Qual è il senso del colore?
Qual è il senso del colore? Cosa hanno a che fare i colori con la mia vita?
La risposta sembra ovvia. Anzi: la stessa domanda può apparire quanto mai banale. Si può pensare una vita senza colori, una vita in bianco e nero? No!
Ma, in realtà, anche il bianco e il nero sono colori! Dunque una vita senza colori per noi sarebbe vuota. L’essere per noi è sempre radicalmente colorato.
Il colore è uno dei canali attraverso il quale il mondo viene a me, è un potente canale di relazione, di comunicazione: il colore crea attrazione e repulsione, crea abbinamenti e atmosfere. Il colore contribuisce a fare della realtà un ambiente.
Eppure c’è chi identifica il “colore” con qualcosa di cangiante, superfluo, come il trucco, ad esempio, nel senso più illusorio del termine: i capelli tinti, le unghie smaltate, etc… A volte sembra che il colore sia opzionale nel senso che, dato che può cambiare, se ne può fare a meno.
E invece non è così. Anzi: proprio il fatto che il colore sia mutevole e cangiante può essere un chiaro segno di vita. La poesia di Gerard Manley Hopkins (che Bertolucci definisce un «piccolo pacco d’esplosivo ad alto potenziale») ci aiuta a capire che la bellezza vera è sempre “pied beauty“, cioè “bellezza screziata”, da cui prende il titolo una sua splendida poesia. In essa Hopkins dà gloria a Dio:
per le cose chiazzate
per i cieli d’accoppiati colori come vacca pezzata;
per i nèi rosa in puntini sulla trota che nuota
[…]
Per tutte le cose contrarie, originali, impari, strane;
quel ch’è instabile, lentigginoso (chi sa come?).
La passione per l’instabilità, l’originalità, per ciò che è cangiante non è puro interesse superficiale per la stranezza. Essa è invece passione per ciò che è sorgivo, esuberante come acqua di fonte. Questa bellezza variopinta, picchettata, macchiettata, instabile nella durata (fickleness) e nella forma (speckled) è il segno che la natura non è mai esausta (nature is never spent), non si esaurisce e non si spegne.
Certo, ci sono cose, come la morte, che sembrano sporcare e spegnere (blots black out): tutto sembra invece affogare in un enorme buio (enormous dark). Eppure a questi pensieri “bui” Hopkins grida: Enough!, cioè Basta! Il buio lotta con i colori un duello che, a suo parere, non lo vedrà vittorioso.
Perché il destino dell’uomo è “dayspring“, alba, momento iniziale e sorgivo del giorno.
Ma per comprenderlo è necessario un occhio acuto, capace di vedere i colori del mondo, le sfumature e i colori pastello, capace di cogliere, per dirla con Hopkins, la “freschezza più cara” che “vive in fondo alle cose”.