[Report] Officina di marzo 2025

Il tema di ciò che si perde si inserisce perfettamente nel solco di quella ricerca dell’invisibile che caratterizza l’anno di BombaCarta. Le “cose smarrite” nel tempo e nello spazio, d’altronde, appartengono alla sfera di ciò che esiste in un altrove, sottratto alla vista del soggetto. Eppure, proprio nel soggetto, trovano una loro eco, una risonanza, un’impronta, una differente rappresentazione di ciò che furono, sono o saranno. Durante l’Officina abbiamo cercato di indagare il rapporto tra chi perde qualcosa e la cosa smarrita, declinando al contempo “quel che si perde” nelle diversificate possibili categorie e significati che ognuno può esperire nel corso della propria esistenza.

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Il dentro e il fuori

dentro e fuori

Non dovrebbe costituire eccessivo azzardo affermare che la letteratura del Novecento, soprattutto nella sua prima metà, sia stata – sia pur non nella sua interezza – soprattutto letteratura dell’io e della vita interiore. Lo è stata nell’indagine del rapporto tra memoria e tempo con Proust, Woolf e Joyce, nella ricerca esistenzialista di un senso con Sartre e Camus, nella introspezione psicoanalitica con Musil, Svevo, Kafka e Pirandello. E certamente l’elenco potrebbe essere ancora lungo. All’avanzare della grande Storia, che pure si affaccia prepotentemente nella letteratura novecentesca, corrispondono i resoconti di piccole storie, vite di individui fatte di monologhi dell’io, flussi di coscienza, esplorazioni dei luoghi interiori.

Scrive Virginia Woolf in Gita al faro:

Pensava che la mente dell’uomo era un luogo misterioso, pieno di ombre e di nascondigli, dove si celavano desideri inconfessati e segrete disperazioni“.

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Quello che si perde

Ci pensi ogni tanto alle rane?, domanda Francesco Bianconi al suo amico di infanzia in un testo intriso di nostalgia sulla giovinezza perduta e il tempo che ci sfugge, pur conservando i propri segni. Nella canzone Le rane dei Baustelle, la prospettiva assunta è quella di chi ha abbandonato da tempo la provincia, presumibilmente per trasferirsi in città, e parla al suo compagno di giochi, ormai lasciato indietro insieme alle fantasie che animavano le loro giornate estive.

Ogni esistenza ha le proprie rane, simbolo di una spensieratezza ormai trascorsa, gioco su cui si indugiava da ragazzi, perduto insieme alle speranze e all’innocenza (“ti sei sistemato? che prezzo hai pagato?”). Le rane rappresentano i nostri ricordi felici, quelli che, una volta recuperati dall’antro polveroso della memoria, consentono a Robin Williams/Peter Pan di tornare a volare in Hook di Spielberg. Ma anche quelli che possono farci cadere nella disperazione, come ricorda il grido doloroso di Moretti in Palombella rossa:

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Qualcosa di nascosto – Sotto la superficie

Tra le cose invisibili, alcune sono tali perché si trovano in luoghi generalmente poco accessibili. Anche non vedendole, sappiamo che ci sono perché da quei luoghi inaccessibili in realtà ci separa poco: solo una superficie. 

La superficie è un elemento concreto e fisico, che possiamo vedere e calpestare. Il suo compito è quello di dividerci da quello che sta sotto, anche se certe volte sembra fatta apposta per invitarci ad attraversarla.

Spesso e volentieri è più saggio mantenere ciò che sta sopra e ciò che sta sotto ben separati, e tuttavia in molte storie umane la tentazione di scendere nelle profondità è più forte di qualsiasi premura.

Orfeo per esempio non ci pensa due volte. Il mito racconta che egli scende nell’Ade a causa di un dolore troppo forte, quello di aver perso l’amata Euridice. Orfeo decide di riportarla in superficie, e riesce nella sua impresa grazie alle incredibili doti di musico. Lira e voce riescono a incantare tutti, anche il re degli Inferi. E la supplica di Orfeo commuove perfino le Furie, come racconta Ovidio nelle Metamorfosi:

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[Report] Officina di gennaio 2025

Caratteristica prima di ciò che è invisibile risiede nella capacità di potersi dire esistente nonostante si ponga fuori dalla portata dello sguardo. In tal senso, il segreto – argomento di questa Officina – risiede pienamente nella categoria propria dell’invisibilità. Un fatto segreto è certamente un fatto esistente, nonostante non sia propriamente visibile da chi è tenuto all’oscuro, e anzi proprio nel momento in cui acquista visibilità cessa di esistere come fatto segreto per assumere la nuova veste di fatto noto.

Durante l’Officina abbiamo affrontato il tema del segreto secondo molteplici prospettive, collezionando differenti tipologie di segreto, di indagine e di rivelazione.

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[Report] Officina di dicembre 2024

L’indagine intorno all’invisibile prosegue addentrandosi nella profondità dell’individuo, fino a toccare l’elemento immateriale per eccellenza: l’anima. Che sia intesa come essenza metafisica di una personalità, come spirito, come motore dell’azione, come espressione di sentimenti ed emozioni, l’anima rimane misteriosa e di difficile intellegibilità. Per tale ragione ogni discorso sull’anima richiederebbe cautela, premesse, distinguo. Sarebbe forse necessario un inquadramento filosofico e teologico, comunque condannato a lasciare nell’interlocutore una sensazione di incompletezza e insoddisfazione.

Pertanto, l’Officina si è svolta con un approccio completamente differente, secondo lo stile che caratterizza, ormai da anni, gli incontri di BombaCarta. I singoli interventi hanno dunque preso di petto l’argomento, cercando di svolgere, di volta in volta, una riflessione personale su quel che un tema così grande come l’anima trasmette a ciascuno di noi, lasciandoci ispirare, come sempre, dall’esperienza artistica e creativa.

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