Quello che si perde

Ci pensi ogni tanto alle rane?, domanda Francesco Bianconi al suo amico di infanzia in un testo intriso di nostalgia sulla giovinezza perduta e il tempo che ci sfugge, pur conservando i propri segni. Nella canzone Le rane dei Baustelle, la prospettiva assunta è quella di chi ha abbandonato da tempo la provincia, presumibilmente per trasferirsi in città, e parla al suo compagno di giochi, ormai lasciato indietro insieme alle fantasie che animavano le loro giornate estive.

Ogni esistenza ha le proprie rane, simbolo di una spensieratezza ormai trascorsa, gioco su cui si indugiava da ragazzi, perduto insieme alle speranze e all’innocenza (“ti sei sistemato? che prezzo hai pagato?”). Le rane rappresentano i nostri ricordi felici, quelli che, una volta recuperati dall’antro polveroso della memoria, consentono a Robin Williams/Peter Pan di tornare a volare in Hook di Spielberg. Ma anche quelli che possono farci cadere nella disperazione, come ricorda il grido doloroso di Moretti in Palombella rossa:

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BombaCalendario

Officina di espressioni creative
Sabato 22 marzo: ore 15.00-18.00
Via di Porta Pinciana, n. 1 (Roma)
Tema: Cercare l’invisibile – Quello che si perde
Laboratorio di lettura O’Connor
Giovedì 20 marzo: ore 19.00-20.30

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Qualcosa di nascosto – Sotto la superficie

Tra le cose invisibili, alcune sono tali perché si trovano in luoghi generalmente poco accessibili. Anche non vedendole, sappiamo che ci sono perché da quei luoghi inaccessibili in realtà ci separa poco: solo una superficie. 

La superficie è un elemento concreto e fisico, che possiamo vedere e calpestare. Il suo compito è quello di dividerci da quello che sta sotto, anche se certe volte sembra fatta apposta per invitarci ad attraversarla.

Spesso e volentieri è più saggio mantenere ciò che sta sopra e ciò che sta sotto ben separati, e tuttavia in molte storie umane la tentazione di scendere nelle profondità è più forte di qualsiasi premura.

Orfeo per esempio non ci pensa due volte. Il mito racconta che egli scende nell’Ade a causa di un dolore troppo forte, quello di aver perso l’amata Euridice. Orfeo decide di riportarla in superficie, e riesce nella sua impresa grazie alle incredibili doti di musico. Lira e voce riescono a incantare tutti, anche il re degli Inferi. E la supplica di Orfeo commuove perfino le Furie, come racconta Ovidio nelle Metamorfosi:

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[Report] Officina di gennaio 2025

Caratteristica prima di ciò che è invisibile risiede nella capacità di potersi dire esistente nonostante si ponga fuori dalla portata dello sguardo. In tal senso, il segreto – argomento di questa Officina – risiede pienamente nella categoria propria dell’invisibilità. Un fatto segreto è certamente un fatto esistente, nonostante non sia propriamente visibile da chi è tenuto all’oscuro, e anzi proprio nel momento in cui acquista visibilità cessa di esistere come fatto segreto per assumere la nuova veste di fatto noto.

Durante l’Officina abbiamo affrontato il tema del segreto secondo molteplici prospettive, collezionando differenti tipologie di segreto, di indagine e di rivelazione.

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[Report] Officina di dicembre 2024

L’indagine intorno all’invisibile prosegue addentrandosi nella profondità dell’individuo, fino a toccare l’elemento immateriale per eccellenza: l’anima. Che sia intesa come essenza metafisica di una personalità, come spirito, come motore dell’azione, come espressione di sentimenti ed emozioni, l’anima rimane misteriosa e di difficile intellegibilità. Per tale ragione ogni discorso sull’anima richiederebbe cautela, premesse, distinguo. Sarebbe forse necessario un inquadramento filosofico e teologico, comunque condannato a lasciare nell’interlocutore una sensazione di incompletezza e insoddisfazione.

Pertanto, l’Officina si è svolta con un approccio completamente differente, secondo lo stile che caratterizza, ormai da anni, gli incontri di BombaCarta. I singoli interventi hanno dunque preso di petto l’argomento, cercando di svolgere, di volta in volta, una riflessione personale su quel che un tema così grande come l’anima trasmette a ciascuno di noi, lasciandoci ispirare, come sempre, dall’esperienza artistica e creativa.

