Natale diffuso e convergente

Ogni Vita Converge verso un Centro
Espresso – o Tacito –
Esiste in ogni Natura Umana
una Meta –

Ch’essa stessa ammette a mala pena – forse
Troppo bella
Per l’audace Credibilità rischiare.

Adorata con cautela – come un Fragile Cielo –
Raggiungerla
Sarebbe senza speranza, come la Veste dell’Arcobaleno
Toccare –

Eppure per chi persevera – è più sicura – quanto Distante.
Come alto –
alla lenta diligenza dei Santi –
Il Cielo –

Non guadagnato – forse – dalla povera Impresa di una Vita –
Ma poi –
l’Eternità rende possibile lo slancio
Di nuovo.
Emily Dickinson
(traduzione mia)

Sotto le apparenze di un neonato tra le braccia della Madre, Tu sei penetrato nella mia anima. Ed ecco ripetendo e prolungando in me il cerchio della tua crescita, la tua umanità palestinese si è via via espansa in tutte le direzioni, quale un’iride dalle innumerevoli sfumature per cui la tua Presenza, senza nulla distruggere, impregnava animandola ogni altra presenza attorno a me… E tutto ciò perché, in un Universo che mi si rivelava in stato di convergenza, Tu avevi preso la posizione chiave del Centro totale in cui tutto si raccoglie… Fantastico sciame di corpuscoli che – cadendo come la neve dalle profondità dell’ Infinitamente Diffuso ci riporta nel suo turbine…
Pierre Teilhard de Chardin


Si sta come a Natale…

Ventuno storie di Natale scritte da vibrisselibraie e vibrisselibrai

Quella del Racconto di Natale è una tradizione pericolosa. Ci si sono cimentati, e magari divertiti, molti Grandi Scrittori: da Christian Andersen, Charles Dickens e Lev Tolstoj fino a – tanto per stare a casa nostra – Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Dino Buzzati, Italo Calvino. Senza contare le Poesie di Natale: ci hanno provato, tanto per dire, Guido Gozzano (la famigerata «Il campanile scocca / lentamente le sei», e le sette, le otto, le nove, eccetera), Salvatore Quasimodo, Giuseppe Ungaretti.

Peraltro, è difficile immunizzarsi dal Natale. Perfino chi cerca di ignorarlo snobisticamente (ad esempio incontrandoti per la strada e dicendoti gaio: «Buon solstizio!») o chi, per le sue ragioni che non discutiamo, arriva addirittura a detestarlo, finisce con il confermarne la centralità nel nostro sistema cronologico, familiare, economico, affettivo, gastronomico, religioso («È la dialettica, baby»).

Non sarà un caso se i Pronto Soccorso degli ospedali e i centralini di Telefono Amico sono intasati, il giorno di Natale, dalle richieste di conforto di persone sole e depresse. Perché col Natale bisogna farci i conti: non si può semplicemente decidere di farne a meno.

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L’acchito

L'acchitto, di Pietro Grossi

L'acchitto, di Pietro Grossi

Nella Poesia Epica l’irlandese Patrick Kavanagh conclude la sua riflessione su localismo e universalità di un tema evocando nientemeno che il fantasma di Omero il quale per fugare ogni suo dubbio afferma testualmente “io in fondo ho fatto di un bisticcio locale un Iliade”. Come può risultarci utile questa citazione? Procediamo con ordine, anzi: ricominciamo. In queste ultime settimane riferendosi dell’ultimo romanzo di Pietro Grossi “L’acchito” (Editrice Sellerio), molti recensori hanno rispolverato la desueta e a volte ostentatamente schifata categoria di epica, giustapponendole, bontà loro, inevitabili cautele in forma di aggettivo del tipo “locale, minimale” e via dicendo. Proviamo allora a sfogliare l’Acchito, seconda opera pubblicata da Sellerio che già aveva dato alle stampe la precedente raccolta di Grossi, quel “Pugni” che arrivò lo scorso anno addirittura in finale allo Strega.

