BC, figlia di Apollo (ma non dell’apollineo)
Su BombaCarta, Apollo e la croce…
Mi è capitato di riprendere in mano il saggio del 1908 di Chesterton Ortodossia (dovrò presentarlo ad agosto a Rimini) e, rileggendo questa miniera inesauribile, con il piacere della prima volta, ho trovato alcune osservazioni dello scrittore inglese che sembrano scritte apposta per l’evento che sarebbe accaduto 90 anni dopo, quando Antonio Spadaro dava vita a BombaCarta.
Nelle prime pagine del saggio, quando GKC riflette sulla figura del “pazzo” (una parte che spesso è stata citata nelle Officine di BC), insiste sul fatto che la creatività e l’immaginazione siano strettamente collegati con la salute fisica, psichica e morale dell’essere umano. Questa creatività della creatura “uomo”, è collegata con la sua guarigione, infatti, scrive, che “i Greci avevano ragione quando fecero di Apollo il dio sia della creatività, sia della salute, perchè egli era il patrono della poesia e il patrono della guarigione” (Ortodossia, Lindau, p.38 ). Ma il segreto di questa guarigione, che assume la forma della gioia, risiede nell’umiltà: “La stessa capacità di provare piacere [dell’uomo moderno] ha distrutto metà dei momenti di gioia. Nella ricerca del piacere, ha perso di vista quello principale, poiché il piacere più grande sta nella sorpresa. Così è diventato evidente che se un uomo vuole allargare i confini del proprio mondo, deve farsi piccolo. Perfino le visioni della superbia, le città costruite in altezza e i pinnacoli sono creazioni dell’umiltà. I giganti che calpestano le foreste come se fossero erba sono creazioni dell’umiltà. Le torri che svaniscono in alto al di sopra della stella più solitaria sono creazioni dell’umiltà. Perchè le torri non sono alte finché noi non alziamo gli occhi per guardarle; e i giganti non sono giganti a meno che non siano più grandi di noi. Tutta questa gigantesca immaginazione, la quale, forse, è il piacere più immenso dell’uomo, è, in fondo assolutamente umile. Senza l’umiltà è impossibile provare alcun piacere – perfino l’orgoglio“. (p.43) Il piacere più immenso dell’uomo è la sua immaginazione, gigantesca quanto umile.
Non è forse BC e la sua vita di oltre 15 anni, per tutti quelli che fanno parte di questa storia, in fondo, un grande piacere? Ma come raggiungerlo questo piacere che sembra inafferrabile (perchè è lui che ci coglie di sorpresa)? Il primo passo verso questa meta di umiltà e sanità sembra consistere dunque nel dismettere l’assioma dell’uomo moderno: credere in se stesso. Questo è una terribile debolezza, non solo per l’uomo in quanto tale, ma anche per l’uomo che si dedichi alla letteratura: “L’editore convinto che gli uomini farebbero strada se credessero in se stessi; colui che cerca il superuomo e tenta di trovarlo nello specchio; gli scrittori che parlano di imporre la propria personalità invece di creare vita per il mondo: tutte queste persone sono a poco più di un passo da un vuoto spaventoso” (p.34). Formidabile questa definizione del lavoro dello scrittore: non imporre se stessi ma “creare vita per il mondo”, sono cose dette più o meno tante volte dentro BC, soprattutto nella critica ad una certa deriva della letteratura del ‘900 e contemporanea, ma che trovano qui, secondo me, una conferma che allarga e approfondisce la nostra capacità di visione e di intelligenza.
C’è infine un’altra riflessione, che scaturisce sempre dall’umiltà, che mi ha fatto ripensare ancora a BombaCarta, e al suo nome così “esplosivo”, è quando GKC riflette sul “segreto del misticismo” racchiuso nel fatto che “l’uomo può capire ogni cosa grazie all’aiuto di ciò che non capisce. Il logico morboso cerca di rendere tutto chiaro e riesce a rendere tutto misterioso. Il mistico accetta che una cosa rimanga misteriosa, e tutto il resto diventa chiaro. Il determinista spiega la teoria della causalità molto chiaramente, e poi scopre che non riesce a dire “per favore” alla cameriera. Il cristiano ammette che il libero arbitrio rimanga un sacro mistero, ma per questo i suoi rapporti con la cameriera diventano di una chiarezza scintillante e cristallina. Mette i semi nel dogma nel centro dell’oscurità, ma poi si ramifica in tutte le direzioni spontaneamente e pieno di salute“.
Questo è stato anche un criterio che spesso ha accompagnato la vita di BC: cercare cose nuove, non temere le sfide, provare, con umiltà, ad affrontare temi e “frontiere” per noi inesplorate, esercitarci ad acquisire nuove visioni, orizzonti e prospettive inedite. E questo in un continuo flusso vitale armonioso tra arte e vita, senza astratte dicotomie o separazioni formali o peggio manichee. E qui GKC inserisce la sua riflessione sull’immagine della croce che potrebbe coincidere con la nostra amata “bomba” che dovrebbe far esplodere la creatività che rende l’uomo tale: “Avendo preso il cerchio come simbolo della ragione e della pazzia, potremmo ben prendere la croce come simbolo del mistero e allo stesso tempo della salute. Il buddismo è centripeto (cerca il centro), ma il cristianesimo è centrifugo (tende ad allontanarsi dal centro), si espande verso l’esterno. Perchè il cerchio è perfetto e infinito per sua natura, ma le sue dimensioni rimangono fisse nel tempo: non può mai essere più grande o più piccolo. Ma la croce, anche se al suo centro ha una collisione e una contraddizione, può estendere le sue quattro braccia per sempre, senza alterare la forma. Poichè ha un paradosso al centro, può crescere senza cambiare. Il cerchio è destinato a tornare su stesso, la croce apre la braccia ai quattro venti, è un segnale per i liberi viaggiatori” (p.37).
Ancora una volta vale quello che vale per gli scrittori: non imporre il proprio ego, in modo centripeto, ma “creare vita per il mondo“, non l’equilibrio perfetto e “apollineo” del cerchio ma la “collisione” ben rappresentata dall’immagine del crocevia, dell’incrocio. È questa forse la vera natura di questa strana storia che è BC: una continua “esplosione”, a catena, attraverso il tempo e lo spazio, per contagio e contatto, un’esplosione che BC vorrebbe creare ogni volta che crea occasioni di “incroci” tra persone che provengono da provenienze così diverse, spinti dai venti più misteriosi (la prima domanda al nuovo venuto è “come ci sei arrivato tu, qui?”), proprio come “liberi viaggiatori”.
che bello questo pezzo!
wow Maurizio! hai colto che ci tengo molto, grazie! (l’ho scritto col cuore e di getto)