Maurice Maeterlinck. Le serre traslucide dell’interiorità
“L’anima umana è capace di una insaziabile fame”
Giovanni di Ruusbroec
I poeti traducono altri poeti per sensibilità congeniali. Quando un poeta traduce uno o più poeti, lo fa perché nella versione in lingua originale ha attuato quella fase di assorbimento a seguito della quale il poeta traduttore, senza emendamento, ha fatto suo ciò che era di quel poeta. Il poeta traduttore ruba le immagini e le riplasma in un felice gioco di assonanze, richiami, creazioni nuove ispirate dalla fonte originaria.
(E già sentiamo l’eco di quello che ci ricorda Ceronetti: “traduzione: ri-creazione”).
Nell’edizione Oscar Poesia la curatela di De Angelis fa emergere la vibrazione interna del testo originale francese e fa risalire alla superficie della parola tradotta le memorie dei poeti frequentati dall’autore delle Serre Calde. La parola poetica sta sempre sulla soglia-limite fra il dire e il rivelare. La poesia di Maeterlinck sta pertanto “au milieu” di qualcosa da disvelare ed è lì per uscire dall’inesploso. Se consideriamo il termine “inéclos” dalla poesia Oraison, eliminando la “in” privativa, riconosciamo la radice verbale di éclore (schiudere, aprire) comune al termine di “éclater”, quindi “éclat, éclatement” (e mi viene in mente il tanto amato libro Lire aux éclats del rabbino Ouaknin) che possiede il senso di scoppiare, esplodere. Che cos’è quindi l’inéclos se non l’inesploso, “ogni cosa non sbocciata”? La realtà inosservata, la poesia stessa vive in un “milieu” che sta fra l’inesploso e la rivelazione, come una bomba la cui miccia è stata avviata ma ancora non ha raggiunto la deflagrazione: l’esistenza, la realtà delle cose, passano inesplose, se i nostri occhi non applicano una lettura del senso che intrinsecamente possiedono. Maeterlinck sorprende perché quando lo leggiamo esplode.
Nelle Serre Calde la verità per Maeterlinck possiede la connotazione interiore e paesaggistica della serra. Visione della serra radiosa e al tempo stesso nebulosa, sfumata, in quanto i riflessi del sole da dentro illanguidiscono l’ambiente di un tepore ambiguo ed evanescente in cui possiamo ritrovare il misticismo più autentico e l’ennui de l’inaction. Sentiamo, nella medievale musicalità dei versi, echi di campanili che fanno scorgere a distanza chiese sperdute, ma percepiamo anche una corsa in discesa nel malessere; da una parte i “clair de lune” come lampade sul paesaggio introspettivo del poeta, dall’altro “i cani gialli del peccato” e “le carni rosse dell’orgoglio”. La poesia diventa riflessione sul bene e sul male, mostra una “vegetazione di simboli” (Feuillage du coeur ricorda le Correspondances del maudit), che quindi esplodono di senso. Il poeta attende nella sua serra “la pioggia e il vento” e nel momento della preghiera scorge “l’ombra triste delle mani”; l’introspezione dei desideri e del pensiero è soggetta a uno spleen – meno incisivo di quello baudelairiano, ma suggestivamente più pittorico – in un attesa di luce che possa far riprendere il “fogliame del cuore” e riaccendere il “vetro ardente”. La poetica cattura tratti e impressioni da dipinto, e la suggestione le ingloba in una sorta di sinestesia. Nel testo Cloches de verre scopriamo “Sento celebrare una festa in una domenica di fame” ed ecco che abbiamo la rivelazione, il rintocco di mezzogiorno, le voci dei festeggianti, il sole a piombo. Apice. Anche la noia raggiunge il suo climax più espressivo, perché è fatto di “leoni annegati nel sole” (Offrande obscure).
Attraverso la serra passa il significato metaforico degli slanci verso l’alto – simboli legati comunque alla tradizione mistica – e di un languore interno fatto di “belve stanche” e “pavoni indifferenti”. Le due forze contrarie mettono in luce questa contraddizione umana, contraddizione necessaria e urgente per riconoscere un percorso di autoconoscenza, capace di risolvere la contrapposizione nell’unità e nella riconciliazione con se stessi. La necessità del sacro nasce dalla presenza del profano. Pertanto se è vero che possiamo ritrovare in Maeterlinck la compresenza di Villiers de l’Isle-Adam, Mallarmé e una lontana evocazione di Verlaine, come fa notare De Angelis il nostro poeta ritrova una consonanza spirituale in Ruusboreck.
Condanna e salvezza convivono.
Nella selva fiorita all’interno di una serra di vetri-specchio, la scrittura di Maeterlinck si stabilisce poesia ascetica, non nel senso di poesia capace di guardare al solo lato spirituale, ma che tiene conto di un cammino accidentato di difficoltà, accidentato e tuttavia importante e creativo perché l’essere umano possa giungere a levare “la sua bianca e mistica preghiera”.
Questo articolo è già apparso nella sezione Approfondimenti della rivista Niederngasse.