La situazione di questo romanzo è [Continua »]


Mark Rothko. Un pittore sulla soglia della luce

Mark RothkoMark Rothko (1903-70) è tra le figure più note e amate dell’arte contemporanea. Nella sua produzione matura egli ha abbracciato in modo esclusivo la forza emotiva della luce e del colore.

Per Rothko l’opera d’arte ha come vocazione quella di essere non un «messaggio», ma una finestra sulla realtà, capace di trasformare il modo ordinario di vedere le cose. Sfidando l’osservatore a una partecipazione intensa e senza vie di fuga, egli, con le sue tele, apre un abisso che non avrebbe potuto avere che due esiti: Dio o il nulla. In questo senso l’opera di Rothko resta un confronto con l’assoluto, ed è religiosa in radice, nel senso che è icona della finitezza tesa all’estremo, una notte oscura che, alla fine, gli si è rivelata fatale.

Tratto dal Quaderno N°3780 del 15/12/2007 – (Civ. Catt. IV 521-656)


Penso di aver inventato il navigator incorporato

Orme sulla sabbiaOgni giorno percorrevo la stessa strada, penso di aver inventato il navigator incorporato con qualche decennio di antecedenza e senza alcun brevetto fonte di guadagno.
Salivo una collina e la ridiscendevo, camminavo fra alberi e giardini, respiravo i profumi della terra d’inverno ed i tigli e i caprifogli dell’incipiente estate. Una strada di cui conoscevo ogni svolta e ogni rettilineo. Penso che la pianta dei miei piedi si fosse impressa sull’asfalto e io penetrassi sempre nella stessa, invisibile, orma per attrazione.
Diluviasse o splendesse il sole, salivo la mia collina e dominavo il golfo con il mare ora liscio come l’olio, ora lievemente increspato, ora furioso sotto le sferzate della bora. [Continua »]


Intervista su Jack Kerouac

Nel cinquantenario della pubblicazione di On the road, BombaCarta, “associazione di riflessione creativa”, e la Casa delle Letterature hanno organizzato il 18 dicembre a Roma un omaggio a Jack Kerouac. Oltre a laboratori di scrittura, letture e proiezioni video, un convegno, intitolato “L’altro Kerouac”, ha proposto un profilo a tutto tondo dello scrittore americano, la cui immagine è sclerotizzata nello stereotipo dell’artista ribelle, gaudente e trasgressivo. Ecco un’intervista ad Antonio Spadaro che è intervenuto al convegno come relatore apparsa su L’Osservatore Romano (18 dicembre 2007)

di Elena Buia Rutt

L’inquieta ricerca spirituale di Kerouac, il suo corpo a corpo con il terribile enigma della vita sono stati recentemente indagati da Antonio Spadaro, dalle colonne de “La Civiltà Cattolica”. Addentrandosi nelle pagine dei diari di Kerouac, recentemente pubblicati da Mondadori col titolo Un mondo battuto dal vento, Spadaro smonta i falsi stereotipi che sullo scrittore si sono accumulati nel tempo e sottolinea come tutta la sua opera sia pervasa da una profonda sensibilità cattolica; una sensibilità viva, pulsante e inequivocabilmente presente alle radici della sua ispirazione.

Jack Kerouac, in una sua autopresentazione, scriveva di essere “non un “beat”, ma uno strano solitario pazzo mistico cattolico”. Quali sono le ragioni per cui questo lato spirituale dell’autore di Sulla strada, in Italia è stato ignorato dalla critica?

In Italia la critica ha restituito un’interpretazione parziale di Kerouac, quella ribelle e trasgressiva, relegando il suo cristianesimo a puro e semplice bigottismo. Sicuramente Kerouac stesso – le cui radici familiari, ricordiamolo, erano cattoliche – mal sopportava una religione intesa come moralismo e visse la sua spiritualità in forme inusuali, selvagge, [Continua »]