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Qualcosa di nascosto – Il segreto

Quando il signor G., prefetto della polizia di Parigi, entra nello studio di Dupin, l’investigatore ideato da Edgar Allan Poe, ha da sottoporgli una questione di massima segretezza. Afferma:

ve lo dirò in poche parole, ma prima di cominciare debbo avvertirvi che si tratta di cosa segretissima, e che perderei probabilmente il posto, se si venisse a sapere che l’ho confidata a qualcuno.

Una certa persona, la cui identità deve rimanere ignota, è stata derubata di una lettera dal ministro D. (“che osa tutto”), il cui contenuto, se svelato, sarebbe fonte di grande imbarazzo, o addirittura di rovina, per una “persona di altissimo grado”, di cui “si metterebbe in dubbio l’onore”. Chi ha trafugato la lettera adesso la detiene, nascosta, nella propria abitazione e la utilizza come mezzo di esercizio di potere sull’illustre persona. La lettera è certamente celata nella dimora del ministro, eppure nonostante gli operosi tentativi del prefetto G., non si è stati in grado di trovarla, né nel doppio fondo di un cassetto, né nelle cavità delle zampe delle sedie o dei mobili, né nei letti, nel cortinaggio, nelle tende, nei tappeti…

Tutta la vicenda è, per il lettore, offuscata dal mistero: misteriose sono le identità dei personaggi coinvolti, misterioso il contenuto della lettera, misteriosa la sua collocazione. Eppure, al contempo, tutto sembra estremamente chiaro: certamente la missiva è di natura amorosa e rivelatrice, dunque, di un sentimento coltivato tra una nobildonna e il gentiluomo derubato. E se la detenzione della lettera consente a un ministro di esercitare ancora più potere di quanto normalmente non ne abbia è segno inequivocabile che la dama in questione deve appartenere alla più alta aristocrazia, se non addirittura identificarsi nella regina di Francia. Tutto è segreto, ma tutto è rivelato, sin dalle prime righe del racconto.

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[Report] Officina di novembre 2024

Nell’ambito della ricerca dell’invisibile, l’Officina di novembre è dedicata al tema del silenzio, che è stato indagato nelle sue molteplici accezioni e sfumature. Il silenzio può essere, infatti, inteso, di volta in volta e a seconda del contesto, come sinonimo di vuoto o di raccoglimento, come frutto di altrui imposizione o di personale ricerca, come sintomo di imbarazzo o di complicità, come momento temuto o anelato. Quel che appare comune alle differenti ipotesi è la percezione che raramente si possa parlare di “silenzio assoluto”, ossia, da un lato, che il mondo non è quasi mai completamente in silenzio, e, dall’altro, che il silenzio quasi sempre si configura quale autentico mezzo di comunicazione.

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Cercare l’invisibile – L’anima

Vinceremo perché siamo più profondi

Chissà cosa intendeva colui o colei che ha scritto questa frase sul muro di un palazzo a Torpignattara. Soprattutto da dove attingiamo la nostra “profondità”?

Nel nostro percorso di ricerca dell’invisibile è inevitabile confrontarsi con ciò che ci abita, in un posto non definito – o per qualcuno lo è? -, che abbiamo dentro, che ci caratterizza e che non percepiamo con i nostri sensi. 

La nostra anima.

L’etimologia della parola si connette con il greco ànemos, “soffio”, “vento”, che ce ne dà una concezione e sensazione ancora più sfuggevole ed inconsistente, ma allo stesso tempo di qualcosa di cui si sente l’effetto, la presenza.

Esiste un’altra parola greca che fa riferimento all’anima emozionale, θυμός – thumos – che si lega fisicamente al respiro o al sangue e che ha sede nel petto. Omero nei suoi canti la utilizza anche per esprimere le emozioni, i desideri e il coraggio degli eroi greci.

Nell’anima quindi risiede qualcosa che ci spinge, che ci mette in movimento, che ci agita, che ci manda avanti. Trascendendo dalla fisicità, l’anima rappresenta la nostra parte spirituale.

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