Serre chaude
O serre au milieu des forêts !
Et vos portes à jamais closes !
Et tout ce qu’il ya sous votre coupole !
Et sous mon âme en vos analogies !
Les pensées d’une princesse qui a faim,
L’ennui d’un matelot dans le désert,
Une musique de cuivre aux fenêtres des incurables.
Allez aux angles les plus tièdes !
On dirait une femme évanouie un jour de moisson;
Il y a des postillons dans la cour de l’hospice;
Au loin, passe un chasseur d’élans, devenu infirmier.
Examinez au clair de lune !
(Oh rien n’y est à sa place !)
On dirait une folle devant les juges,
Un navire de guerre à pleines voiles sur un canal,
Des oiseaux de nuit sur des lys,
Un glas vers midi,
(Là-bas sous ces cloches !)
Une étape de malades dans la prairie,
Une odeur d’éther un jour de soleil.
Mon Dieu ! Mon Dieu ! quand aurons-nous la pluie,
Et la neige et le vent dans la serre !
Oraison
Ayez pitié de mon absence
Au seuil de mes intentions !
Mon âme est pâle d’impuissance
Et de blanches inactions.
Mon âme aux œuvres délaissées,
Mon âme pâle de sanglots
Regarde en vain ses mains lassées
Trembler à fleur de l’inéclos.
Et tandis que mon cœur expire
Les bulles des songes lilas,
Mon âme, aux frêles mains de cire,
Arrose un clair de lune las;
Un clair de lune où transparaissent
Les lys jaunis des lendemains ;
Un clair de lune où seules naissent
Les ombres tristes de mes mains.
Feuillage du coeur
Sous la cloche de cristal bleu
De mes lasses mélancolies,
Mes vagues douleurs abolies
S’immobolisent peu à peu:
Végétations de symboles,
Nénuphars mornes des plaisirs,
Palmes lentes de mes désirs,
Mousses froides, lianes molles.
Seul, un lys érige d’entre eux,
Pâle et rigidement débile,
Son ascension immobile
Sur les feuillages douloureux,
Et dans les lueurs qu’il épanche
Comme une lune, peu à peu,
Elève vers le cristal bleu
Sa mystique prière blanche.
Poesie tratte da Serre Calde (nella traduzione di Milo De angelis)
Serra Calda
Serra in mezzo alle foreste!
E le vostre porte chiuse per sempre!
E tutto ciò che esiste sotto la vostra cupola!
E sotto la mia anima nelle vostre analogie:
I pensieri di una principessa che ha fame,
La noia di un marinaio nel deserto,
Una musica di ottoni alle finestre degli incurabili.
Andate negli angoli più tiepidi!
Sembra una donna svenuta in un giorno di raccolto,
Vi sono postiglioni nel cortile dell’ospizio;
Passa da lontano un cacciatore di alci che diventò infermiere.
Osservate al chiaro di luna!
(Nulla si trova al suo posto!)
Come una folle davanti ai giudici,
Una nave da guerra a vele spiegate su un canale,
Uccelli notturni sui gigli,
Un rintocco verso mezzogiorno,
(Laggiù sotto quelle campane!)
Un bivacco di malati nella prateria,
Un odore di etere in un giorno di sole.
Mio Dio! Mio Dio! Quando avremo la pioggia,
E la neve e il vento nella serra!
Orazione
Abbiate pietà della mia assenza
Alla soglie delle intenzioni!
L’anima è pallida di impotenza
E di inazioni bianche.
La mia anima dalle opere abbandonate,
La mia anima pallida di singhiozzi
Guada invano le mani affaticate
Tremare su ogni cosa non sbocciata.
E mentre il cuore soffia
Bolle di sogni color lilla,
La mia anima dalla fragili mani di cera
Annaffia un chiaro di luna stanco;
Un chiaro di luna dove traspaiono
I gigli ingialliti del domani;
Un chiaro di luna dove nascono soltanto
Le ombre tristi delle mani.
Fogliame del cuore
Sotto la campana di vetro azzurro
Delle mie stanche malinconie,
Le vaghe, abolite sofferenze
A poco a poco si fermano:
Vegetazioni di simboli,
Nenufari cupi dei piaceri,
Palme lente dei miei desideri,
Fredde schiume, molli liane.
Solo, in mezzo a loro, un giglio
Fragile nel suo rigido pallore
Erige un’ascensione immobile
Sui fogliami dolorosi,
E nei bagliori che diffonde
Come una luna, a poco a poco,
Alza verso il cristallo blu
La sua bianca, mistica preghiera.
« Ayez pitié ! », dit la grenouille.
Le Maître dit : « Ne craignez point,
Je ne suis qu’un mangeur de nouilles,
De vous convoiter je suis loin. »
« Ayez pitié ! », répète-t-elle.
Le Maître dit : « Je vous l’ai dit,
D’une créature mortelle,
Manger la chair m’est interdit. »
« Ayez pitié ! ». Il s’impatiente
Et se saisit de son bâton ;
Alors la grenouille volante
Prend l’air, et rentre à la maison.