Spiro Scimone. Due persone e una cucina
“Nunzio”, l’opera prima di Spiro Scimone apre il cartellone della sala Laudamo a Messina.
Non c’è una storia da raccontare, solo due persone e una cucina. La cucina non è un ambiente, è una relazione. Non è neanche una storia, sono tante storie, che si intrecciano, danno vita e confluiscono in un’altra storia, senza fine. Così Spiro Scimone ha immaginato i suoi due personaggi, Pino (lo stesso Scimone) e Nunzio (Francesco Sframeli), raccolti in questo spazio, seduti ad un tavolo tra una cucina, un frigorifero e un lavandino. Un mondo a parte, all’interno del quale conta solo la relazione, un sicario può essere un brav’uomo e un “fissa” (stupido) può essere amato e rispettato.
L’opera è stata vincitrice della selezione IDI, Autori Nuovi 1994, e ancora Medaglia d’oro IDI per la drammaturgia 1995. I due personaggi sono stati poi prestati al cinema per il film “Due amici”, che ha vinto il “Leone d’Oro” quale opera prima a Venezia nel 2002. Una sfilza di successi per un testo forse un po’ acerbo, che anima una messinscena semplice e lineare. Quasi un laboratorio, anzi una provetta, da cui nasceranno i due personaggi, che come marchi di fabbrica popoleranno gli spettacoli del duo Scimone- Sframeli, “Bar”, “La Festa”, “La Busta”. I caratteri ci sono tutti, la durezza umana di Scimone-Pino, l’inettitudine a tratti scaltrissima di Sframeli-Nunzio.
C’è anche l’ambientazione, quel non luogo che con la sua carica di vissuto partecipa alla vicenda, in fondo secondaria, comunica ricordi, provvede oggetti e strumenti da cui scaturisce la vita. C’è la recitazione, sospesa tra il realismo e la rappresentazione della meccanicità che informa la comunicazione della generazione postmoderna. E infine c’è il dialetto messinese, ripulito, trasfigurato in una sorta di italiano regionale, ma pur sempre caldo, immediato, riconoscibile (o incomprensibile, probabilmente, per chi non lo frequenta). A tratti pesante tanto da donare alle azioni la forza di pietre; altre volte musicale, liquido, sfuggente.
Come sfuggente è il mondo dei due amici, evocato, assente, eppure prepotente, capace di irrompere nella cucina, nella relazione, con la violenza della malattia e della morte. Ma i due sapranno chiudergli la porta, se non delle loro vite, almeno della cucina, che rimane inviolata, approdo sicuro, abbraccio amico, ventre materno.
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