Strada

Sulla strada non ci si può “perdere”. La strada non è un paesaggio, è un percorso. E’ una linea che si snoda e va da qualche parte.

Certo, la direzione può essere sbagliata. Se voglio andare a Reggio Calabria e prendo la strada per Milano sbaglio strada. Però non mi “perdo” come potrei farlo in un paesaggio nel quale vago senza traccia. Semplicemente… sbaglio. Sto sbagliando. La strada può portare alla “perdizione”, ma finchè ci si è in mezzo si marcia, si avanza. Si sbaglia ma non ci si perde.

Al massimo si può “sbandare”, cioè uscire di “banda”, sbattere contro i limiti, il guard rail. E toccare il limite è esperienza traumatica perchè interrompe il tragitto. Il limite della strada non è in lunghezza, ma in larghezza. Il limite non sta davanti, in un orizzonte che lo sguardo mai raggiunge. Il limite ci sta accanto, ci accompagna, a volte ci custodisce, verrebbe da dire. In ogni caso il limite fa parte della natura della strada.

La strada può essere percorsa in vari modi: ci si può lanciare a tutta velocità alla ricerca di un assoluto avventuroso. “On the road” anche una utilitaria può divenire grande, unica, lanciata a “spolmonare” lungo le strade (Tondelli). L’ansia di libertà e di “beat” si associa spesso alle quattro ruote di una automobile, magari quella dell’autostop. Automobile comunque si dice in molti modi, si può anche invocare “dèmone bello”, come il futurista Marinetti non disdegna di fare: “Io sono in tua balìa…Prrrendimi!…Prrrendimi!”. Ma c’è anche l’automobile “piccola”, quella per cui occorre fermarsi “per cambiare una gomma” (Apollinaire). Ma non sempre l’ “arte della manutenzione” (Pirsig) del veicolo è poca cosa… specie se si guarda alla qualità del viaggio. Ma tutte sono modalità di un cammino che vede l’uomo protagonista che percorre la sua strada: per dovere o piacere. La macchina diventa quasi una protesi o, anzi, un simbolo, dell’uomo.

La strada dunque evoca sempre l’uomo che si proietta “on the road”, in cammino. La strada immediatamente sembra mettere l’uomo al centro, con le sue esigenze e le sue aspettative di libertà, di direzione, di progresso…

Eppure ci sarebbe un modo diverso di considerare la strada. Proviamo a pensare una strada che facciamo tutti i giorni. Quand’è che quella strada esce dall’abitudine? Quando accade di ricordarci di averla percorsa in un determinato giorno? E’ quando qualcosa o qualcuno ci colpisce lungo la strada; quando qualcosa o qualcuno ci viene incontro. Allora la strada esce dalla sua condizione, esce da se stessa, per scomparire del tutto. Se incontriamo per strada una persona cara o vediamo un oggetto che ci colpisce in una vetrina, allora il nostro andare scompare dall’orizzonte della nostra percezione per aprirci a un incontro. Verrebbe da dire che la vera strada non è quella nella quale io mi incammino ma quella nella quale io “sono incontrato” da qualcuno o da qualcosa.

La strada è di per sè nastro di collegamento, “banda” che ci aiuta a scorrere in qusto mondo, che è “terra nuda che si srotola” (Kerouac), in direzione di una meta. Ma essa diventa “ambiente” nel momento in cui si confronta non solamente con i nostri desideri e le nostre attese di una meta, ma quando diventa luogo nel quale la mia intenzionalità è infranta e superata; quando sono sorpreso, quando la mia stessa macchina è superata da un incontro. E può essere una persona, un tramonto, un lago, una montagna, un cartello, una stella cometa, qualcosa che mi supera nel momento in cui mi incontra e mi apre al mondo.

