«Questa nostra carne avrà occhi empatici»
Ci sono incontri nella vita che sono delle vere e proprie esperienze. Non sempre l’incontro con una persona è un’esperienza: affinché ci sia esperienza, è necessario che ci sia mistero. Se una persona, in qualche modo, non è un mistero per te che la conosci, allora quell’incontro non è un mistero. È un incontro come tanti, si conoscono tante persone. Paolo Amodeo (1978-2004) è un mistero e continua ad essere un mistero. C’è sempre qualcosa che sfugge a contatto con le sue poesie. E anche osservando i quadri ed ascoltando la sua musica, c’è un mistero che rimane tale.
Non so se è bene conoscere di persona i poeti. Quando si parla della loro poesia c’è sempre il rischio che la figura del poeta, l’esperienza, la conoscenza, in qualche modo, copra il senso della sua poesia, copra i versi. Io ho conosciuto Paolo perchè ho avuto il privilegio di essere suo professore di lettere, ma nel caso di Paolo, la sua conoscenza (dunque la sovrapposizione del ricordo alla lettura delle sue poesie) non è un problema. Perchè? Esattamente perchè Paolo continua a rimanere un mistero.
Chi ha conosciuto Paolo Amodeo fatica a chiudere la sua figura in formule e ricordi troppo netti, mi chiedo, infatti, se ci sia qualcuno che lo abbia veramente conosciuto del tutto e nel profondo. Forse la sua breve vita si può riassumere in una frase, in un’immagine. Troppi i contrasti, troppe sfumature si concentrano nella sua personalità. E allora, appunto, un verso forse ci può dire questa complessità ricca e cangiante: Ogni tanto i sentieri/ mi si trasformano tra le mani. Quando hai un sentiero tra le mani vuol dire che lo possiedi, vuol dire che sei sicuro, che hai delle certezze. Percorri una strada, è il mio sentiero, è la mia vita. Ogni tanto i sentieri/ mi si trasformano tra le mani cioè, non la vita mi sfugge, ma la vita mi si trasforma, quindi prende forma differente, cambia. È sempre e continuamente un’opera creativa in cui non c’è mai un punto fermo, un punto fisso, un’identità rigida. [Continua »]