Di quale disegno vorremmo essere la matita?

L’ago e il pennello sono due strumenti creativi formidabili: permettono di confezionare oggetti e dipingere quadri meravigliosi. Questi attrezzi portentosi sarebbero solamente degli oggetti inerti e inutili se non fossero maneggiati dall’artista e dalle idee ed emozioni che guidano il movimento delle sue abili mani.

Italo Calvino, nel capitolo Rapidità delle sue Lezioni americane riporta una storia cinese:

Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno d’un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. “Ho bisogno di altri cinque anni” disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto.

Ci sono quadri frutto di una realizzazione lunga, lenta e meticolosa. Quello di Chuang-Tzu invece è stato realizzato “con un solo gesto” e “in un solo istante” che però è il risultato di un lungo periodo di tempo. Dieci anni in cui il pennello è rimasto fermo, inutilizzato e in cui invece, probabilmente, la mente dell’artista ha riflettuto molto.

[Continua »]

Il ricamo non è un merletto e nemmeno una trina

Anche io partirò dalla definizione di una differenza: quella tra ricamo e merletto (pare che merletto e pizzo, poi, siano sinonimi). Il ricamo, per essere eseguito, ha bisogno di un supporto esistente, la tela, il tessuto; il merletto invece nasce dal solo utilizzo di filo e attrezzi quali l’ago, l’uncinetto e i ferri. Riporto da un articolo di settore: Potremmo dunque semplificare il tutto nella definizione che il ricamo è una lavorazione sovrapposta e opaca mentre il pizzo è un’inserzione o un bordo “libero” e traforato che sostituisce una parte o l’intero tessuto.

In questa definizione ritroviamo un aspetto enunciato nell’editoriale di questo mese, che esamina il rapporto fra pennello e ago, fra uno strumento che rimane in superficie e uno che la attraversa. E non si può non pensare alla lettera che Michelangelo Buonarroti scrisse a Benedetto Varchi sul raffronto fra scultura e pittura: Io intendo scultura, quella che si fa per forza di levare: quella che si fa per via di porre, è simile alla pittura. Il pennello lascia il colore sulla tela; l’ago lascia un filo che non si posa semplicemente ma “possiede” la tela.

[Continua »]


Il pennello e l’ago

Avete mai pensato alla differenza tra un pennello ed un ago?

Partendo dal protagonista del mese precedente, prendiamo il rovescio della tela e ricollochiamoci davanti ad essa. Il quadro che ci si presenta per primo è “Las Meninas” di Velázquez.

In quest’opera, il pittore fornisce una rappresentazione molto dettagliata, anche di informazioni tecniche, all’osservatore. Quello che si può notare per esempio è come egli tenga tra le dita il pennello circa a metà del legno, abbastanza distante dalla punta. L’impugnatura in questo modo permette ai pittori un maggior controllo dello strumento e ne garantisce così l’equilibrio nel movimento e tra le abilità che distinguono un pittore vi è senza ombra di dubbio la scioltezza della pennellata e la sua rapidità. Il pennello risulta essere il prolungamento della mano, il punto d’incontro nello spazio che separa l’artista dalla sua creazione. Sotto le setole, il colore si stende sulla tela, la riempie, la arricchisce, la trasforma, la rende viva.

[Continua »]

Dietro la porta

Nel 1993 la Stampa Alternativa pubblicò per le mitiche edizioni Millelire un libretto di poesie di Emily Dickinson dal titolo “Dietro la porta”. Il risvolto di copertina recita: “Segregata volontaria, per quasi metà della sua vita, Emily Dickinson, da dietro la porta invia nel mondo le sue lettere e le sue poesie: quasi duemila liriche di cui solo sette pubblicate in vita! L’ossimoro, la metafora, l’enigma sono la cifra della lirica della più alta creatrice di poesia statunitense, che in essi riversava la propria stessa vita, immolata, nella solitudine, alla scrittura. Questa scelta ne traduce l’essenziale.”

