Fare a Mano

Nel film Bianco, Rosso e Verdone il protagonista – Mimmo – si trova a dover fare un’iniezione all’anziana nonna. Essendo in viaggio, si fermano lungo la strada. Mimmo è in evidente difficoltà, ma fortunatamente gli arriva in soccorso un burbero camionista che afferma di essere perfettamente in grado di fare la puntura alla nonna. Mimmo non si fida, ma alla fine cede la siringa e il camionista esegue l’operazione senza che la vecchietta se ne accorga. A questo punto, pronuncia la celebre frase: 

‘Sta mano po esse fero e po esse piuma. Oggi è stata piuma.

Strano ma vero, proprio questo aforisma riassume un aspetto fondamentale del tema di questo mese. Le nostre mani, come ogni strumento, possono essere utilizzate in modo positivo o negativo, distruttivo o creativo, a seconda della nostra volontà. Se applichiamo questo concetto al tema dell’anno — “La trama del Mondo” — pensiamo alla mano come strumento in grado di fare o disfare trame, intrecci, nodi. Da questo punto di vista, l’immagine più chiara a cui possiamo fare riferimento è quella delle Moire: Cloto, Lachesi e Atropo hanno nelle loro mani il filo della vita e lo tessono fino al momento della morte, quando Atropo giunge a tagliarlo.

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Nodi (in)solubili

Odisseo e Prometeo: due personaggi mitici completamente diversi, che sembrano non avere nulla in comune se non la circostanza di essere stati entrambi legati, sia pure per motivi diversi. Il versatile Odisseo fu legato dai suoi compagni all’albero della nave per poter ascoltare il canto delle bellissime ma famigerate Sirene senza correre rischi. Prometeo invece fu condannato ad essere incatenato su una rupe a strapiombo, in quanto colpevole, agli occhi di Zeus, di aver donato agli uomini il fuoco. I nodi che legano Odisseo all’albero della nave sono nodi di salvezza e ingegno mentre i nodi che legano Prometeo sono nodi di punizione e condanna

Il termine greco desmos (=vincolo, corda, nodo) -utilizzato sia per Odisseo nell’Odissea che per Prometeo nella tragedia di Eschilo Prometeo incatenato-, può indicare nodi ben diversi tra loro, ma che condividono qualcosa: entrambi sono realizzati per durare nel tempo. Quindi il nodo accoglie in sé una componente temporale, senza la quale perderebbe la sua ragion d’essere.

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Nodi e grovigli

Gassa d’amante

Probabilmente se qualcuno di voi ha qualche esperienza a bordo di una barca a vela riconoscerà l’immagine qui a sinistra: si tratta di una gassa d’amante, uno dei nodi più usati dai marinai per bloccare le cime. La gassa, sebbene a prima vista sembri complicata, è piuttosto semplice da riprodurre se si è allenati e la si può intrecciare anche mentre si viene sballottati tra le onde e si deve badare ai continui cambiamenti di direzione del vento e monitorare l’apertura delle vele. L’etimologia di questo nome è incerta ma in molti pensano che la gassa sia “d’amante” per la sua particolare forma: due capi della cima si intrecciano formando curve simmetriche e si affiancano paralleli in più punti, richiamando i corpi e i destini degli innamorati. L’analogia viene anche dal fatto che la gassa è un nodo resistente e se fatto bene difficilmente si scioglie per sbaglio.

Ma qui le somiglianze finiscono. Se la gassa è utile anche in situazioni di emergenza infatti è perché si tratta di un nodo anche molto semplice da sciogliere per liberare una cima bloccata, mentre il nodo che lega gli innamorati – chi lo ha sperimentato lo sa – non si scioglie così facilmente.

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L’intreccio nascosto

Potrebbe sembrare strano trovare un intreccio dietro la Divina Commedia di Dante o dietro un foglio di papiro. Questo perché l’intreccio – visibile e invisibile, e in qualunque senso lo si voglia intendere – può davvero celarsi dietro qualunque cosa. Pertanto, è utile (oltre che munirsi di occhiali) seguire il consiglio della poetessa Mary Oliver “Pay attention. Be astonished. Talk about it”. Solo così scopriamo, ad esempio, che un foglio di papiro, solo in apparenza liscio e sottile, è in realtà il risultato dell’intreccio di un doppio strato di strisce di papiro, orizzontale e verticale, successivamente pressato e poi fatto essiccare.

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L’intreccio che abitiamo

Il recentissimo articolo “Abitare l’intreccio del mondo vivente” di Sofia Belardinelli sul blog della Treccani “Il Tascabile” non poteva non attirare la mia attenzione in vista dell’Officina del prossimo sabato.

L’argomento scientifico predomina e si impone da parte mia un prudente e doveroso passo indietro, ma la tematica è così affascinante da non poter essere trascurata: la figura della biologa americana Lynn Margulis, pioniera negli studi sulla simbiosi, ci costringe a rivedere quelle posizioni considerate incrollabili in fatto di evoluzione della specie.

Dalla spiegazione darwiniana dell’evoluzione, sostanzialmente incentrata sulla selezione naturale alla riscoperta degli studi mendeliani; dal genetismo al neodarwinismo in cui la competizione tra entità autonome e ben differenziate si afferma come meccanismo primario del cambiamento.

Fino ad arrivare alla differente e rivoluzionaria visione della Margulis: la vita si basa sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione.

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L’intreccio

Nell’indagine intorno alla natura della trama del mondo non potevamo che principiare dal filo, elemento primo di ogni tessuto. Il filo è stato inteso nelle sue accezioni di destino, collegamento, incertezza, tensione, rapporto. Come nel mito delle Moire, ogni filo rappresenta un’esistenza sul telero del mondo; e tuttavia il filo, inteso nella propria singola identità, nulla ci dice circa l’essenza complessiva del quadro. In tessitura, d’altronde, l’insieme dei fili costituisce l’ordito, ossia la parte longitudinale della tela; su questa disposizione parallela di fili, che costituisce la base del tessuto, viene inserita la trama, in modo da poter formare l’intreccio.

Dunque, finché i fili viaggiano in parallelo non è possibile distinguere alcuna rappresentazione, ma è dal loro sovrapporsi – potremmo dire dall’incontro tra essi – che si viene dipanando il disegno del tessuto. L’intreccio rappresenta quindi il modo in cui il mondo si incastra e si sviluppa.

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La trama del mondo – Il filo

Il tema delle Officine BC per l’anno 2022/2023 avrà come titolo “La trama del mondo” e seguirà un… filo conduttore che, nelle nostre intenzioni, ci porterà ad immaginare metaforicamente il “mondo” come un laboratorio di tessitura. Un viaggio dove continuare a fare esperienza concreta di tutto ciò che è letteratura, arte e, in fondo, ciò che siamo noi, le nostre memorie, i nostri ricordi, le nostre storie, che ci circondano e ci creano, giorno dopo giorno.

Pinturicchio – Il ritorno di Ulisse

[…] Tela sottile, tela grande, immensa,
A oprar si mise […]

[…] Finchè il giorno splendea, tessea la tela

Superba; e poi la distessea la notte

Al complice chiaror di mute faci. […]

È Penelope, nel racconto di Omero nel secondo libro dell’Odissea. Penelope siede davanti al telaio: dobbiamo immaginare un telaio a pesi, il primo tipo di telaio ad essere inventato dall’uomo sin dal periodo neolitico e rimasto in uso presso i popoli del Mediterraneo anche dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Una macchina molto semplice che, rispetto ai telai moderni, comincia a costruire il tessuto nella sua parte alta. [Continua »]