Unfinished… full of promise

Horrors… not me, orrore, non io, fu la prima reazione di Flannery O’Connor, alla lettera di Suor Evangelist, dove le veniva richiesto di scrivere la storia di Mary Ann Long, una bambina morta di tumore all’età di dodici anni e curata per nove dalle suore della casa per malati di cancro “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso” di Atlanta. Correva la primavera del 1960 e la grande scrittrice cattolica, diffidando di quelle vicende di pargoli devoti che “tendono ad essere false”, suggeriva alle suore di scrivere loro stesse la storia della bambina, mentre da parte sua avrebbe provveduto all’introduzione del racconto. Nasce così A Memoir of Mary Ann originale, coraggiosa (e diciamo pure sconcertante) visione del problema del male secondo Flannery O’Connor. È cosa nota che l’autrice, seppure affermasse di scrivere non benché cattolica, ma perché cattolica, con le sue storie violente e grottesche, scandalizzasse in primis quel lettore cattolico superficiale e benpensante, pronto a cogliere sempre “l’orrore sbagliato”, anziché “le linee di movimento spirituale dei personaggi”. Nata a Savannah, in Georgia, nel 1925, da genitori di origine irlandese, Flannery aveva poco tempo a disposizione e lo sapeva: un lupus heritomatosus (grave insufficienza del sistema immunitario) ereditato dal padre, se la sarebbe portata via alle prime ore del mattino del 3 agosto 1964, a soli trentanove anni, lasciando un allevamento di pavoni e una produzione letteraria ristretta, ma di raro e inequivocabile talento: ventisette racconti, due romanzi, saggi brevi e un nutrito epistolario. Icona della narrativa statunitense, ricevette in vita due lauree ad honorem e vinse per tre volte il prestigioso O’Henry Award: nel 1988 la sua opera fu inclusa nella prestigiosa collana Library of America, onore riservato, tra i contemporanei, solo a William Faulkner. Nel 1979 John Huston trasse un film dal romanzo d’esordio La saggezza nel sangue. Nel nostro paese Flannery O’Connor, per i pregiudizi della critica e dell’editoria di sinistra e i timori di parte cattolica, è incredibilmente ancora un’illustre sconosciuta.
Giovane donna di straordinaria fede e forza di carattere, la scrittrice di Savannah ha definito la sua malattia “un luogo molto più istruttivo di un lungo viaggio in Europa”, dove”chi non ci passa perde una benedizione del Signore”: frasi che suonerebbero retoriche e falsamente pie se non provenissero da un’esperienza di vita che ha fatto dell’iniziazione alla morte le chiavi per affrontare il mistero della propria esistenza sulla terra. Forse è per questo che le suore si rivolsero a lei, donna, cattolica e malata incurabile, per scrivere la storia di Mary Ann; nonostante le ritrosie iniziali, il risultato fu uno scritto memorabile e sconcertante per profondità di fede e di pensiero. La O’Connor, girando e rigirando la foto della piccola tra le mani, definì senza mezzi termini quel volto sfigurato, anziché irrimediabilmente brutto o deturpato, unfinished, incompiuto. Mary Ann e Flannery ebbero in comune lo stesso destino: entrambe lo accettarono come un dono anziché come una disgrazia. Se la bambina visse fino all’ultimo con un entusiasmo tale da farla ribaltare dalla sedia, pur di non mollare la presa di un hamburger, la seconda, circondata dai suoi quaranta pavoni allevati a Andalusia, la fattoria di famiglia, “vide” e scrisse di un mondo Christ-haunted, infestato da Cristo, e attraverso di lui definitivamente salvato.
L’imperfezione di Mary Ann, la sua diminuzione, come quella di qualunque uomo, anziché essere il marchio da subire, la conseguenza di una colpa originaria, furono interpretati quindi dalla scrittrice come un’opportunità di un’azione creativa e continua, l’inizio del rinnovamento di una vita che vede il bene come something under construction, qualcosa in costruzione, per il quale anche il male può divenire una risorsa. L’incompiutezza, anziché motivo per screditare la bontà divina e condurre alle soglie del nichilismo e dell’assurdo, si rivela capace di schiudere un nuovo significato, che consiste nel totale affidamento a un progetto ulteriore. Il bene, troppo spesso ricercato in riccioli biondi e bianche piume angeliche, si presenta in questo caso con un aspetto grottesco, come il viso sfigurato della piccola Mary Ann: solo agli occhi di una fede salda e coraggiosa quel volto può apparire full of promise. Di fronte a una promessa non ancora realizzata pienamente, ma fermamente creduta, il bene perde quindi la sua estetica convenzionale e si presenta all’occhio profetico sub contraria specie. La parola mistero, dunque, anziché contrassegnare dolore, malattia e morte finisce per investire il senso stesso di una vita che si interroga finalmente sul da farsi rispetto a quella modalità fragile e imperfetta che caratterizza il nostro essere al mondo.

Leggi anche: http://www.laciviltacattolica.it/Quaderni/2005/3718/Articolo%20Spadaro.html


Gas-o-line n° 63 – Dicembre 2006

Gas-o-lineCari Bombers,
è stato pubblicato sul sito l’ultimo numero dell’anno della e-zine di BombaCarta: il numero di Dicembre di Gas-o-line.
Lo trovate, insieme a tutti gli arretrati di Gas-o-line, nella pagina dedicata a Gas-o-line all’interno del sito: https://bombacarta.com/gas-o-line/.

Auguriamo a tutti una buona lettura.

