Le frontiere dei colori

Guardare il mondo significa vedere persone e vedere cose.

Persone e cose sono sempre colorate. Dunque vedere il mondo significa vedere colori. Ma questi oggetti non sfumano l’uno sull’altro, l’uno nell’altro. Il grigio della caffettiera non sfuma nel rosa della mia mano. Il grigio è grigio e il rosa è rosa, anche se la mia mano rosa, per prendere quella cosa grigia, deve adeguarsi alla sua forma. Persino due corpi nudi che si avvicinano restano di un rosa o di un nero o di un altro colore diverso. E, se non basta il colore, la differenza è data anche dall’ombra dell’uno sull’altro che produce contrasto. [Continua »]


Philippe Jaccottet. Fiori, colori.

Quando si parla di colori si finisce per trattare, prima o poi, anche dei fiori: tema capitale della poesia che però riesce difficilmente a interessare ancora il lettore contemporaneo. Per uno sguardo conquistato, suo malgrado, dall’invasità del male, la bellezza di una corolla, così inutile e indifesa, passa in second’ordine. In Tempi brutti per la poesia Brecht proclama il suo entusiasmo per il melo in fiore, ma solo i proclami di Hitler lo spingono a impugnare la penna; avrebbe voluto scrivere di quel bianco vivo e supremo ma trovava quasi offensivo dedicarvi attenzione mentre l’Imbianchino – come soprannominava il dittatore – annullava tutte le opinioni attraverso metodiche, inarrestabili pennellate di retorica. I colori scomparivano dal suo mondo, annullati dall’uniformità dell’ideologia.

Questa primavera mi sono imbattuto in una raccolta di poesie sui fiori davvero convincenti: si tratta di E, tuttavia, dello svizzero Philippe Jaccottet (traduzione di Fabio Pusterla, Marcos y Marcos, 2006, pagg. 209, euro 15,00). Una lettura che, incredibilmente, mi ha imposto i luoghi in cui leggerla; perché la grande poesia non si può leggere ovunque, né a qualsiasi ora, almeno per chi legge con il corpo oltre che con le meningi. Questo volume va assaporato all’aria aperta, in silenzio, immersi nel verde e nel sole. Sa di felicità conquistata [Continua »]


"La stanza del figlio" e la logica del dono

LA STANZA DEL FIGLIO
Regia: Nanni Moretti
Con: Nanni Moretti (Giovanni), Laura Morante (Paola), Giuseppe Sanfelice (Andrea), Jasmine Trinca (Irene), Sofia Vigliar (Arianna)
Anno: 2001; vincitore in quell’anno della Palma d’Oro al festival di Cannes, del Nastro d’Argento e di tre David di Donatello (miglior film, miglior attrice protaonista, miglior musicista).

Qualche sera fa mi è successa una cosa molto strana. Ho passato quasi un’ora al telefono con un amico che ha rischiato di perdere la propria bimba di venti mesi. Poi mi sono messo a rivedere questo film, che voglio inserire in un piccolo ciclo di cineforum dedicato a un gruppo famiglie del bergamasco.
Forse ancora “scottato” dal lungo colloquio, “La stanza del figlio” mi ha scosso violentemente, ancor più della prima volta in cui lo vidi, nel 2001, appena uscito nelle sale cinematografiche.
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Il rosso di Emily Dickinson: frattura e riconoscimento

Note dell’intervento in Officina BombaCarta 25/11/2006

Emily DickinsonIl colore per eccellenza è quello che si distingue, che segna una discontinuità, una frattura.

Sleep is supposed to be
By souls of sanity –
The shutting of the eye.

Sleep is the station grand
Down wh’ on either hand –
The Hosts of Witness stand! [Continua »]


Riletture

Il tema del rapporto tra l’autore e il lettore è interpretato in modo originale nella poesia di Margherita Guidacci, All’ipotetico lettore, tratta dalla raccolta Anelli del tempo: colui che scrive mette con fiducia la sua anima tra le mani del lettore e chiede a lui di diventare il nido in cui possa riposare serena.

Questo rapporto, però, sottolinea la poetessa, non è un possesso geloso ed esclusivo: le vie che un giorno si sono incontrate possono dividersi. [Continua »]


Colori come desideri

Provo a riflettere sulla “realtà” non come essa mi appare e la percepisco, ma come la descrive quel ramo della fisica che studia i fenomeni luminosi, l’ottica. Quest’ultima definisce un determinato colore come un’onda radio-magnetica che possiede una determinata frequenza e lunghezza d’onda (parole di un mio collega di scienze). Ora, sappiamo che quando la luce investe un oggetto, se questo ci appare bianco, significa che riflette tutte le onde luminose il cui fascio costituisce la luce, se risulta nero significa che le assorbe tutte (come fosse in una stanza buia), se ci sembra, ad esempio rosso, significa che il rosso è proprio l’onda riflessa: Cioè, dico io, il colore che noi vediamo è proprio ciò che non appartiene alla cosa. IL COLORE ESPRIME UN TIPO DI MANCANZA DELLA COSA. Ontologicamnte esprime una precisa mancanza.

Passo ora a considerare le forme degli oggetti. Le cose e noi stessi abbiamo dei contorni, dei confini spaziali che sono anche dei limiti. Grazie ad essi noi entriamo in relazione con la realtà circostante e con gli altri; senza limiti saremmo tutti una gelatina indistinta. È il limite, dunque, che concorre a definire la nostra identità. Se dai contorni passiamo ai colori, si può forse dire che il colore è anch’esso il loro confine, il loro limite cromatico. Mi piace pensare che le creature invochino una relazione proprio attraverso i loro limiti e le loro mancanze. I COLORI COME DESIDERI…


Il Re Leone, ovvero diventare ciò che si è

Film: IL RE LEONE
di Roger Allers e Rob Minkoff, USA 1994, prod.Walt Disney, 88 minuti, animazione

Il Re LeoneIl famoso e fortunato 32° lungometraggio della Walt Disney è un altro film che si presta in modo efficace per l’insegnamento di alcuni argomenti all’interno di un corso di religione cattolica per le scuole superiori. In particolare, il nucleo tematico che qui intendo evidenziare è quello della crisi di identità e dell’amore inteso come relazione che permette e garantisce la fedeltà a se stessi.

Il primo aspetto, la crisi d’identità del protagonista, è un tema che riguarda da vicino gli adolescenti, i ragazzi studenti delle classi superiori i quali, quando comincio a parlare del Re leone, fanno subito cenno di averlo visto e rivisto (soprattutto quando erano un po’ più giovani d’età) e di conoscerlo bene, anche grazie all’accattivante colonna sonora. È un particolare, questo della conoscenza del film da parte dei ragazzi, molto utile ai fini didattici: si può discutere di questo film anche senza mostrarlo, totalmente o parzialmente, proprio perché si parla di qualcosa che i ragazzi “posseggono” e all’interno del quale si muovono tranquillamente, a proprio agio. Raccontiamone quindi, in modo sintetico, la trama e, nello stesso tempo, vediamone gli aspetti più interessanti. [Continua »]