Viaggi e naufragi

Viaggiare significa anche esporsi al rischio di inciamparee, naufragare etc. etc.
Molti sono i naufragi “artistici”: naufraga Tristano sulle coste dell’Irlanda, l’Ulisse di Dante e gli eroi di Ariosto, Robinson Crusoe, protagonisti o derelitti di E. A. Poe, H. Melville e J. Conrad. Già Ch. Baudelaire aveva notato in L’homme et la mer una congenialità tra il mare e l’uomo, homo abyssus, a un tempo tenebrosi e discreti, insondabili entrambi eppure eterni lottatori «senza rimorso né pietà».
La dicibilità del naufragio dice cosà tutto il proprio tormento perché luce ed ombra, situazione-limite, vertice e vortice ad un tempo. Si potrebbe partire da questa semplice riflessione per comprendere come il naufragio, il contatto drammatico dell’uomo con l’acqua e del suo abbandono in essa, ricorrente nelle letterature e nelle civiltà di tutti i tempi, è, nel suo significato simbolico molto ricca. Fra Omero, Lucrezio, Virgilio, fra Dante e i contemporanei, attraverso il Cinquecento, il topos del naufragio ha subito radicali trasformazioni. Gli «irati flutti» del naufragio sono, nella loro interpretazione più evidente, certamente sinonimo di fallimento, di lacerazione, di morte. Il naufrago è colui che ha perso ogni riferimento, che si è allontanato da ciò che ò certo, da ciò che conosce, che soccombe dinanzi alla forza e alla prepotenza di ciò che non può dominare; il naufragio è da intendere come delusione, come mancato approdo, come crisi di valori.
Ma, al contempo, se esiste una realtà al di là delle apparenze, al di là delle dimensioni del tempo e dello spazio, di ciò che è tangibile ed evidente, occorre «naufragare», abbandonarsi alla «corrente» per intuire, per sentire ciò che esiste «oltre». Ecco la «dolcezza» del naufragio leopardiano che, considerato in questo significato diviene simbolo di un’esperienza mistica. Ecco anche, in altro modo, lo «sregolamento di tutti i sensi (dérèglement de tous les sens)» di A. Rimbaud , poi seguito dal «mito» del rock Jim Morrison nelle sue poesie. Il naufragio può persino essere l’equivalente dell’esperienza religiosa che paradossalmente trova Dio nel fondo del peccato e della disperazione.
La metafora del naufragio è pienamente «umana» e dice insieme un pericolo e un desiderio.

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