“Domani è un altro giorno”

«Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all’uomo la morte (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell’orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell’orcio»
I miti greci sull’origine del mondo ci raccontano di un tempo in cui gli uomini vivevano felici, senza conoscere sofferenza né morte.
Questo finché Pandora non aprì il vaso che racchiudeva tutti i mali del mondo, più la speranza.
Ma perché la speranza insieme ai mali?

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Il fardello dell’Uomo Ragno

Se da “grandi poteri derivano grandi responsabilità” è vero anche che da piccoli poteri derivano piccole responsabilità, da medi poteri solo medie responsabilità e infine da nessun potere nessuna responsabilità? Esiste cioè una scala gerarchica che lega in maniera biunivoca potere e responsabilità?
Le considerazioni che seguono sono tese a problematizzare una connessione che a prima vista può sembrare ovvia, ma che in realtà si rivela estremamente stratificata. Infatti I due poli che compongono la relazione non sempre sono bilanciati (come la frase dello zio Ben lascerebbe intendere) ma, invece, sottendono delle conflittualità e dei rovesci che possono far emergere il dato che poteri e responsabilità spesso si intrecciano in maniere impreviste e imprevedibili. [Continua »]


[Report] Officina di gennaio 2020

Margherita

La prima parte dell’intervento ha preso in analisi la vita del romanziere russo Lermontov e di Pecorin, protagonista del suo romanzo Un eroe dei nostri tempi. I fatti principali delle loro esistenze sono in buona parte sovrapponibili – l’educazione, la carriera militare, furono inviati entrambi a prestare servizio in Caucaso – ma, mentre l’autore fu ucciso nella città di Pijatigorsk da un vecchio compagno d’armi durante un duello, nel romanzo il protagonista si trova nella stessa situazione, nella stessa città, quando uccide un vecchio compagno d’armi in duello. Questa grande coincidenza – sembra quasi che Lermontov abbia “predetto” la sua morte, avvenuta tre anni dopo la pubblicazione del romanzo – ci porta ad osservare quanto sia sottile il confine tra finzione e vita reale, ma anche ad interrogarci su cosa sia un eroe. Pecorin è definito sin dal titolo del romanzo un “eroe”, eppure, a differenza del proprio autore, uccide un amico. [Continua »]


Opportunità o senza pensieri?

Dall’editoriale di questo mese scaturisce una messe di riflessioni; per me emerge con forza la parola responsabilità. Ancor più della parola potere/poteri.

Il termine responsabilità deriva dal latino respònsus, il participio passato del verbo respòndere.

Rispondere non solo nel senso di dare un riscontro, una risposta, ma anche dell’impegno che ci si prende nel dare seguito alle nostre azioni o nel prevedere le conseguenze che possono derivare.

L’Officina si presenta decisamente interessante e, da lontano spettatore, provo a condividere qui alcuni spunti che proprio l’editoriale mi ha regalato: da un lato la responsabilità come opportunità e dall’altro la responsabilità come qualcosa che si può anche evitare. [Continua »]


“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”

Dimmi chi è il tuo eroe e ti dirò chi sei – di Margherita Morelli

“Sei il mio eroe…” dice ancora un po’ sconvolta, ma già con un bagliore speciale negli occhi, la bella fanciulla la cui borsetta era stata arraffata da un fulmineo scippatore, mentre vede tornare vittorioso il giovane salvatore che ha recuperato la suddetta borsetta e che ora corre a passi leggeri verso di lei, avvicinandosi già al suo cuore.

È il suo eroe, dunque, ma è anche l’aitante coprotagonista della commedia romantica che stiamo guardando, nonché l’esempio “vivente” di quanto spesso ci capiti di sentire o pronunciare – o leggere in questo caso – la parola “eroe” senza neppure pensarci. Eppure questa è una parola antichissima, che ha viaggiato attraverso i millenni, rimanendo in alcune lingue pressoché invariata rispetto alla sua forma originaria – il greco ἥρως (hrōs). [Continua »]


[Report] Officina di dicembre 2019

Valerio

A partire dalla celeberrima scena di Blade Runner, possiamo scomporre la frase usata dal replicante Roy Batty in tre momenti: 1) ho visto cose (cioè ho realmente vissuto, ho compiuto un’esperienza); 2) che voi non potete neanche immaginare (dunque cose “enormi” e incomunicabili); 3) (che, non raccontandole) scivoleranno via come lacrime nella pioggia (e moriranno con me).

A questa scena offre un divertente controcanto il racconto inventato da Manuel Fantoni in Borotalco, che capovolge la situazione. Manuel non ha “visto cose” – o quantomeno non ha visto quel che racconta – e  dunque può solo immaginare un’esistenza meno noiosa di quella che lo ha contraddistinto. [Continua »]


La magia della parola e dell’occhio

Ancora una volta l’editoriale che apre alla prossima imminente Officina fornisce più di uno spunto di riflessione. E ancora una volta BC si riconferma il “contenitore” dove le cose accadono e per una strana magia si incontrano e si incrociano pur provenendo da… galassie diverse.

Vorrei partire dalla parola “magia” e dall’intreccio (casuale?) di questo tema di Officina con una delle mie ultime letture, “Amatissima” di Toni Morrison, premio Nobel per la letteratura nel 1993.

Il romanzo è un affresco della condizione degli schiavi in America a pochi anni dalla fine della Guerra di Secessione: un dipinto della condizione femminile, uno spaccato crudo e potente del rapporto madre-figlia in una società dove essere donna e di colore era il mix di condizioni peggiori in assoluto. Una madre, due figlie; un crudele infanticidio e una vita, anzi tre vite che vanno avanti e si intrecciano senza lambire la storia più grande, quella con l’iniziale maiuscola. E la presenza (o le presenze) di spiriti, ombre così forti da essere reali. [Continua »]