne una successiva diffusione anche in forma cartacea.

La conoscenza si conserva e si diffonde oramai anche con le librerie e le biblioteche virtuali, che consentono sia la ricerca e la prenotazione di libri tramite Internet, sia la conservazione di testi in formato digitale. L’autore individua con precisione lo straordinario valore di una risorsa disponibile per ogni attività di studio, pur senza celare al lettore la prospettazione di alcuni nodi critici, tra i quali spicca il rischio di egemonia culturale esercitabile da chi già possiede la supremazia nella gestione dello strumento informatico. Il riferimento è ovviamente alla cultura di area anglo – americana, massicciamente presente nelle risorse di cui si tratta (Google Book Search, ad esempio), alla quale una serie di iniziative comunitarie e nazionali (il Progetto Bricks e il Progetto Manuzio, fra gli altri) sta contrapponendo analoghi progetti maggiormente orientati verso la cultura europea e italiana. Meritano riflessioni anche la fragilità del supporto elettronico, che non possiede la durata secolare dei testi cartacei, i rischi di errore connessi alla digitalizzazione dei testi, che ripresenterebbero un problema di critica delle fonti simile a quello originato dalle copie degli amanuensi medioevali, ed i rapporti che s’instaureranno tra questa nuova “species” di biblioteche e le librerie, sia quelle tradizionali sia quelle on line.

Una forma di diffusione della conoscenza che presenta qualche lontana analogia con le biblioteche virtuali è rappresentata da Wikipedia, enciclopedia in Rete “aperta”, alla quale in ogni momento chiunque, compresi un suo stesso utente, può aggiungere voci e documenti senza copertura del diritto d’autore. Secondo i suoi estimatori, produce una conoscenza di tipo reticolare, che prescinde dal principio di autorità delle fonti, e tende alla costruzione di forme nuove di acquisizione del sapere. Le sue potenzialità sono sconfinate ed evidenti, così come altrettanto evidenti ne sono i limiti, ravvisabili per Spadaro nella carenza di autorevolezza e nell’esposizione al vandalismo, che ne fanno uno strumento da utilizzare con senso critico.

Altra occasione di approfondimento culturale offerta dalla rete è l’attuale proliferare di luoghi virtuali in cui sono pubblicati testi narrativi e contributi critici. Soprattutto la rigogliosa fioritura delle riviste letterarie dell’ultimo decennio del secolo scorso, spesso dedicate alla narrativa giovanile o esordiente o in qualche modo alternativa rispetto a quella che compariva sulle rassegne di maggior tradizione, sembra aver trovato ideale prosecuzione nelle riviste on line. Pur nell’evidente positività del fenomeno, occorre porre attenzione alle questioni legate alla precarietà propria di una pubblicazione su un supporto per sua natura instabile, ed alla possibilità di porre in crisi il concetto stesso di autore (l'”ipertesto” può dar luogo ad un’opera letteraria costantemente “in progress”), mentre la facilità di accesso alla pubblicazione propone il tema della qualità stessa dei testi.

Le forme della conoscenza on line rispecchiano quelle del mondo esterno alla Rete, ed una ricerca al loro interno non può sottrarsi ad un discorso sul divino. Spadaro s’interroga allora nella seconda parte del saggio sulla presenza di Dio nel web, tentando una provvisoria fenomenologia del religioso in internet. Una breve indagine dimostra la presenza in rete delle realtà più disparate. Le più evidenti sono costituite dai siti – esposizione di realtà religiose reali (siti di parrocchie, diocesi, ordini religiosi). Ma la Rete è anche testimone diretta di bisogni di spiritualità: il 25% dei navigatori in Internet americani almeno una volta alla settimana usa la rete per argomenti religiosi. E’ d’altronde forte il rischio che la Rete diventi una sorta di “supermarket del religioso”, nel quale si trova di tutto, dal testo di approfondimento al tecnobuddhismo, a culti ecologici tecno spirituali, fino a sette sataniche ben poco innocue. Lo stesso dialogo spirituale può subire distorsioni e spaziare da aperture di forte autenticità a spontaneismi esibiti senza pudori.

Gremite di straordinarie suggestioni sono, infine, le pagine dell’appendice, dedicate alla lettura come esperienza d’immersione interattiva. L’interattività, a torto ritenuta caratteristica esclusiva dello strumento informatico, è in realtà condizione presente a chiunque si avventuri in una lettura pienamente consapevole del testo con cui si confronta. Se ne ricava conferma dall’esperienza provocata dalla lettura non lineare, e pertanto in senso lato “ipertestuale”, degli “Esercizi spirituali” d’Ignazio da Loyola: in essa il lettore è immerso in una situazione spirituale di tale coinvolgimento (memoria, intelletto, volontà, secondo il fondatore dei Gesuiti) da leggere anche se stesso nel testo. Gli esercizi spirituali ignaziani introducono allora alla cosiddetta “composizione vedendo il luogo”, e cioè all’ingresso in un ambiente virtuale, tanto da essere stati definiti come “una prefigurazione dei temi propri della tecnologia della realtà virtuale”. Ma l’analogia, avverte Spadaro, è puramente formale: la crescita spirituale è per il credente frutto della Grazia, non certo di una combinazione di tecniche.

(in Stilos, 21 novembre 2006)

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