Un libro per il viaggio più lungo
A cosa serve la Letteratura? Forse ad aprire la strada alla goccia nel fiume che si apre / la strada in mezzo alla pietraia. Questi versi di Bertolt Brecht alludono alla possibilità di riattivare un flusso vitale attraverso l’aridità e il pietrisco dell’anima quando questa si è abituata a vivere fuori da se stessa. Ma come fare, da dove cominciare? Un punto di partenza potrebbe essere la lettura, lenta e meditata, de Il continente interiore di Carlo Ossola (Marsilio), critico letterario (formidabili i suoi articoli sull’inserto domenicale del Sole24ore) e professore al Collège de France , la cui parola erudita sembra bagnata di rugiada per tanta freschezza e vitalità: 55 “stazioni” scandiscono un viaggio in compagnia di libri, autori, storie e personaggi che appartengono alla memoria sapienziale delle Lettere e delle Scritture. Una memoria in grado di proiettarci nel futuro inscritto all’interno di noi stessi e di aiutarci a compiere quel movimento che l’autore, medievista di professione, sintetizza nel “te tandem tibi restitue” dell’amico Agostino: restituisciti a te stesso perché, come scrive il poeta Vittorio Sereni, Con non altri che te / è il colloquio. // […] E qui t’aspetto. Ma che cos’è il “continente interiore”? Nel frammento di questa video intervista, la risposta dell’autore di questo libro tanto atipico nel panorama della critica letteraria italiana quanto indispensabile, soprattutto per chi sente che “il viaggio più lungo / è il viaggio verso l’interno” (Dag Hammarskjold) e che l’Arte è un antidoto alla distrazione che ci porta continuamente fuori strada.
molto bella la risposta di Ossola, davvero. Coglie un punto delicato e centrale, il rapporto tra l’io e la realtà. Mi ha poi colpito il verso di Sereni che ho trovato quasi contraddittori, nel senso che la prima parte “Con non altri che te / è il colloquio” non mi danno una buona impressione, un po’ troppo egocentrati, ma poi c’è questa seconda parte molto bella (ma anche misteriosa per chi come me è ignorante dell’opera di Sereni) “E qui t’aspetto.”. Bello! ma chi aspetta il poeta?
Il Cosmo è fuori di noi ed è dentro di noi. In continua misteriosa trasformazione. L’artista, per esempio, contempla ciò che è fuori di se e lo accoglie sotto il suo “cielo interno”, confidando in un incontro dagli esiti imprevedibili e nuovi. Pertanto i versi di Sereni (Con non altri che te / è il colloquio. // […] E qui t’aspetto)possono essere interpretati nel senso dell’urgenza di un colloquio che può compiersi solo all’interno dell’uomo, in un territorio interiore dove il “te” è la realtà esterna e, allo stesso tempo, il “te” interno dell’uomo che attende il compiersi di questo incontro/colloquio. In questo senso, prendo in prestito dal libro di Ossola una citazione che mi sembra illuminante: “Io sono il recipiente. La bevanda è di Dio. E Dio è l’assetato.” (Dag Hammarskjold)
«non esteriorizzare il tuo inferno soggettivo, interiorizza il paradiso oggettivo»
moooooolto interessante…
ed è un discorso che, credo, trova una continuazione nel post successivo di Michela “cantare con i polmoni pieni di gioia”