di
Elena Buia -
pubblicato il 8 Dicembre 2006
Autore di raro e indiscusso talento, con soli tre dischi all’attivo, Nick Drake, passato per anni inosservato al grande pubblico, è considerato oggi un musicista di culto. Shy, detached, remote from other people (timido, distaccato, lontano dalle altre persone) lo definisce chi l’ha conosciuto e l’ha visto camminare per le vie di Londra con la testa calcata tra le spalle, come a ripararsi da un costante vento gelido. Affascinante, misterioso, raffinato; ai comprensivi produttori discografici della Island, che lo pregavano di promuovere i suoi dischi dal vivo, rispondeva gentile: I will think about it, ora ci penso.
In tempi in cui Jim Morrison veniva puntualmente tirato giù dal palco dalla buoncostume e Paul Mc Cartney dava scandalo dichiarando di aver provato l’LSD, Nick Drake, in una delle sue rarissime performance live, seduto al centro dell’occhio di bue, sconcertava il pubblico, cantando una canzone dietro l’altra, senza interruzione e senza alzare lo sguardo: anti-divo per antonomasia, si alzava alla fine per andarsene, con l’ultima nota della chitarra ancora tenuta. La madre, Molly Drake, mimetizzata con il marito in una folla scalmanata di ventenni, notò che in quell’occasione Nick portava quei pantaloni neri che si metteva tutti i giorni. Del mondo rock, Drake con nonchalanche ha trasgredito la trasgressione non solo nelle pose, ma anche nell’interpretazione delle canzoni, dove ai wanna-gonna e ai come-on-baby d’oltreoceano, ha sostiuito l’englishness della sua pronuncia perfetta made in Cambridge.
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