Il polipetto di Avatar
Reduce dalla visione di Avatar, l’ultimo lungometraggio di J. Cameron, esco a passi lenti della sala 8 del Warner Village di Parco dei Medici. Come tutte le persone che mi camminino accanto sono frastornato dallo spettacolo multicolore di Pandora, divertito dall’azione fitta fitta, ammirato per la capacità del regista di infilare tante tematiche così attuali dentro una storia credibile: ecologia, realtà virtuale, nuovo panteismo, antimperialismo e antimilitarismo.
Ma la cosa che più ha colpito la mia immaginazione – l’unica vera idea nuova del film, direi – è l’appendice biologica di cui sono muniti tutti gli esseri, animali è vegetali, che popolano il pianeta in cui è ambientato Avatar. I Na’vi in particolare (umanoidi azzurri) , hanno una sorta di polipetto il quale può intrecciarsi con i polipetti delle altre creature dando vita ad una stretta unione psichica/mentale. Immaginate di avere lunghi capelli intrecciati (su Pandora non esistono i calvi) e di avere all’estremità della treccia un polipetto variopinto che – intrecciandosi con il polipetto di un’altra persona – vi consente di abbattere il muro che vi separa ed entrare in connessione diretta!
Qui sulla terra siamo condannati a fare esperienza gli uni degli altri esclusivamente grazie alla intermediazione offerta dai cinque sensi: vista, olfatto , tatto, udito e gusto sono tutto ciò che abbiamo. Su Pandora, invece, è possibile superare ogni intermediazione e immergersi l’uno nell’altro, fondersi in un unico essere. Immaginate di farlo con la persona di cui siete innamorati, per esempio… bello vero! Bello?
Provo sul serio a rappresentarmi mentre faccio una cosa del genere con mia moglie, mentre stringo la mia codina alla sua e ficco il naso nella sua scatola cranica: orrore. Mi vengono i brividi. Il nostro amore ne verrebbe ucciso. Stritolato. Perché ha bisogno di spazio in cui muoversi, di spazio in cui esercitare la fiducia e la fantasia. Di uno spazio di mistero per continuare a sorprendere e sorprendersi.
Vorrei avere il polipetto? Col cavolo! Ma ringrazio comunque l’immaginazione di Cameron perché mi ha ricordato quanto io sia fortunato ad essere un semplice umano.
Nel finale di altro film recente, Piovono polpette, c’è qualcosa di simile: una macchina che permette di tradurre in parole tutti pensieri e i sentimenti anche quelli “inespressi”.. la macchina permette di far dialogare un padre con un figlio divisi dalle normalissime incomprensione che esistono tra generazioni. Il film è delizioso da questo punto di vista del “comunicare” per quanto riguarda il rapporto padre-figlio, lo consiglio vivamente.
Riflettendo su quanto dici alla luce anche di Piovono polpette, posso dire che quello “spazio” di cui parli (in cui si esercita la fantasia) che dà anche libertà e umanità ai nostri rapporti, è anche lo spazio del “malinteso” e delle incomprensioni. Mi piace.
Insomma: quando l’ex marine Jake Sully e la donna Navi Neytiri si scambiano la frase “Io ti vedo” vogliono dire che si amano come due simili
Andrea scrive: quello “spazio” di cui parli (in cui si esercita la fantasia) dà anche libertà e umanità ai nostri rapporti, è anche lo spazio del “malinteso” e delle incomprensioni.
Penso sia anche lo spazio in cui ognuno ‘incarna’ e personalizza l’altro, che viene filtrato e dipinto dai nostri personalissimi colori, e alludo a tutte le mie proiezioni su di lui e ai miei parametri di valutazione acquisiti nel tempo.
io credo che il polipetto di cui parli non escluda quello “spazio in cui esercitare la fiducia e la fantasia………..spazio di mistero per continuare a sorprendere e sorprendersi.”………
io penso che il polipetto, che io in realtà ho visto più come un fiore nella lunga treccia degli avatar, sia una bellissima appendice con la quale è possibile per ogni avatar unirsi spiritualmente con ogni essere, animale o vegetale che sia, del loro pianeta.
il fiore nella treccia, è solo qualcosa in più, non in meno!
