Tra Venezia e Roma. Dov’è finito il cinema italiano?

La bocca del lupo di P.Marcello

Sono francamente stanco di sentir blaterare a proposito della crisi del cinema italiano, di quanto siano cattivoni questi beceri berlusconiani che tagliano i fondi per il cinema e di quanto siamo intellettuali noi che ci indigniamo per i film con tante parolacce dei Vanzina e vorremmo dieci cento mille Sorrentino per appagare la nostra fame borghese di libertà di pensiero perché viviamo in una dittatura travestita da democrazia bla bla bla.

Se il cinema italiano non produce più vagonate di film di qualità come nei gloriosi anni del dopoguerra e della censura DC non è certo perché non ci sono fondi governativi, ma perché non esistono più produzioni che investono sugli autori di qualità – che ci sono eccome e non si limitano a Sorrentino e Garrone. E perché le produzioni non dovrebbero più investire su un certo cinema? Perché non c’è alcun tipo di riscontro di pubblico. E questo è dimostrato dal fatto che anche i pochi film di qualità stranieri che arrivano sui nostri schermi stanno 1-2 settimane, se va bene, in una sala, e poi basta. E’ un problema di pubblico, quindi culturale. Non è un problema politico.

La DC negli anni ’50 e negli ’60 attuava una censura repressiva su cinema e televisione come neanche il fascismo aveva osato fare – mantenendo per lo più le stesse strutture e le stesse gerarchie – ma i film italiani di qualità c’erano perché il pubblico era affamato di cinema, di cultura e se ne strafotteva della censura, chiedendone ancora ancora e ancora. Il governo non dava una lira ai vari Montaldo, De Santis, Gregoretti, eppure oggi ce li sogniamo autori come questi nelle sale.

Perché una produzione italiana dovrebbe finanziare un’ipotetica opera prima di Montaldo nel 2010 se, bene che va, con la distribuzione al massimo ci rientra dei soldi investiti nella produzione? Il pubblico non va più a vedere questi film perché non li vuole vedere. Ragioniamo su questo, più che sui tagli governativi. Opere italiane uscite quest’anno e fatte con due soldi – per lo più non istituzionali – come La bocca del lupo di Marcello, Le quattro volte di Frammartino, Pietro di Gaglianone sono state per pochissime settimane al cinema. E questi sono autori che osano talmente tanto che al di fuori dei confini nazionali sono stati osannati in lungo e in largo, con premi, riconoscimenti, menzioni speciali. Mentre qua niente più che un trafiletto sul quotidianaccio di turno – altro punto su cui ragionare, collegato a quello del pubblico, vedi l’acuta intervista a Müller sul tema.

Dei quattro film italiani in competizione a Venezia quest’anno – come si fa a dire che sono pochi su una selezione internazionale di 22 film? – forse soltanto due meritavano il concorso: Martone, per il suo coraggio nel raccontare la storia della nostra identità come nessuno aveva mai osato – eccone un altro – e Celestini, con il suo delizioso e leggero affresco di un labirinto mentale senza via d’uscita. Le polemiche su Tarantino che non ha premiato neanche un film italiano sono inutili e faziose, visto che per lo più arrivano da chi non ha visto neanche un film della selezione – a detta di tutti, tra le migliori degli ultimi dieci anni. Questa volta Venezia ha superato Cannes dopo tanti anni – film come quelli di Gallo, Hellman, Miike e la Reichardt non ne vedevo da anni – ma il criticuccio di turno preferisce soffermarsi su quanto è stato cattivo il presidente della giuria nel premiare la sua ex moglie – buon film quello della Coppola – a scapito del “grandioso” cinema italiano di Mazzacurati e Costanzo – due film mediocri che però avranno più incassi di Martone e Celestini. Più che sul cinema italiano a bocca asciutta, fermiamoci a riflettere sul perché la maggior parte dei film presenti ogni anno a Venezia sono imposti dall’alto – come si osa un po’, vedi l’ennesimo Avati “sostituito” dal sorprendente Celestini, piovono pietre .

Tutto sommato, quindi, se il governo taglia i fondi al cinema dei Salemme, Verdone, Pieraccioni non dovrebbe interessare un tubo a noi, che siamo talmente dediti al cinema di qualità da perderci Marcello e compagnia briscola – come hai detto che si chiama quel “Marcello” di cognome?

Leggi i 2 commenti a questo articolo
  1. Francesco Giraldo ha detto:

    Sono d’accordo: è un problema di tipo culturale. Il 22 ottobre in Italia uscirà il bel film “Uomini di Dio” (Des hommes et des Dieux. Rimarrà nelle sale poche settimane…per poi girare in circuiti specializzati (sale d’essai e sale della comunità) grazie alla passsione di pochi ed illuminati gestori, che sono però in crescente difficoltà nel tenere aperto i loro locali. Forse dovrebbero essere sostenuti, perchè lì c’è ancora un pubblico formato e da formare.

  2. Maurizio Cotrona ha detto:

    il fatto è che cultura e politica, nel medio-lungo periodo, si influenzano reciprocamante
    (e da 15 anni, forse, la politica ha braccia troppo forti)

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