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  1. silvana iuliano ha detto:

    “terra nuda che si srotola” (Kerouac)
    L’espressione mi colpisce e mi srotola alla maniera del tratto di autostrada che, ogni mattina, sono “costretta” a percorrere.
    Tra me e quel tappeto di grigio, monotono asfalto, si è instaurata un’intesa insospettata: intristita da grida di motori, luci a batteria, metallici confini, tristi oleandri agitati dal tempo che non dà tregua, la mia amica strada mi aspetta prima di srotolarsi a mo’ di tappeto volante. Voliamo lentamente contemplando tutto ciò che l’azzurro avvolge e le frecce di direzione che non esita ad indicare. A farci atterrare sono sempre gli stessi, indiscreti squilli del cellulare, attivati da chi, conoscendomi, pretenderebbe di indicarmi la giusta via.
    Che ne sanno loro della giusta via? Ho provato a spiegare che anche in sua compagnia sto bene, ne sa una più del diavolo la mia amica strada!
    Non c’è niente da fare, si insiste perchè mi riconosca come autentica fuoristrada!

  2. silvana iuliano ha detto:

    Ti definisco “grande” sapendo che non sai che fartene del mio pensiero, se lo fossi stata anch’io, però, non mi sarebbe dispiaciuto sentirmelo dire!
    Magnifica, acuta ed avvincente è la tua didattica. La strada che conduce a te è certamente una delle più auspicabili.
    Grazie Antonio!

  3. Angela ha detto:

    Ti scrivo dall’aurora…
    al cielo è incollata una sola stella
    e l’ombra è di velo, non è più velluto.
    Un grumo di luce si dilata,
    sta sporcando il buio.
    Si è infranto il silenzio del passero che
    dormiva sul ramo e si sognava fiore.
    Dalle macerie fumanti della notte incede ora l’alba,
    l’indistinto si fa bordo e mi restituisce la strada

  4. Marica ha detto:

    Aprirsi all’incontro. Una cosa di portata esorbitante. E’ vero sulla strada non ci si può perdere però se non si opera in un certo modo (con grazia, audacia e sapere) si rischia di farci e fare abbastanza male. Ho scritto una poesia “I fautori della perdizione”/ coloro che fanno sì che avvenga, la scelta sta a noi. Io so soltanto che tutto è significativo. L’esperienza mi porta a pensare che nulla sia casuale, è un fattore d’attenzione, e sostituisco volentieri la sensazione con il sentire. Il tramonto è immenso come l’alba e certe volte mi basta così poco a consumarmi di gioia che stupisco. E continuo a ripetere il mio sproloquio, li amo in quest’era di massificazione, e sento questa vita più larga che stretta, e certe volte si ha paura di morire, e certe volte si vuole anche morire.
    E poi tante e tante altre cose. Addirittura a volte se parlo di me abbraccio il mondo e sento che c’è un pò di te dentro di me, e sento che tutto ritorna in un unico punto esclamativo. Questa grande voglia di vivere. Così penso.
    M.

  5. laura ha detto:

    La strada……
    ….è quella che ogni mattino faccio per andare a lavorare. C’è quella dell’alba che faccio al buio, al freddo e magari piena di paura perchè, da sola, mi devo preparare ad affrontare questa strada così buia. Buia come un pò la mia vita…., proprio così!!! ed è arrivato il momento di farsi dare la scossa, di andare a sbattere per riprendere il cammino sotto un altro punto di vista….dura sarà la mia strada, in salita, ma vale la pena di percorrerla se voglio illuminare il buio che c’è intorno con la mia grinta ed energia…..

  6. leo ha detto:

    Giustissimo quello che dici… ma non tutte le strade sono già aperte, non tutte hanno guard-rail che mi impediscono di sfondare il limite. Le strade possono essere aperte. Certo non è un’esperienza che è dato fare a tutti e con tutti i mezzi. Solo a piedi e guidati da un vuoto da colmare. Un pellegrinaggio, insomma, con tutti i rischi che questo può avere.

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