La scomparsa di D.F. Wallace
di Maurizio Cotrona - pubblicato il 14 Settembre 2008
14 settembre 2008, lo scrittore americano David Foster Wallace, 46 anni, è morto nella sua abitazione in California. Probabile l’ipotesi del suicidio. Ora io, esattamente come la voce narrante di Caro vecchio neon, non riesco a conciliare la scrittura eccessiva, traboccante, sorprendente di uno dei miei autori preferiti con un pensiero che dall’interno induce una persona a suicidarsi. Mi vengono in mente le parole di Tondelli “la letteratura non salva, mai”. E mi ricordo di quanto sia necessario, per non far morire le parole, portarle dentro l’esperienza della nostra vita, con la terra ancora attaccata alle radici.
La letteratura non salva mai. Il pensiero non salva mai. Forse quel che noi vediamo come un suicidio è un nostro limite di visione. Chissà magari un’impossibilità terrena o l’aver consumato tutto ed il declino senza “gli amati” o il raggiungimento degli amati può portare anche a questo. La nostra esistenza terrena, legata a questo corpo è tanto soggettiva. L’unica letteratura che rispetto è eccessiva e traboccante, perchè vera in quanto “sentita”. Se non si sente si fantastica, ma non è la stessa cosa. Mai. Chiudere la propria esperienza terrena togliendosi l’esperienza non sembra il massimo del coronamento e ci spezza dentro qualcosa, come il legame ultimo e più significativo con le cose (è innaturale), però se tutto avviene attraverso il filtro mentale (ed è così) tra limiti e grandezze non possiamo comprendere davvero la scelta altrui o i suoi estremismi. Forse era l’ultimo atto di vigliaccheria o forse il ricongiungersi con qualcosa di più alto, o forse il sollievo a una mancanza. Non sempre è possibile portare le parole nella nostra vita. A volte è possibile, a volte no. Probabilmente salva: l’altruismo e l’elasticità di una psicologia personale forte.
E, in fondo, le parole non muoiono mai. Può morire il messaggero, non la strada che ha varcato. M.