BUON NATALE e FELICE ANNO NUOVO

La Redazione


Pedalando in salita tra la “Recherche” di Proust e un testo di Maurizio

Cari Bloggers di BC, ecco una pagina del Diario del Laboratorio di scrittura creativa di BombaCarta a Roma. Il Diario, curato ogni settimana da uno dei partecipanti e dal sottoscritto, consente a chi frequenta il laboratorio di ritornare sull’esperienza fatta qualche giorno prima e di mettere a fuoco alcuni aspetti particolari del “narrare” emersi durante il lavoro comune di lettura e scrittura.

Condizione fondamentale per vivere con continuità e pienezza l’esperienza della lettura e della scrittura è il raccoglimento. Ne parliamo dopo aver letto un breve testo di Marcel Proust in cui viene descritta la “pergola” in cui “il silenzio era profondo” e “ogni rumore cessava”; un luogo nascosto che lo scrittore francese ricercava per mettere una distanza tra sé e gli altri, per raccogliersi in se stesso. Il testo di Proust è lo spunto concreto per un esercizio (da svolgere durante la settimana) che vuole essere un’occasione per prendere coscienza della propria capacità e volontà di riservare uno spazio alla scrittura e alla lettura. [Continua »]


Guillemots

Guillemots, Through the Windowpane
GuillemotsVisto che il Mercury Music Prize, il premio più prestigioso del panorama musicale inglese, consiste in una vincita in denaro, sarebbero bastati solo un po’ più di decenza ed un minimo di coraggio ad assegnare il riconoscimento ad una delle più preziose sorprese del 2006 piuttosto che agli Arctic Monkeys, che di quei soldi davvero non sanno che fare dall’alto delle classifiche di mezza Europa. I Guillemots, nome controverso del rock britannico – urie in italiano, cioè animali simili ad uccelli marini – gruppo composto da musicisti che [Continua »]


La mano di un vecchio

Questo racconto di Demetrio Paolin è una riflessione sulla scrittura. Nella mailing list di BombaCarta ha acceso un ricco dibattito che, sicuramente, finirà sulla nostra e-zine. Non resta che augurarvi buona lettura.

C’è la chiesa che praticamente è sul fiumiciattolo.
Ha le pareti di pietra grigia e misera. Non sta in alto, questa chiesa, ma sotto.
Tutto il paese incombe. Il campanile, per dirti, arriva all’altezza del ponte, che collega l’abitato alla via Salaria. Quindi se siamo quaggiù, come ora che è notte e tira un vento umido che ti fa le ossa molli, non vediamo niente del paese. Siamo intabarrati e io ho tirato pure su il cappuccio della giacca, mentre tu tieni i capelli sciolti e sei bella, di una bellezza strana che s’intona a questa pietra a questa notte a quest’acqua corrente.
Qui, ci dice l’uomo, erano le prigioni. Le ultime persone che furono chiuse dentro – e ci indica una porticina che si apre su di un muro, senza finestre o sbocchi, ma chiuso – erano delle partigiane.

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Sodastream

Sodastream, Teatro Sanzio, Urbino, 10 dicembre 2006

Dieci anni di musica insieme, quattro album, un live ed una manciata di ep, hanno suonato in giro per il mondo tutto questo tempo e a loro dire il teatro di Urbino che li ospita per questa tappa italiana è lo spazio più bello nel quale abbiano mai suonato. È difficile pensare quanto siano stati tenaci i Sodastream, duo australiano originario di Melbourne, in questi anni sempre più difficili per la musica internazionale. E loro lo sanno bene, visto che è anche attraverso la vendita diretta dei loro cd alla fine dei concerti che si sorregge finanziariamente il loro progetto. I Sodastream sono l’esempio vivente di come il discorso economico sia centrale nell’attività artistica di un individuo e di come questo si rifletta nel panorama musicale internazionale. L’unico modo per loro di uscire dall’anonimato fu quello di essere inclusi quasi per caso, o comunque senza la loro consapevolezza, nel movimento (mio Dio, parlare di movimenti nella musica indie…) New Acoustic di qualche anno fa che gettò una luce nell’oscuro che li aveva avvolti scandalosamente fino a quel momento. Ma a loro, Karl Smith e Pete Cohen, poco sembra interessare ciò che succede intorno: sul palco, fedeli i loro strumenti, dieci corde in tutto (una chitarra e un contrabbasso per la maggior parte del tempo), li attendono oggi come dieci anni fa. [Continua »]


La famiglia e (è) l’avventura

ChestertonDi recente, anche in lista, si è discusso sul fatto, sollevato da qualche critico italiano, che la narrativa italiana sarebbe poco avventurosa perchè troppo “piena” di famiglia. Invece la realtà è l’esatto opposto: c’è poco avventura perchè c’è poca famiglia. Lo aveva detto, un secolo fa, con la solita grande intelligenza, Gilbert Keith Chesterton. Ecco qua un brano tratto dal saggio Eretici, buona lettura!

Alcuni saggi della nostra decadenza hanno portato un serio attacco alla famiglia. L’hanno contestata, a mio giudizio, su basi errate; e i suoi difensori l’hanno difesa, e difesa su basi errate. La comune argomentazione a favore della famiglia vuole che, nella tensione e nell’instabilità della vita, essa sia pacifica, piacevole e armoniosa. E c’è un’altra difesa della famiglia che è possibile e, ai miei occhi, evidente; che essa non è pacifica né piacevole né armoniosa. [Continua »]