È interessante (verrebbe da dire bella) questa immagine di una poetessa sola e solitaria che protetta, difesa e fors’anche nascosta da una porta si impone il compito di regalare al mondo i suoi versi, suoi pensieri. Li immaginiamo attaccati alla porta su foglietti volanti o infilati sotto la porta per arrivare a chi è dall’altra parte. [Continua »]


Il rovescio della tela

Una delle principali testimonianze lasciateci da Kandinskij intorno al passaggio dall’arte figurativa all’arte astratta racconta di un’apparente epifania del pittore:

A Monaco un giorno, aprendo la porta dello studio, vidi dinanzi a me un quadro indescrivibilmente bello. All’inizio rimasi sbalordito, ma poi mi avvicinai a quel quadro enigmatico, assolutamente incomprensibile nel suo contenuto e fatto esclusivamente di macchie di colore. Finalmente capii: era un quadro che avevo dipinto io e che era stato appoggiato al cavalletto capovolto… Quel giorno, però, mi fu perfettamente chiaro che l’oggetto non aveva posto, anzi, era dannoso ai miei quadri.

Il pittore, vedendo il quadro rovesciato, non riesce a coglierne il soggetto rappresentato, ma ne ricava comunque una generale impressione positiva. Da qui inizierebbe il processo di rimozione del soggetto dai quadri che ha segnato lo sviluppo successivo della storia dell’arte.

[Continua »]

Calvino: un labirinto di trame

Nel 1979 Italo Calvino pubblica Se una notte d’inverno un viaggiatore, romanzo che potremmo definire “metaletterario” ma che, procedendo man mano con la lettura, scopriamo essere un labirinto di specchi in cui si muovono due personaggi, il Lettore e la Lettrice; le loro figure si riflettono, sempre diverse, sulle superfici di incipit di romanzi che non possono mai essere finiti. La struttura della trama si dipana infatti attraverso due filoni: da una parte la storia che segue il Lettore (e la Lettrice in cui egli si imbatte dal secondo capitolo), un comune e semplice lettore che tenta disperatamente di finire i romanzi che inizia; dall’altra i molteplici inizi di questi romanzi in cui anche noi lettori esterni ci ritroviamo invischiati, come pure siamo coinvolti dalla medesima frustrazione del Lettore ogni qual volta la lettura viene interrotta (sempre sul più bello, perché Calvino non risparmia nessuno, neanche se stesso).

Non ci troviamo semplicemente di fronte a storie nella storia, quanto piuttosto a libri-oggetto, che il Lettore tiene in mano, sfoglia, trova, perde, insomma quasi l’oggetto magico delle fiabe, che l’eroe manovra ma non sa controllare; e difatti c’è un mistero che pervade il mondo editoriale raccontato nella storia: in esso si è insinuato un traduttore falsario che malignamente e per vendetta ha deciso di svolgere meticolosamente il compito di mettere scompiglio tra le trame.

[Continua »]

Strega comanda Colore

Strega comanda colore, che colore vuoi?

La risposta di questo mese può essere una sola: tutti!

Il tema di marzo porta alla luce un elemento che finora è sempre stato sotto i nostri occhi, nonché grande protagonista della tela: il colore.

La storia dei colori ha origini molto antiche ed è stata in grado di influenzare il nostro ambiente, la società, i comportamenti e lo stesso linguaggio. Espressioni come “vivere in un mondo a colori”, “vedere rosso”, “essere bianche come un lenzuolo”, “essere verde di bile” sono solo alcuni esempi di come il colore si sia radicato nella quotidianità. Nel tempo, i significati e gli usi dei colori sono cambiati, mostrandone l’ambivalenza. Nel Medioevo le spose vestivano di rosso, per indicare la passione e la lussuria, dopodiché gli abiti da sposa sono passati al colore bianco, simbolo di purezza e candore.

[Continua »]