Cos’è l’amicizia se non una splendida avventura?

Su L’avventura dell’amicizia, Magnano, Edizioni Qiqajon, 2007

Sto andando a Roma, in treno, per lavoro. Domani sarà il decennale di Bombacarta e, se riuscirò, parteciperò all’Officina sull’acqua, ritagliandomi un mezzo sabato solo per me. Pur essendo in BombaCarta da pochissimo tempo, pur avendo visto poche volte le persone che fanno parte di questa “cosa meravigliosa” (ma è riduttivo), sento un irrefrenabile desiderio di “stare” con loro e condividere con semplicità quel poco che sono e che ho da offrire. Non ho fatto nulla affinchè succedesse tutto questo, ma sono stata accolta ugualmente in un modo che mi ha sorpreso e che è il modo con il quale io stessa ho sempre cercato di accogliere chiunque entrasse nella mia casa . Gli amici sono solo quelli di vecchia data? Quelli coetanei? Quelli dello stesso sesso? Dopo queste riflessioni finisco finalmente di leggere le poche pagine che mi rimangono di un libro che ha illuminato queste ultime settimane, un libro che ho gustato interiormente poco alla volta constatando con meraviglia che si può vivere realmente in maniera totale quella che gli autori definiscono un’avventura. Infatti cosa è l’amicizia se non una splendida avventura[Continua »]


Julien Gracq

La recente scomparsa di Julien Gracq, scrittore francese che ha attraversato tutto il Novecento (essendo nato nel 1910) e che l’ha punteggiato con i suoi 19 libri, pubblicati senza grandi tirature per lettori colti, induce a riconsiderare l’opera di questo narratore, poeta, saggista e memorialista, discreto e riservato, ritiratosi da molti anni a vivere nel suo villaggio natale, estraneo per scelta al mondo letterario della capitale, anche se le sue opere compaiono nel catalogo di Gallimard. Tentato in gioventù dall’impegno politico in area comunista, passato poi attraverso il coinvolgimento della guerra e l’esperienza della prigionia, si è in seguito dedicato in maniera esclusiva (oltre al lavoro di insegnante in un liceo di Parigi) alla produzione letteraria, nella convinzione che il linguaggio è lo strumento che permette di comunicare con il mondo e di conoscerlo misticamente. La sua stagione narrativa prende le mosse dal surrealismo, dominante al momento del suo esordio con Al castello d’Argol (1938), per accentuare nel dopoguerra la sua grande originalità, poetica, simbolica e metafisica in una narrazione che sempre più si arricchisce di intensi riferimenti culturali estranei alle ideologie dominanti.
Dal secondo romanzo, Un bel tenebroso (1945) a La riva delle Sirti (1950) a Una finestra nel bosco (1958), fino ai testi raccolti ne La penisola (1970), la narrativa di Gracq racconta sempre, in una prosa affascinante ed elaborata, impreziosita da grande ricchezza metaforica, un’unica storia, in cui si combinano la solitudine, la morte e l’attesa, senza consolazioni di tipo religioso, ma con l’ansia di chi vive sulla soglia di una zona inesplorata, di un territorio segreto, con la consapevolezza del peso schiacciante del destino. Lo stesso Gracq ammise serenamente di non avere uno spirito religioso, anche se rimase sempre, per incomprensibile incongruenza, estremamente sensibile a tutte le forme che il sacro può assumere. Questa fedeltà a simboli e riti sacri, sovente presenti nei suoi testi, anche se stravolti, potrebbe interpretarsi come insoddisfazione del reale e del contingente, che lo ha portato a privilegiare segni pur sempre di meraviglia e di speranza. Questi atteggiamenti possono essere individuati anche come quelli con cui lo scrittore ha continuato a guardare il mondo da un angolo di visuale che si inabissa nel profondo del suo io: egli è sempre vissuto in una fine bolla di trasparenza, che nascondendo la dimora ideale del suo io, gli ha permesso di guardare al di là il mondo, grazie a quell’universo di parole, che diventa la rivelazione della meraviglia non sostenibile che è rappresentata ai suoi occhi dal mondo che ricrea, narrandolo. Un mondo che Gracq costruisce e domina soprattutto nel suo romanzo più noto La riva delle Sirti, in cui traspone in uno scenario inventato l’azione che conduce allo scatenarsi di una guerra, quale lo scrittore stesso aveva potuto osservare tra il 1936 e il ’39: qui la finzione nella sua autonomia sprigiona uno spirito della Storia, che, pur tenendo l’attualità a distanza, ne fornisce una chiave interpretativa. È un romanzo dell’intimo, in cui campeggia un personaggio solo, in un luogo deserto e quasi abbandonato, un posto sconosciuto e misterioso, che affascina e attrae, assumendo per questo caratteri di sacralità. Tutta la narrazione è incentrata sull’attesa di un evento, raccontato a posteriori, il che dà all’autore l’occasione di individuare tutte le possibilità del destino. Questo romanzo è in realtà una “non-storia”, dato che la vicenda si mette in moto proprio quando la narrazione termina. È il racconto di una situazione di immobilità di fronte all’incognita del destino. Di qui nascono brucianti interrogativi: credere di fronte al nulla? fare qualcosa o non fare niente? non intervenire, non tentare di dare un senso più autentico e profondo al proprio esistere? Al termine ci rimane l’idea che l’autore voglia farci intendere che l’attesa senza fine è, come ogni esperienza, una forma d’esistenza possibile e degna di essere presa in considerazione, anche come filo conduttore di un romanzo. Per questo le vicende raccontate ne La riva delle Sirti hanno un carattere di universalità, perché quello che l’autore vuole sottolineare è che nell’avvenimento, ad essere meravigliosa è l’attesa: Au- delà de ce qui arrive ou n’arrive pas, l’attente est magnifique. E proprio questo, cioè il sentimento della meraviglia, come ha evidenziato J.-M. Maulpoix, è la caratteristica che contraddistingue questo narratore e poeta, che in Italia si conosce troppo poco, il quale ha saputo farsi interprete, grazie ad una ricca creatività, de la merveille unique que c’est d’avoir vécu dans ce monde et dans nul autre.


