Figli di Sisifo

Anticipiamo uno dei pezzi del nuovo numero di BombaSicilia: “Padri, Fogli e Figli” on-line dal 20 maggio.

Foto di Marco MarincolaPotevo parlarvi di Dostoevskij che iniziò a scrivere per risolvere l’omicidio del padre e comprendere la sua epilessia; potevo parlarvi ancora di Celan che nella poesia riabbraccia sua madre e la sua lingua; potevo pure rileggere per voi Conversazione in Sicilia che sulle schiene dei topi della memoria conduce Silvestro, l’io narrante degli astratti furori a recuperare il senso dell’impegno guidato dalla madre Concezione che poi passa il testimone agli altri mistagoghi, potevo pure concentrarmi sulla genitorialità in tutta l’opera di Stephen King o in qualunque altro autore.

Ma sarebbe stato davvero utile? L’ha detto bene Costantino nell’editoriale, non si può individuare in tutta la letteratura un tema così vasto come questo della genitorialità.

E allora ve lo dico subito: questo pezzo è soltanto una lunga e densissima citazione, una lettera che lo scrittore Gioacchino Martinez, protagonista de Lo Spasimo di Palermo di Consolo, scrive al figlio Mauro, terrorista rifugiato in Francia.

Lo Spasimo di PalermoUn legame si rinsalda tra l’infanzia in Sicilia, la stagione delle stragi e l’eredità dei padri che sono stati figli nel dopoguerra. Toni mitici, che legano alla storia di Martinez e del figlio Mauro la vicenda di Borsellino, anch’egli figlio che lotta per l’autorità perduta del padre-Stato. Sono siciliano e palermitano, di quegli anni ricordo solo un tema fatto in quinta elementare e parole sentite per la prima volta: cellulare e tritolo.

Questa lettera è anche per me, che dello Spasimo di Palermo ricordo il tetto mancante e gli spettacoli teatrali fatti proprio in onore di Falcone ogni anno, a fine maggio, con in testa le stelle. Per arrivare allo Spasimo s’attraversano le vie in cui Falcone e Borsellino hanno giocato, picciriddi con quelli che poi sarebbero diventati mafiosi. Consolo sceglie proprio la paternità come tema portante, una paternità ferità che nasce sulle ceneri di un rimorso mai sopito, di figlio in padre, eredità con cui è d’obbligo confrontarsi e infuriarsi.

Leggendo questo testo il mito lievita, Palermo come Troia, città distrutta, col centro storico mai ricostruito di case sventrate, vestigia perdute e la memoria che cola nei rivoletti delle strade. Padri e figli, come Enea, che si porta sulle spalle il padre Anchise e per mano Iulo. Una lettera che parla a ciascuno di noi, che da ciascuno di noi esige una risposta.

Mauro, figlio mio,

sì, è così che sempre ti ho chiamato e continuo a chiamarti: figlio mio. Ora più che mai, lontani come siamo, ridotti in due diversi esili, il tuo forzato e il mio volontario in questa città infernale, in questa casa… smetto per timore d’irritarti coi lamenti.

Figlio, anche se da molto tempo tu mi neghi come padre.

So, Mauro, che non neghi me, ma tutti i padri, la mia generazione, quella che non ha fatto la guerra, ma il dopoguerra, che avrebbe dovuto ricostruire, dopo il disastro, questo Paese, formare una nuova società, una civile, giusta convivenza.

Abbiamo fallito, prima di voi e come voi dopo, nel vostro temerario azzardo.

Ci rinnegate, e a ragione, tu anzi con la lucida ragione che ha sempre improntato la tua parola, la tua azione. Ragione che hai negli anni tenacemente acuminato, mentre in casa nostra dolorosamente rovinava, nell’innocente tua madre, in me, inerte, murato nel mio impegno, nel folle azzardo letterario.

In quel modo volevo anch’io rinnegare padri, e ho compiuto come te il parricidio. La parola è forte, ma questa è.