Maurizio, convengo con te che lo spettacolo di Avatar non lascia indifferenti. E sono di nuovo d’accordo nel dire che le trovate originali sono ben poche. Mi viene da pensare ad un bellissimo film sugli Indiani d’America senza gli Indiani. Un amico ha fatto un paragone con “Balla coi lupi” in 3d; io aggiungerei anche “Spirit Cavallo Selvaggio” ed un paio di simpatici romanzi sul tema. Mi lascia però perplesso un dettaglio su cui hai centrato l’attenzione. Descrivi il polipetto come la base su cui poggiano i legami tra i nav’i, come un passaggio spontaneo ed immediato. A me sembra invece un punto d’arrivo, meta ambita di un percorso lento e graduale. Forse il legame tra i nav’i e i volatili, frutto di una scelta reciproca che sublima nel tentativo di eliminazione del nav’i, rende maggiormente l’idea.
Mi allaccio alla piacevole definizione di Carmela : “una bellissima appendice con la quale è possibile per ogni avatar unirsi spiritualmente con ogni essere, animale o vegetale che sia, del loro pianeta.” Tutto ciò che rappresenta il polipetto, non potrebbe esistere se non ci fosse alla base un popolo che creda veramente nella possibilità di entrare in contatto con la natura e conservare negli alberi la memoria dei propri avi. Anche avendo un polipetto, non penso riusciremmo ad usarlo con la stessa efficacia. Ti chiedi infine come sarebbe “immergerti” nella persona che ami. Ma scusa Maurizio, non è quello che fai tutti i giorni anche senza lunghe trecce, pelle azzurra e poi? Non è ciò che fai da quando tu hai scelto lei, da quando lei ha scelto te, da quando insomma “vi siete visti”?
L’affermazione di Carmela circa il fatto che il fiore tra la treccia sia una cosa “in più” mette in evidenza, secondo me, la diversità tra i nav’i e gli esseri umani, e mi sembra che tocchi una questione che considero fondamentale: Avatar racconta anche una bellissima storia d’amore tra due esseri “diversi”, un avatar, appunto, che di per sè non è nè carne nè pesce, perchè ha pensieri umani e forma aliena, e la bella guerriera nav’i.
E a pensarci bene… la decisione del Marine di abbandonare definitivamente la sua natura umana e di restare su Pandora, e quindi la sua scelta definitiva circa la questione “da che parte stare”, è influenzata anche e soprattutto dal suo amore per Neytiri. Possiamo dare due interpretazioni a questa visione del rapporto amoroso: o pensiamo che Jake stia rinunciando a qualcosa per poter stare accanto all’amata, e quindi comunque è una soluzione di ripiego, oppure crediamo che l’amore sia l’unico motore che ci spinge a scoprire la nostra vera natura, e quindi il sentimento per la Nav’i diventa lo strumento per Jake per “completarsi”. In più, l’amore, inteso sempre come quel famoso “vedersi”, è l’unico strumento che abbiamo per superare la paura per la diversità, a qualsiasi livello essa si manifesta.
Forse sono andata fuori tema rispetto a polipi e fiori, ma neanche tanto, secondo me…
daccordo con tutti…
– “il fiore nella treccia, è solo qualcosa in più, non in meno!”, certo! Secondo me è qualcosa di “troppo” in più!
– l’unione garantita dal polipetto è “un punto d’arrivo, meta ambita di un percorso lento e graduale”, certo! Solo che io non ambirei a tale meta.
Io voglio che Barbara rimanga per me un mistero, perchè possa continuare a sorprendermi e anche tradirmi, nel caso. Perchè ci sia spazio per l’errore, per la fantasia, per il fraintendimanto, per l’intesa di un istante. Per la fiducia. Cieca.
Quello che scrivi nella tua risposta ai commenti è bellissimo ma sembra quasi non vedere l’eterna dialettica tra ideale e reale,e poi,forse, quell’unione che si realizza con le appendici,simboleggia un modo diverso di intrecciare le esistenze,di aprirsi ad un universo di altre armonie possibili,senza togliere lo spazio della libertà. A me ha fatto pensare alla Comunione dei Santi e infatti per arrivarci,saremo i risorti,uomini nuovi,come il protagonista che per amore cambia. Forse i polipetti non sono altro che la fiducia cieca di cui parli che in realtà ti fa vedere l’altro tanto da amarlo. Ciao.