La playlist del 2° Laboratorio di Bombamusica

Il 17 gennaio si è tenuto il 2° laboratorio di Bombamusica. È stato un bell’incontro, iniziato con patatine sancarlo e bibite, caratterizzato da commenti via via più approfonditi sull’aspetto prettamente musicale, e concluso con la voglia di rimanere insieme ad ascoltare altri brani. Eravamo in sei, tra i quali Dante Monda con la sua nuova chitarra che ha chiuso la serata con un bel pezzo dal vivo. Qui trovate la playlist del laboratorio.

Il prossimo incontro sarà giovedì 7 febbraio sempre nel complesso parrocchiale di San Saba (via di San Saba, 19) dalle 19.00 alle 20.30. Questa è la lista dei brani presentati:

1. Beppe Frattaroli: autore: Bob Mc Ferrin (titolo del brano e cd sconosciuti)
2. Michela Carpi: Stone on the water (Badly Drawn Boy, The hour of Bewilderbeast, 2000)
3. Andrea Monda: Into my arms (Nick Cave, The Boatman’s calls, 1997)
4. Gian Luca Figus: You are my face (Wilco, Sky blue sky, 2007)
5. Cecilia Pandolfi: Paths that cross (Patti Smith, Dream your life, 1996)
6. Dante Monda: The sounds of silence (Simon & Garfunkel, Sounds of silence, 1966)


Gli eroi di "carta" di Alessandro di Nocera

Alessandro Di Nocera è autore di un bel libro (e originalissimo nella grafica) sul mondo del fumetto americano “Supereroi e superpoteri. Miti fantastici e immaginario americano dalla guerra fredda al nuovo disordine mondiale” (Castelvecchi). Alessandro ha risposto ad alcune domane sull’universo del fumetto Usa.

Supereroi e superpoteri sarebbero impensabili senza le metropoli, e l’universo industriale che le ha rese possibili. E’ per affrontare questo nuovo spazio collettivo che il corpo dell’eroe si attrezza di poteri “super”. Eppure i supereroi hanno in comune un codice zoomorfo: è l’animale che rivive grazie all’eroe. Basta pensare all’uomo ragno: il morso richiama riti antichissimi. Come si spiega questa duplicità?

Anche se il concetto di supereroe contemporaneo deriva da quello del superuomo ottocentesco – da quello letterario dumasiano fino all’ubermensch delle teorizzazioni filosofiche di Nietzsche -, le sue radici restano archetipe. L’idea di forza nell’immaginario dell’umanità è – fin dalla preistoria – connessa con i fenomeni naturali, col dinamismo quasi magico degli animali (basta pensare alla loro formidabile rappresentazione nelle pitture rupestri). La trasformazione/trasfigurazione [Continua »]


I video di BombaCinema

road

Ebbene sì, dopo l’esperienza di BombaMusica abbiamo scoperto che le playlist ci piacciono! Per chi non può partecipare ai laboratori di BombaCinema ecco infatti la nuova playlist dove potete scoprire sequenze e trailer dei film visti durante il primo incontro del 2008, sul tema: La strada.

Prossimo appuntamento: giovedì 24 gennaio 2008, ore 19.00 a San Saba, in via di San Saba 19, Roma. Tema dell’incontro: L’acqua.


Navigazione vs pellegrinaggio?

Lagerkvist contempla il «sacro mare» di Svezia

Lagerkvist contempla il «sacro mare» di Svezia

Ecco un testo che condensa l’ambivalenza insita nell’ambiente acquatico per eccellenza, il mare, considerato ora in opposizione alla stabilità/immobilità della terra, ora come elemento assoluto e infinito. Si tratta del romanzo Pellegrino sul mare dello svedese Pär Lagerkvist, Nobel per la Letteratura nel 1951. I due protagonisti di questo dialogo sono Giovanni, un pirata che si scoprirà essere ex-sacerdote, e Tobias, un ex-brigante partito in pellegrinaggio per la Terra Santa:

– Sei mai stato prima in mare?
– No, mai.
– Dunque non sai nulla, del mare?
– No.
– Allora hai molte cose da imparare, il mare insegna molto. [Continua »]


De aqua

Rosa Elisa Giangoia vertit

acquaObscura in nocte eram et e velivoli fenestrella prospectans  nihil aliud quam nigrum colorem heri vesperi videbam. Atqui sciebam sub me non nihil esse: aqua, multa aqua erat. Mare Atlanticum erat. Eboraco Novo Romam volabam et tam velociter suspensus in aere memoriam cursus maritimi per fretum Siculum in navigio repetebam, quod iter facilius, si verum dicere volo, erat. Praeteritum vesperum respexi cum mare maximis fluctibus exasperatum erat et, quamvis haud procul abesse a utraque ora maritima scirem, mihi in alto et  maximis fluctibus exasperato mari esse videbatur.  Volatus turba et aeris vacuum interdum tolerabilia quam fluctus vehemens sunt. Aqua vehemens esse scit quod solida ut terra et fluida pervadensque ut aer esse scit. [Continua »]