Il mio primo, privato parricidio non è, al contrario del tuo, metaforico, ma forse tremendamente vero, reale.

Tu sai dello sfollamento per la guerra a Rassalemi, del marabutto, dell’atroce fine di mio padre, della madre di tua madre, del contadino e del polacco. Non sono riuscito a ricordare, o non ho voluto, se sono stato io a rivelare a quei massacratori, a quei tedeschi spietati il luogo dove era stato appena condotto il disertore. Sono certo ch’io credevo di odiare in quel momento mio padre, per la sua autorità, il suo essere uomo adulto con bisogni e con diritti dai quali ero escluso, e ne soffrivo, come tutti i fanciulli che cominciano a sentire nel padre l’avversario.

Quella ferita grave, iniziale per mia fortuna, s’è rimarginata grazie a un padre ulteriore, a un non padre, a quello scienziato poeta che fu lo zio Mauro. Ma non s’è rimarginata, ahimè, in tua madre, nella mia Lucia, cresciuta con l’assenza della madre e con la presenza odiosa di quello che formalmente era il padre.

Sappi che non per rimorso l’ho sposata ma per profondo sentimento, precoce e inestinguibile. Quella donna, tua madre, era per me la verità del mondo, la grazia, l’unica mia luce, e per sempre viva.

La mia capacità d’amare una creatura come lei è stato ancora un dono dello zio.

Al di là di questo, rimaneva in me il bisogno della rivolta in un altro ambito, nella scrittura. Il bisogno di trasferire sulla carta – come avviene credo a chi è vocato a scrivere – il mio parricidio, di compierlo con logico progetto, o metodo nella follia, come dice il grande Tizio, per mezzo d’una lingua che fosse contraria a ogni altra logica, fiduciosamente comunicativa, di padri o fratelli – confrères – più anziani, involontari complici pensavo dei responsabili del disastro sociale.

Ho fatto come te, se permetti, la mia lotta e ho pagato con la sconfitta, la dimissione, l’abbandono della penna.

Compatisci, Mauro, questo lungo dire di me. È debolezza d’un vecchio, desiderio estremo di confessare finalmente, di chiarire.

Questa città, lo sai, è diventata un campo di battaglia, un macello quotidiano. Sparano, fanno esplodere tritolo, straziano vite umane, carbonizzano corpi, spiaccicano membra su alberi e asfalto – ah l’infernale cratere sulla strada per l’aeroporto! – è una furia bestiale, uno sterminio. Si ammazzano tra di loro, i mafiosi, ma il loro principale obiettivo sono i giudici, questi uomini diversi da quelli d’appena ieri o ancora attivi, giudici di una nuova cultura, di salda etica e di totale impegno costretti a combattere su due fronti, quello interno delle istituzioni, del corpo loro stesso giudiziario, asservito al potere o nostalgico del boia, dei governanti complici e sostenitori dei mafiosi, da questi sostenuti, e quello esterno delle cosche, che qui hanno la loro prima linea, ma la cui guerra è contro lo Stato, gli Stati per il dominio dell’illegalità, il comando dei più immondi traffici.

Ma ti parlo di fatti noti, diffusi dalle cronache, consegnati alla più recente storia.

Voglio solo comunicarti le mie impressioni su questa realtà in cui vivo.

Dopo l’assassinio in maggio del giudice, della moglie e delle guardie, dopo i tumultuosi funerali, la rabbia, le urla, il furore della gente, dopo i cortei, le notturne fiaccolate, i simboli agitati del cordoglio e del rimpianto, in questo luglio di fervore stagno sopra la conca di cemento, di luce incandescente che vanisce il mondo, greve di profumi e di miasmi, tutto sembra assopito, lontano. Sembra di vivere ora in una strana sospensione, in un’attesa.

Ho conosciuto un giudice, procuratore aggiunto che lavorava già con l’altro ucciso, un uomo che sembra aver celato la sua natura affabile, sentimentale dietro la corazza del rigore, dell’asprezza. Lo vedo qualche volta dalla finestra giungere con la scorta in questa via d’Astorga per far visita all’anziana madre che abita nel palazzo antistante. Lo vedo sempre più pallido, teso, l’eterna sigaretta fra le dita. Mi fa pena, credimi, e ogni altro impiegato in questa lotta. Sono persone che vogliono ripristinare, contro quello criminale, il potere dello Stato, il rispetto delle sue leggi. Sembrano figli, loro, di un disfatto padre, minato da misterioso male, che si ostinano a far vivere, restituirgli autorità e comando…

Vincenzo Consolo, Lo Spasimo di Palermo, Mondadori, Milano 1998.


Affidamento, intimità e rigenerazione: l’arte di dormire

Alcyon Sleep di Rodney Graham

Disteso sul sedile posteriore di un furgone, mentre le immagini della periferia di Vancouver si riflettono sul suo pigiama di seta blu, Rodney Graham dorme beato. Autore e protagonista del video di 26 minuti, intitolato Alcyon Sleep, l’artista canadese sperimenta e rappresenta una delle caratteristiche principali del dormire:l’affidarsi. Come un bambino si abbandona al movimento cullante della macchina, come un bambino si fa portare. Eppure nel video chi guida non si vede, ma ci deve essere…perché in quel guidatore ogni fiducia è riposta. [Continua »]


L’arte della Fuga nelle mani di un talento

Bahrami RaminLa nuova stella del pianismo internazionale, Ramin Bahrami, a Urbino per eseguire l’opera di Bach.

Martedì 16 maggio rappresenta una data che tutti gli appassionati di musica devono segnare in rosso: al Teatro Sanzio di Urbino, alle ore 21,00, l’acclamato pianista Ramin Bahrami, indicato come l’erede naturale di Glenn Gould, eseguirà L’Arte della Fuga (Die Kunst der Fuge BWV 1080) di Johann Sebastian Bach.

Il concerto costituisce una delle due uniche date italiane del tour europeo che l’artista ha concesso prima di dedicarsi alla incisione dell’opera per la Decca.

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Un nodo d’acciaio

Nell’antologia Un nodo d’acciaio, pubblicata dalla casa editrice ExCogita e curata dall’associazione TarantoViva, non c’è posto per disfattisti, piagnoni o narratori dall’inchiostro d’aria. La questione non è di certo nuova – purtroppo – ma resta estremamente seria, e perciò non si scherza: Taranto e Ilva. E il nodo che li lega e che li stringe, soffocando via via ora un capo ora l’altro.
Cronache, racconti, resoconti, ricordi, riflessioni e analisi economico-sociali gettano luce su alcune delle tante sfaccettature di una città al cospetto di un ingombrante stabilimento siderurgico. Due mondi paralleli – dalla ormai comune polverosa anima rossa − le cui vite si incrociano, si invadono e si fondono, talvolta annullandosi. Ilva come erma bifronte? Anche, ma non solo. Lavoro e sostentamento da un lato, infortuni e inquinamento dall’altro. Ma Ilva anche come tassello fondamentale di un processo che porta il capoluogo jonico a meditare sulla possibilità di ricercare una nuova vocazione economica.
A firmare gli svariati contributi sono stati giornalisti, scrittori, fotografi, illustratori, [Continua »]


Domenico di Tullio: occupazioni e culture non conformi

Giovedì 18 maggio, ore 21.00, Via Napoleone III n. 8 a Roma, presso l’associazione di Promozione sociale CASAPOUND si terrà la presentazione del libro “Centri Sociali di Destra – Occupazioni e culture non conformi”. Interverranno Alberto Castelvecchi, editore e uomo di Sinistra, Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista gioiosamente oltre la Destra.


TeenWriters parte I: “Un’espressione che mostrava un cuore lacerato”

La storia non è male. Scena prima. Benedetta incontra Sergio e capisce (dal suo sguardo) che qualcosa è accaduto: il nonno dell’amico è morto e Benedetta, dopo un momento di indecisione, si offre di accompagnare Sergio al funerale.
Scena seconda, il giorno seguente, in chiesa. Pur rimanendo tutto il tempo della funzione vicino a Sergio, Benedetta si percepisce isolata: la cerimonia e le persone che vi partecipano le sono estranee e i loro sentimenti, troppo intensi, la sovrastano. “La rendeva parte di quella gente solo la nervosa mano di Sergio intrecciata nella sua”. Benedetta piange.
Scena terza, al cimitero. È il momento “più toccante”, ci dice l’autore. Benedetta scoppia ancora in lacrime e poi mentre tutti sono (presumibilmente) concentrati sul nonno, lei invece nota altri uomini e altre donne e ne rimane incantata: “lenti, amorevoli, minuziosi, staccavano i petali delle rose ormai appassite, cambiavano l’acqua e pulivano tutto intorno, ognuno compiva le medesime azioni, ogni gesto a totale beneficio e nella totale perdita dell’amore per il defunto”. Fine? No.
Benedetta (che è anche il nome dell’autore) si lascia tentare: Benedetta (personaggio) capisce ora “che è possibile amare una persona anche quando non è più su questa terra”, che “il dolore è forse uno dei sentimenti che più difficilmente puoi controllare” e, infine, “imparò molte cose, provò emoizioni e sentimenti che non conosceva, apprese (…) il massimo dell’amore che si può provare”. Capisce, insomma, la morale della favola.

Benedetta (autrice) ha diciassette anni e [Continua »]


Week-end con l’autore

Week-end con l’autore: laboratori di lettura e scrittura organizzati dal Parco Letterario® “Paolo Volponi”.

Parco Letterario® “Paolo Volponi”Il Parco Letterario® “Paolo Volponi” appartiene alla Rete Nazionale dei Parchi Letterari® e nasce per iniziativa del G.A.L. “Montefeltro Leader” con il supporto del G.A.L. “Flaminia Cesano”, racchiudendo tutto il territorio collinare e montano della Provincia di Pesaro e Urbino. Attraverso il Parco si vuole diffondere e promuovere la conoscenza di Paolo Volponi (1924-1994), un grande uomo di cultura ed uno dei maggiori autori del Novecento italiano, profondamente legato ai luoghi ed al paesaggio d’origine, dai quali ha tratto ispirazione e che ha spesso descritto nelle sue opere.

Il ‘Weekend con l’autore’ è un’iniziativa con cui il Parco Volponi dà vita a laboratori di lettura e scrittura creativa. Sono incontri di taglio seminariale in cui chiunque sia interessato all’esperienza del leggere e dello scrivere potrà confrontarsi con personalità importanti, quali scrittori e addetti ai lavori.

Il prossimo incontro è con Tiziano Scarpa, nato a Venezia nel 1963. Il suo ultimo libro è Batticuore fuorilegge (Fanucci, 2006). Ha scritto i romanzi Occhi sulla graticola (Einaudi, 1996) e Kamikaze d’Occidente (Rizzoli, 2003), le raccolte di racconti Amore® (Einaudi, 1998) e Cosa voglio da te (Einaudi, 2003) e quella di interventi critici Cos’è questo fracasso? (Einaudi, 2000), il libro di aforismi Corpo e il poema teatrale Groppi d’amore nella scuraglia (Einaudi, 2005). Presso Feltrinelli ha pubblicato la guida Venezia è un pesce (2000; edita anche in audiolibro da Il Narratore). Con Raul Montanari e Aldo Nove ha scritto le poesie Nelle galassie oggi come oggi. Covers (Einaudi, 2001). È autore di radiodrammi (Popcorn, 1997, trasmesso da RadioRai, BBC e numerose radio europee; La visita, 2006) e testi teatrali (Comuni mortali, 2005; Il professor Manganelli e l’ingegner Gadda, 2006; La custode del disastro, 2006). Le sue opere sono tradotte in svariate lingue.

In autunno è prevista la partecipazione di Claudio Magris.

La rassegna è curata da Alessio Torino. [Continua »]